XXIX Domenica
del Tempo Ordinario (Anno C) (20 ottobre 2019)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva
riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava
da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se
non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà
tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a
importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice
disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano
giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico
che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando
verrà, troverà la fede sulla terra?».
Commento di don Giovanni Berti
Pregare sempre, senza stancarsi... ma a cosa serve?
Se Dio già conosce tutto perché pregare? Che cosa dirgli se
già conosce tutto? E visto che già conosce tutto perché non fa subito quello
che gli chiediamo? Quante sono le preghiere non ascoltate di poveri, di persone
ammalate, di persone sole e in pericolo, di persone che subiscono violenze?
Sembra che la preghiera sia una sorta di tributo da pagare a
Dio per ottenere qualcosa il cui prezzo è sempre più alto e che quindi richiede
preghiere lunghe, incessanti e faticose. E più si prega e più Dio sembra
lontano e sordo e... forse la nostra preghiera in fondo è rivolta al nulla,
perché domandiamo qualcosa a un qualcuno che non c'è. La preghiera è
quell'azione della vita religiosa che più mette in crisi perché se presa sul
serio non può che porci delle domande e soprattutto la domanda fondamentale: ma
Dio chi è?
Gesù perché raccomanda ai suoi di pregare sempre? La parabola
che usa ancora una volta è spiazzante e punta proprio al cuore del senso della
preghiera. L'attenzione è fissata sul protagonista che non è il giudice, ma
questa vedova. Una donna vedova i tempi di Gesù era il massimo esempio della
persona sola, senza protezione e in balia di ogni genere di ingiustizia e
povertà. Questa vedova mostra una forza incredibile e una determinazione che
sono messe in evidenza da Gesù proprio dal fatto che lei si rivolge ad un
giudice corrotto e senza timore di Dio e degli uomini. La vedova è spinta solo
dalla forza interiore della sua fede che prima o poi verrà ascoltata e le verrà
fatta giustizia. Questa donna ha davvero una fede incrollabile in se stessa e
nella forza della sua invocazione.
Ma io quando prego Dio ho la stessa convinzione profonda di
questa vedova che non si arrende nemmeno davanti alla durezza del giudice?
Quando mi rivolgo a Dio ci credo che mi sta ascoltando e che prende in
considerazione le cose che gli dico?
Se non mi sento ascoltato da Dio forse mi devo chiedere se
davvero conosco Dio e il suo modo di agire nella mia vita e in quella del
mondo. Se non mi accorgo della sua risposta alle mie invocazioni allora forse
devo rivedere anche la mia conoscenza di Lui.
Mi è piaciuta l'espressione “Dio-bancomat” usata da una
persona una volta che si parlava della preghiera. A volte è vero che pensiamo a
Dio come ad un freddo erogatore di grazie e risposte. Basta digitare il
codice-preghiera esatto e quello che chiediamo viene erogato...
Ma Dio non è così, e nel Vangelo Gesù ce lo ricorda e ce lo
mostra. La preghiera dunque non si può separare dalla conoscenza di Dio, dalla
relazione con lui. La preghiera vera quindi è prima di tutto ascolto profondo
di Dio, della sua parola. La preghiera prima di diventare richiesta deve essere
ascolto e contemplazione. In fondo è la stessa cosa dell'amicizia. Un amico per
considerarlo tale ha bisogno di essere conosciuto e amato e solo così possiamo
anche conoscere il modo con il quale viene incontro, a suo modo, alle nostre
necessità. Anzi più coltiviamo la relazione meno è necessario chiedere e
spiegare perché sappiamo che l'amico ci darà cose buone e saprà venire incontro
alle nostre necessità, quelle davvero importanti e vere.
Pregare sempre e senza fermarsi quindi si traduce non in
lunghe e ripetitive litanie e orazioni che accumulano parole su parole e gesti
esteriori. Pregare è mettersi lungamente in ascolto per conoscere il volto di
Dio e capire come lui ci vuole bene. Dio non è un bancomat ma una persona e in
particolare la persona di Gesù. Senza conoscenza del Vangelo la nostra
preghiera rischia di rivolgersi non a Dio ma a una caricatura di Lui e quindi
rimane vuota e senza risposta.
La stessa bella preghiera del Rosario, fatta di una continua
ripetizione della formula dell'Avemaria (che comunque come parole viene dal
Vangelo...) poggia sulla meditazione dei misteri di Cristo, è una meditazione
del Vangelo che con la ripetizione delle preghiere vuole far scendere il
Vangelo nel cuore e conoscere sempre più il vero volto di Cristo.
La domanda finale che nella proclamazione del Vangelo rimane
in sospeso non è un giudizio ma un invito a curare la fede che mettiamo nella
nostra preghiera ancor prima delle singole parole o dei tempi.
Ci fidiamo di Dio? Conosciamo il Vangelo? Ci crediamo che la
preghiera prima di cambiare Dio ai nostri voleri cambia noi stessi?
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