A scuola riparte
da “Io ti credo”
Un percorso di educazione all’affettivita e alla sessualità promosso nelle scuole di Palermo da Edi onlus e Fondazione Eos nell’ambito del progetto “Traiettorie Urbane”, dà parola ai ragazzi e decostruisce i loro pregiudizi.
Che oggi sia necessario e
urgente un lavoro educativo e formativo sulla violenza di genere e sulla tutela
da abusi e maltrattamenti ce lo dicono prima di tutto i dati. Nel
solo 2023, infatti, gli adolescenti che hanno subito violenza sessuale in
Italia sono stati 912, 70 dei quali proprio a scuola. Anche per le
persone LGBTQ+, la scuola non è sempre un luogo sicuro: il 68% ha
subito tra i suoi muri episodi di bullismo o discriminazione,
mentre oltre la metà nasconde la propria identità per timore. Spesso, questi
temi non vengono nemmeno affrontati nei percorsi scolastici. Ma, quando accade,
allora la stessa scuola diventa uno spazio sicuro in cui il tempo in un certo
senso si ferma per consentire poi di ripartire con una nuova marcia.
“La voce della scuola
senza stereotipi”, iniziativa promossa da Edi Onlus insieme
alla scuola media
“Antonio Ugo” di Palermo, all’interno del progetto “Traiettorie Urbane“, finanziato
da Fondazione EOS
Edison Orizzonte Sociale e da impresa sociale Con I
Bambini, si conclude un’intensa azione educativa e formativa che ha
fatto convergere i temi della prevenzione alla violenza di genere e dei generi,
così come quelli della tutela da abusi e maltrattamenti.
Abbiamo conquistato la
fiducia di ogni singolo ragazzo giorno dopo giorno. Quando hanno capito che
eravamo lì per ascoltarli e non per gudicare o impartire lezioni di morale, è
stato come ritrovarsi in un grande abbraccio.
Praticamente una
tavola intergenerazionale sull’educazione affettiva e sessuale olistica che
ha messo al centro il bisogno di educare al rispetto e alla libertà di
essere. Un’alleanza educativa tra studenti, insegnanti e istituzioni per dire
basta a tabù e silenzi su affettività, identità e consenso.
I protagonisti? Naturalmente
– anche se spesso non è per nulla scontato – gli adolescenti, che hanno colto
subito e con grande consenso il senso di questo percorso, dimostrando di avere
le idee molto chiare su tanti temi, ma soprattutto di essere decisi a
pretendere dagli adulti una voce senza stereotipi che li aiutasse a capire
molti meccanismi.
Non a caso VITA ha
dedicato agli adolescenti un numero, sentendo l’urgenza di fare un sforzo
per andare oltre un racconto che parla di loro e non fa mai parlare loro.
Parte dal bullismo
omolesbobitransfobico il racconto che gli studenti della 2P del Liceo “Danilo
Dolci” di Palermo fanno attraverso il video dal titolo “Identità”, che
porta sullo schermo il vissuto di chi subisce discriminazioni per il suo
orientamento sessuale, espressione o identità di genere. Promuove una scuola
sicura, inclusiva e accogliente per tutte le identità perché “essere se stessi
non è una scelta: è un diritto umano fondamentale”.
«Abbiamo voluto parlare
di violenza contro i generi », spiega Rebecca, per gli amici Rebbi, 16
anni ad agosto, studentessa della 2P dell’indirizzo Scienze Umane del “Danilo
Dolci”, «in particolare quella contro la categoria LGBTQ+, dimostrando come
anche dei piccoli gesti solidali possono fare la
differenza. Abbiamo anche riflettuto su cosa sono gli stereotipi e cosa i
pregiudizi, sfatando quelli legati per esempio al lavoro.
Questo perché ancora si presume che le donne non possono fare alcuni
lavori che sono “da uomo”».
Un percorso che – come la
cronaca dimostra – non ha potuto esimersi dall’affrontare anche il tema del
consenso.
“Io ti credo” non è solo
una frase, è un’azione da compiere
Ecco, dunque, che l’altro
video realizzato dagli studenti della 2Q del “Danilo Dolci”, affronta il tema
della violenza sessuale e il ruolo della scuola nella prevenzione e nel
supporto alle vittime. Un’occasione per sensibilizzare sull’importanza di ascoltare
e credere a chi trova il coraggio di denunciare. “Io ti credo” sottolinea che
la scuola deve essere un luogo sicuro, accogliente e che protegge. Combatte
lo stigma e i pregiudizi che silenziano le vittime. Promuove una cultura di
solidarietà, ascolto e responsabilità condivisa.
«Questo percorso ha
lasciato molti valori a tutti, non solo a me», commenta Miriam, 16 anni,
studentessa della 2Q dell’indirizzo Linguistico del “Danilo
Dolci”. «Parlo di valori che non useremo solo in ambito scolastico, ma in
generale nella vita, per approcciarci alle persone, in una comunità dove
possiamo vivere serenamente. Abbiamo asfaltato anche noi molti
pregiudizi, tra cui il consenso, poiché il video racconta di una ragazza
che veniva stuprata e non avevo il coraggio di parlarne. Lei aveva detto
esplicitamente no, ma non è stata ascoltata. Non rimarrà, però, sola perchè,
alla fine del video tutti i personaggi le dicono che le credono e che le
sarebbero state accanto. Purtroppo, in molti casi di stupro c’è un
pregiudizio nei confronti delle vittime che si ritrovano a dovere mentire su
quello che è accaduto loro».
