sabato 12 ottobre 2019

SAPER RINGRAZIARE

Anche il Signore desidera essere ringraziato.

Letture del giorno: 2 Re 5,14-17; Sal 97 (98); 2 Tm 2,8-13; Lc 17.11-19 - 
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Dal Vangelo secondo Luca
Lc 17.11-19
 
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».


«Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?», chiede Gesù a uno dei dieci lebbrosi guariti, l'unico tornato a ringraziarlo. L'uomo non risponde, sia perché non ce n'è bisogno dal momento che, a cominciare da Gesù, tutti sanno che gli altri nove sono per andati per i fatti loro, senza che li sfiorasse l'idea di tornare a ringraziare per un dono così grande; sia perché la domanda più che a lui è rivolta a tutti coloro che assistono alla scena in quel momento, come si capisce bene dalle parole che seguono: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?».
Oggi la domanda è rivolta a noi, e ci stimola a verificare se siamo tra i nove, oppure con l'unico tornato a ringraziare. La verifica che ci viene richiesta è molto importante, perché se per esperienza sappiamo che la gratitudine tra noi è rara, può accadere che nei confronti di Dio questo sentimento sia completamente assente.
«Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?». Le parole di Gesù, non nascondendo delusione e dispiacere, manifestano la sua profonda e genuina umanità, rimarcando la diversità dai falsi santoni che cercano di nasconderla, temendo di sembrare deboli e in cerca di inutili soddisfazioni. La cosa straordinaria è che Gesù, comportandosi da vero uomo, si rivela vero Dio, come il Padre continuamente impegnato a richiamare il popolo eletto alla gratitudine, rimproverandolo con energia quando non lo fa: «Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d'Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c'è salvatore fuori di me. Io ti ho protetto nel deserto, in quella terra ardente. Io li ho fatti pascolare, si sono saziati e il loro cuore si è inorgoglito, per questo mi hanno dimenticato» (Os 13,4-6).
«Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». Le rammaricate parole di Gesù oltre a essere consolanti perché ce lo fanno sentire vicino, sono un richiamo deciso alla necessità di "rendere gloria a Dio", perché soltanto con la consapevolezza del suo amore e dei suoi benefici ciò che chiede sarà recepito come dono per il quale ringraziare, e non come imposizione da sopportare, o addirittura da pretendere. Può accadere anche questo, e forse a volte è accaduto anche a noi di dire o di pensare: "Non prego più, perché ho chiesto e non sono stato ascoltato".
Siamo con i nove ingrati o come il samaritano riconoscente? Per rispondere con sincerità esaminiamo la nostra preghiera, non le preghiere imparate dai libri, ma il nostro dialogo personale con lui. Se esso è un continuo: "Signore, dammi questo!"; "Signore, dammi quest'altro"; "Signore, dammi...!", non siamo fuori strada, perché è giusto chiedere e bussare. È stato Gesù a invitarci a farlo: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto" (Mt 7,7). Però se non c'è mai il "grazie", rischiamo di essere tra gli ingrati. E non basta dire "grazie"! Bisogna farlo, perché la gratitudine non è una questione di parole ma di scelte, di comportamenti, di vita.
Il lebbroso del vangelo «si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo». Con il gesto del "prostrarsi ai suoi piedi", il samaritano riconobbe in Gesù non soltanto un guaritore, ma il Signore, diventando non soltanto "sanato" come gli altri nove, ma "salvato" dalla fede. Il pagano Naaman, guarito dalla lebbra dal profeta Eliseo, passò alla fede del Dio di Israele: «Ecco, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele»; caricando «tanta terra quanta ne porta una coppia di muli» da portare in Siria per fare con essa un altare in modo da «non compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».
Noi cosa dobbiamo fare? Vivere tutto quello che la vita ci mette davanti come un dono, non dimenticando mai di rendere gloria a Dio. Come esercizio pratico, proviamo ogni tanto a pregare con parole nostre senza chiedere niente, ma soltanto ringraziando per ciò che abbiamo avuto e che abbiamo.

 don Tonino Lasconi


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