"È una cretinata".
Come bisogna educare i giovani
Paolo Crepet è una furia e attacca in tema di educazione:
cos'è una "cretinata"
e come bisogna educare i giovani d'oggi secondo lo
psichiatra
- di Camilla Ferrandi
“Mi sembra una cretinata“, ha detto Paolo Crepet parlando di educazione, esprimendo preoccupazione per le conseguenze sul futuro della società. Ma come bisogna educare i giovani d’oggi secondo lo psichiatra?
- Cos'è
una "cretinata" per Crepet
- Come
educare i giovani: la "ricetta" dello psichiatra
- Perché
bisogna guardare al passato per Crepet
Cos’è
una “cretinata” per Crepet
Alla
base dei casi di violenza
giovanile, che troppo spesso riempiono le pagine di cronaca dei giornali,
c’è un problema di educazione. Ne è certo lo psichiatra e sociologo Paolo
Crepet che, intervistato dalla Gazzetta di Parma, ha fatto una
lunga riflessione sull’approccio educativo utilizzato nel passato e nel
presente con i ragazzi.
L’esperto
ha definito “una cretinata” la logica del “così
fan tutti” chiarendo: “Anch’io avrei voluto uscire fino a tardi la sera, ma
fino a una certa età mi è stato proibito. Mi è stato anche spiegato che
determinate cose non era giusto farle. Non capisco allora perché adesso va
bene tutto, perché un ragazzino deve tornare alle tre di notte. Perché
così fan tutti? Mi sembra una cretinata“.
Crepet
ha sottolineato che, rispetto a 40 anni fa, il cervello degli adolescenti non è
cambiato: il desiderio di esplorare e trasgredire rimane, ma è compito
dell’adulto porre limiti chiari e spiegare il perché di certi divieti.
L’assenza di regole e la tendenza a “far andare bene tutto” generano, a suo
dire, “gli effetti nefasti che sono sotto gli occhi di tutti”.
E
ha spiegato: “Se va sempre bene tutto allora bisogna aspettarsi di tutto. Non
possiamo accettare che un ragazzo o una ragazza di 14-15 anni facciano serata,
bevendo e usando sostanze, per poi finire in ospedale. Rischiamo di creare
degli orfani sociali”.
Come
educare i giovani: la “ricetta” dello psichiatra
E
allora, come
educare i giovani d’oggi? Paolo Crepet ha offerto una “ricetta” basata su
pochi ma essenziali ingredienti: il coraggio di dire “no” e quella
che ha definito “la strategia del togliere”.
Per
lo psichiatra è “indispensabile” eliminare il “superfluo” dalla vita dei
giovani, necessità che a suo avviso è emersa chiaramente nel momento in cui si
è iniziato a offrire loro “cose assolutamente non necessarie”. In quel momento,
ha aggiunto, “è cominciata la discesa del desiderio e con essa un tragico calo
delle ambizioni”. I ragazzi, abituati a ricevere tutto, si accontentano di
ciò che hanno, senza percepire il valore della conquista o della mancanza. Ma
questa sovrabbondanza, secondo Crepet, è basata su un’illusione: “non è vero
che quello che offriamo è sufficiente per vivere una vita vera“.
Secondo
l’esperto educare significa
quindi stabilire limiti chiari recuperando il valore dell’attesa, della
privazione temporanea e della costruzione graduale del desiderio, fondamentali
per lo sviluppo di individui responsabili.
Perché
bisogna guardare al passato per Crepet
“La
ricetta per costruire le relazioni future bisogna ricercarla nel passato,
partendo dall’attenzione verso gli altri e dal dialogo quotidiano“, ha detto lo
psichiatra, evidenziando che guardare indietro non significa essere nostalgici,
ma riscoprire quei valori e quelle pratiche che sostengono il tessuto sociale e
le relazioni umane autentiche.
Per
dar corpo alla sua riflessione, Crepet ha riportato esempi concreti, come
l’esperienza dell’acquisto di un prodotto in una bottega rispetto a un centro
commerciale. Andare dal salumiere di fiducia, essere salutati e consigliati,
sono per lui elementi che vanno “ben oltre il semplice acquisto” perché capaci
di costruire relazioni umane.
Al
contrario, per l’esperto l’acquisto online o nei grandi centri commerciali
promuove l’anonimato. “Oggi puoi comprarti tutto con un telefonino, ma in
realtà non ti puoi comprare niente di veramente importante “, ha sottolineato,
riferendosi proprio alla dimensione relazionale.
E ha concluso: “Il futuro è anche un ritorno al passato.
Se non ridiamo
spontaneità alla vita quotidiana rimarremo
tutti soli e connessi“.
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