Dai social la spinta ad
alzare i toni
«Purtroppo i social hanno
una grande influenza. Intanto passa l’idea che il ragazzo geloso, che ti tratta
male, è un bravo ragazzo», tengono a precisare Manuela e Alessia, 16 anni
entrambe e anche loro studentesse della 2Q, «ma ovviamente non è così. Si
pensa, poi, che, se tu stai con un bravo ragazzo, stai con una persona noiosa,
quindi non ti diverti. Meglio vivere il brivido, l’emozione di chi ha modi
bruschi e spesso anche violenti. A scuola dovremmo lavorare di più sulla
gelosia, la possessività, la proprietà, spiegando che non sono cose buone per
noi e per chi ci sta accanto».
Spesso si riproducono
modelli negativi vissuti in famiglia
«Tutto dipende da persona
a persona», secondo Manuela, «ma conta sempre l’educazione che hai
ricevuto. Se un ragazzo ha vissuto in una famiglia dove il padre e la madre
sono separati, dove magari c’è un contesto tossico perché manca la serenità e i
toni sono sempre accesi, riprodurrà l’unico modello che conosce avendo
difficoltà ad accettarne uno diverso. Spesso il modello maschile porta
tanti pregiudizi e stereotipi. E poi ci sono i social come Tik Tok dove,
soprattutto dopo la pandemia, è cresciuto il livello di aggressività. Prima era
soltanto un luogo in cui la persona si poteva esprimere ballando, cantando,
divertendo e divertendosi, ora è diventato tutto più tossico. C’è tanto
bullismo e cyberbullismo».
«Crediamo di non avere
molto futuro, anche perché con tutto quello che viviamo, sono in tanti a
pensare di non servire a nulla. Io ne sono un esempio», si sfoga Alessia,
«perchè, sino alle medie, ero convinta che faceva figo non studiare, pensando
di potere essere più popolare. Invece, da quando sono alle superiori, ho capito
che è importante, perché è il mio futuro. Rispetto, poi, all’educazione
sentimentale e sessuale, ritengo che dovrebbe essere materia ufficiale a
scuola. Eviterebbe di fare arrivare molte ragazze a un punto di non ritorno».
Un progetto che ha
insegnato tanto, ma soprattutto ha mostrato che gli “spazi sicuri” a
scuola non si improvvisano. Per questo, Edi Onlus ha scelto di sviluppare
dei percorsi dedicati a docenti, educatori ed educatrici, formatori e
formatrici, con l’obiettivo di costruire ambienti educativi capaci di
decostruire stereotipi e contrastare ogni forma di violenza. Soprattutto quella
agita nei confronti degli adolescenti. Nel 2023 si è lavorato sul tema delle
emozioni nella relazione educativa, la tutela e il benessere a scuola; nel
2024-25, il percorso ha offerto strumenti teorici e pratici per affrontare temi
come relazioni affettive, identità, salute e benessere, diritti, rispetto del
corpo, consenso, e prevenzione delle discriminazioni e della violenza di genere.
Attraverso i laboratori
di advocacy partecipata in diverse scuole di Palermo, ragazzi e ragazze,
riflettando sul concetto di “spazio sicuro”, hanno approfondito temi
come l’amore romantico, l’identità sessuale, il body shaming, la violenza
di genere e le diverse forme di discriminazione.
L’importanza di sapere
cosa fare
«Dentro questo progetto
c’è un’attività che si chiama “Child Safeguarding”, ossia la tutela dei minori
da abusi e maltrattamenti», spiega Alessia Maso, coordinatrice di
“Traiettorie Urbane” e vicepresidente di Edi. «Rispetto a questo tema ci siamo
resi conto che le associazioni stesse non sono preparate, nel senso che noi
tutti spesso non sappiamo cosa fare nel momento in cui riceviamo una
confidenza. Quello che abbiamo fatto è stato costruire una policy, quindi un
codice di condotta e tutta una serie di procedure, per sapere come agireal fine
di tutelare al massimo la persona minorenne. In alcuni casi, il migliore
supporto che possiamo dare è quello di individuare un’unica persona, che è poi
il nostro referente responsabile per il Child Safeguarding, che sa
bene a quali servizi indirizzare la richiesta, ma soprattutto come
comportarsi».
Formarsi per prevenire
situazioni di abuso e maltrattamento
«Oggi ci sono 96
operatori e operatrici sparsi su tutta l’area del capoluogo siciliano che,
grazie alle associazioni che costituiscono la rete di Traiettorie,
lavorano a stretto contatto con gli insegnanti del territorio. Abbiamo fatto
una prima formazione incentrata sull’educare con le emozioni», conclude Maso,
«perché l’idea di fondo è che, se abbiamo uno spazio sicuro in cui i
ragazzi e ragazze si fidano a portare le proprie esperienze, possiamo fare
emergere le fragilità e rispondere con percorsi di benessere. Abbiamo, poi,
ritenuto fondamentale puntare a una formazione più specifica sulla violenza di
genere e oggi, grazie a Fondazione Eos che ci ha dato un ulteriore
finanziamento, siamo seguendo un percorso di educazione contro gli stereotipi
che ha coinvolto insegnanti, educatori ed educatrici, quindi i team andati
nelle classi con cui abbiamo lavorato a due piccoli mini-video di
sensibilizzazione: uno sul bullismo omofobico, mentre l’altro sulla violenza
contro le donne, in realtà sullo stupro. Lo abbiamo realizzato dopo l’omicidio
di Sara Campanella, del quale la classe sentì subito l’esigenza di parlare.
Hanno capito che di noi si potevano fidare e oggi abbiamo davanti a noi un
futuro pieno di grandi aspettative. Da entrambe le parti».
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