Di fronte alla aggressione patita dall’Ucraina tanti ritengono
che il male possa essere fermato senza produrre alcun altro male.
-
di Luca Diotallevi
Di
fronte al dramma di Gaza tanti reagiscono alla colpevole perdita di
proporzionalità della reazione del governo Netanyahu trattando Israele come un
corpo estraneo invece che come un socio fondatore della nostra civiltà. Su di
un piano completamente diverso, quello domestico, il dramma dei femminicidi
sconvolge perché smentisce la convinzione che il male non abiti le relazioni
più strette. E invece il male esiste, resiste e non viene solo da fuori. Il
male abita anche dentro di noi ed a volte prende il comando delle nostre
volontà e delle nostre istituzioni.
Lo
scandalo del male non lascia scampo: se lo si ignora, se ne diventa
automaticamente complici, e complici se ne diventa automaticamente anche se ci
si limita a giudicarlo da spettatori innocenti. Il dramma dell’Occidente sta
anche, e forse innanzitutto, nell’aver rimosso lo scandalo del male:
considerandolo eliminabile o attribuendolo sempre a cause esterne o ancora
cercando di divenirgli indifferenti.
Imagine,
la bellissima canzone di John Lennon, canta l’illusione nella quale l’Occidente
è caduto in massa dagli anni ’60. In quegli anni, singolarmente e tutti
insieme, abbiamo ceduto alla illusione di vivere come se il male non esistesse
o come se potesse essere eliminato dalla società e dalla storia. I fatti hanno
sì cominciato ben presto a prenderci a schiaffi, ma noi abbiamo reagito
serrando gli occhi con ancora maggiore ostinazione. Dalle Torri Gemelle, però,
il trucco non funziona più. Questo primo quarto di XXI secolo sta ricordando
all’Occidente che il male esiste, resiste e che può venire tanto da fuori
quanto da dentro. La debolezza dell’Occidente in misura non trascurabile nasce
dal fingere che il male non esista oppure che sia eliminabile con la volontà
e/o con la ragione e la sua tecnica. Esattamente questo è il cuore di quel 40%
di modernità infetta, di quell’illuminismo razionalista e arrogante che in
alcuni momenti è riuscito a mettere in minoranza l’illuminismo critico ed
autocritico, sicché da alcuni decenni stiamo vivendo il tramonto e la notte che
seguono uno di quei momenti.
Max
Weber insegnava che un pezzo decisivo del software che fa funzionare una
civiltà è quello che contiene la risposta che essa dà allo scandalo generato
dalla esperienza del male. La maggior parte delle risposte con le quali le
civiltà note si sono protette da questo scandalo possono essere raccolte in due
gruppi. Uno insegna tecniche per divenire insensibili al male, per lasciarselo
scivolare addosso. L’altro ritiene che la ragione e/o la volontà siano in grado
di eliminare il male dal mondo e dalla storia. Un terzo gruppo di risposte allo
scandalo del male è quello di coloro che del male fanno uso senza remore
mettendo nel conto che prima o poi incontreranno qualcuno più cattivo di
loro.
È
tutto? No, non è ancora tutto. Nel catalogo delle risposte allo scandalo del
male ce n’è anche un’altra, quella sulla quale si fonda l’«Occidente». Essa è
fatta di quattro parti:
(i)
il male c’è (nei singoli e nella vita sociale); c’è, non è una apparenza e non
può essere eliminato da questo mondo e dalla storia umana.
(ii)
Il male può e deve essere combattuto, a volte vincerà lui, ma alla Fine della
Storia non sarà il male ad avere la meglio e nel frattempo o a prescindere da
questa fede il resistergli ci rende degni e ci fa godere di una umanità
piena.
(iii)
Per resistere al male è inevitabile far ricorso a strumenti che a loro volta
producono altro male e questa scelta è moralmente accettabile sinché il male
prodotto non è maggiore di quel particolare male che si intende
sconfiggere.
(IV)
Resistere al male richiede vigilanza e combattimento sia interiore e che
pubblico. L’impasto di questi quattro ingredienti caratterizza la soluzione
«Occidentale» allo scandalo del male, una soluzione profondamente diversa da
tutte le altre. Il suo motore è la speranza, il più acerrimo nemico della
immaginazione che illude e travia, speranza che per Kant è l’architrave del
moderno, ovviamente del moderno nella sua versione critica e opposta a quella
dogmatica razionalista.
Dagli
anni ’60 del Novecento, però, la soluzione «Occidentale» allo scandalo del male
è finita in minoranza a casa propria. Anche nella più larga opinione pubblica
occidentale è prevalsa l’alleanza oggettiva, il campo largo di irenismo, cinica
volontà di potenza, razionalismo ingenuo e superficiale, illusione di poter
divenire indifferenti al male. Quasi per intero l’Occidente si è coricato sotto
una coltre di torpore sprofondando così in un sonno pesante. Nonostante i suoi
schiaffi sempre più forti, ancora invano la storia (che nel “sonno” avevamo
data per finita) cerca di svegliarci. In questo sonno ci siamo abituati ad
acconsentire al male, a denunciarlo in modo intermittente, a sentirci
giustificati quando non lo combattiamo in noi e fuori di noi. Abbiamo preferito
l’illusione alla speranza e siamo piombati in una notte nella quale non a caso
non si fanno più figli. Abbiamo allentato quando non sciolto la «social catena»
(Leopardi).
Sulla
carta l’originalità ed il potere attrattivo della risposta «Occidentale» allo
scandalo del male sono intatti. Tuttavia, senza un diffuso ritorno alla pratica
della speranza difficilmente questa risposta avrà ancora futuro. In un tempo
nel quale, nonostante i recentissimi sforzi di Leone XIV, persino un Giubileo
viene spesso interpretato come un festival dell’irenismo, come un’esca per i
sogni invece che come una provocazione alle coscienze, rischiano di non essere
più udite le chiamate ad una speranza che al momento non può avvalersi della
compagnia dell’ottimismo.
Nessun commento:
Posta un commento