venerdì 20 giugno 2025

LA PACE COMINCIA DAL BASSO

 


LA DIPLOMAZIA SILENZIOSA 

DEI GIUSTI




- di Gabriele Missin 

Per comprendere la nostra missione dobbiamo partire dalla grande intuizione del giurista ebreo polacco Raphael Lemkin che, dopo le macerie della Seconda guerra mondiale, volle che il mondo si unisse attorno alla Convenzione per la prevenzione dei genocidi, approvata dalle Nazioni Unite nel 1948, di cui fu l’instancabile promotore.

Ogni distruzione di un popolo o di un gruppo umano indebolisce l’intera umanità, poiché il mondo è una rete di relazioni fondata sulla cooperazione tra le persone.

Quando perdiamo un tassello di questa rete, come sosteneva Lemkin, perdiamo una parte della nostra ricchezza collettiva.

È come se un’orchestra smarrisse la voce di uno dei suoi strumenti: il suono non sarebbe più lo stesso, e ogni musicista – come ogni essere umano – sentirebbe di aver perso un pezzo della propria anima.

Chi custodisce questo legame tra gli esseri umani?

Chi si fa baluardo della pluralità umana?

È colui che chiamiamo il Giusto: chi soccorre il prossimo, si oppone all’odio, lavora per la riconciliazione dopo guerre e stermini.

È colui che combatte il male con il bene e ricuce le ferite del mondo.

Non a caso si dice: «Chi salva una vita, salva il mondo intero».

Senza la presenza e il coraggio dei Giusti, che ascoltano la voce della coscienza, il grande sogno della Convenzione dell’Onu non sarebbe realizzabile.

La forza morale di questo nuovo comandamento – “mai più genocidi” – non si fonda solo sull’azione degli Stati ma sulla responsabilità dei singoli.

Il meccanismo giuridico e diplomatico immaginato da Lemkin si regge sulla volontà di persone morali che con le loro scelte salvano l’umanità intera.

Salvare, infatti, significa prevenire il male e dare vita alla Convenzione delle Nazioni Unite.

Con questo spirito, come Fondazione Gariwo, abbiamo creato oltre trecento Giardini dei Giusti nel mondo, per dare visibilità a coloro che si impegnano a salvare vite, promuovere la giustizia e la tolleranza, e oggi anche la sostenibilità del nostro pianeta, minacciato dal cambiamento climatico.

Tutte le religioni condividono la regola aurea: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te – come ha ricordato anche il Marocco nel documento fondativo della Giornata internazionale contro l’odio del 18 giugno.

Questa è la forza morale che anima i Giusti.

L’etica dell’uomo giusto, compassionevole e responsabile, appartiene a tutte le tradizioni filosofiche e religiose.

Ho avuto il privilegio, nella mia vita, di essere amico e biografo di Moshe Bejski, l’artefice del Giardino dei Giusti di Gerusalemme, che con oltre ventimila alberi e nomi ricorda chi salvò gli ebrei durante la Shoah, il più atroce genocidio del Novecento.

Da quella esperienza è nata la convinzione che l’idea dei Giardini dei Giusti debba diventare universale, per onorare ogni persona che, ovunque nel mondo, si impegni a salvare vite.

Per questo li abbiamo chiamati Giusti dell’Umanità: uomini e donne che si assumono la responsabilità di proteggere gruppi umani in pericolo, senza distinzioni di nazione, religione o etnia.

Sono i custodi del genere umano. Come diceva Lemkin, i Giusti agiscono prima che il male si diffonda, prima che sia troppo tardi.

Perché quando commemoriamo i genocidi, come quello degli ebrei o degli armeni, ci confrontiamo sempre con una sconfitta dell’umanità.

La memoria ha valore solo se educa a prevenire.

Presentiamo il nostro lavoro alle Nazioni Unite, convinti che – in un mondo lacerato da guerre, come a Gaza, in Sudan, in Ucraina – sia essenziale ritrovare lo spirito originario dell’Onu: preservare la pace e la pluralità umana.

Purtroppo il nostro tempo ci ricorda l’angoscia degli anni precedenti la Seconda guerra mondiale.

Mai come oggi abbiamo bisogno di tanti Giusti, capaci di ricostruire con il loro esempio un nuovo legame tra i popoli.

A loro spetta il compito difficile ma necessario di ricucire le relazioni in un tempo segnato da divisioni.

Noi crediamo che i Giardini dei Giusti possano essere un grande strumento educativo per custodire la pace e ridare speranza all’umanità, come ci ricorda anche Papa Leone XIV, che ci invita a costruire ponti e abbattere i muri dell’odio.

Vorrei allora spiegare, in poche parole, la forza rivoluzionaria di questi Giardini.

Essi mostrano alla società la bellezza della persona buona, capace di comprendere che ciascuno, nel suo piccolo, può fare qualcosa per cambiare il mondo.

Con le sue azioni, la persona giusta ci insegna che il modo migliore per combattere l’odio è dimostrare che l’amore e il rispetto rendono la vita più bella e più piena.

I Giardini dei Giusti educano alla memoria, al riconoscimento, alla gratitudine verso chi opera per il bene.

Ma forse il loro effetto più profondo è che ci spingono a ritrovare ciò che ci accomuna come esseri umani.

Per questo i Giardini sono come piccole Nazioni Unite dal basso: luoghi in cui persone diverse si incontrano, dialogano, si impegnano insieme per il bene comune.

Ecco perché oggi vi chiediamo di sostenere la creazione di Giardini dei Giusti nei vostri Paesi, e auspichiamo che la Giornata dei Giusti dell’Umanità – istituita grazie all’Italia e al Parlamento europeo – diventi sempre più internazionale.

Un filosofo antico come l’imperatore Marco Aurelio scriveva: « Non cercare l’impossibile. Accontentati di una piccola cosa, perché nel tempo una piccola cosa può diventare una grande cosa».

Questa è la lezione dei Giusti: passo dopo passo, con piccoli gesti, indicano una direzione, una speranza possibile per il mondo intero.

Per questo sono, davvero, l’élite morale dell’umanità.

Il testo è stato è stato letto ieri al Palazzo di Vetro di New York come discorso ufficiale in occasione della Giornata internazionale contro i discorsi d’odio promossa dall’Onu, con l’introduzione di Virginia Gamba (Sottosegretaria Onu)

 

www.avvenire.it


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