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venerdì 10 gennaio 2025

CATTOLICI DEMOCRATICI


UNA RISORSA 

PER L'ITALIA

 L’eredità di Aldo Moro, Vittorio Bachelet e Piersanti Mattarella i quali, con la loro “originale intelligenza degli avvenimenti” dialogarono con tutti



-         di VINCENZO PAGLIA*

Piersanti Mattarella, Aldo Moro, Vittorio Bachelet erano tre cristiani. Certo, tra le vittime del terrorismo o della mafia non ci sono stati solo cristiani ma anche laici, comunisti, socialisti … Pio La Torre, Walter Tobagi, Emilio Alessandrini, Ezio Tarantelli, Carlo Alberto dalla Chiesa e molti altri. La democrazia, infatti, non è monopolio di nessuno e vive se è animata da uomini e donne con culture, ideologie, sensibilità diverse.

Ecco perché sono state tanto importanti quelle che una volta chiamavamo “culture politiche”, di cui oggi sentiamo tanto la mancanza. Tra esse vi era quella rappresentata in modo degno da Piersanti Mattarella, Aldo Moro, Vittorio Bachelet. Possiamo chiamarli martiri civili spinti da un’ispirazione religiosa. La fede cristiana non è rimasta a monte del loro impegno; ha plasmato in profondità la loro cultura politica e le scelte che ne hanno fatto conseguire. È la stessa cultura politica alla cui elaborazione, prima di loro, avevano già contribuito in tanti, come Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi e molti altri, gran parte dei quali non così famosi, forse addirittura dimenticati.

Quella che chiamiamo cultura politica cattolico-democratica è stata popolare, ampia, corale, con radici antiche e capacità di confrontarsi con le sfide del mondo contemporaneo. Tale cultura – sconfitta nel primo dopoguerra – nel secondo dopoguerra ha orientato gran parte del cattolicesimo italiano, pur restando minoritaria. E comunque - insieme ad altre culture democratiche – è stata determinante nella elaborazione della Costituzione italiana, un documento giuridico-politico che resta ancora oggi una bussola che accompagna quando si deve andare verso un di più di libertà, di uguaglianza, di giustizia, di pace… La Costituzione italiana è stata scritta con uno spirito inclusivo: doveva essere una Carta per un paese che fosse per tutti, che fosse aperto al futuro e disponibile a superare ciò che invecchia e affrontare in maniera conseguente le nuove sfide che si sarebbero presentate. Moro, Mattarella, Bachelet sono stati in senso profondo uomini di questa Costituzione. Moro perché contribuì anche a scriverla e, con agli due, ne rispettavano la lettera e ne custodivano lo spirito. Tutti e tre, assieme a tanti altri, hanno condiviso della Costituzione il sogno di una Italia che progredisse nella giustizia sociale e nella pace. E quindi, un’Italia più bella, più solidale, con un a tensione umanistica universale.

Negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta si sentiva nel Paese il bisogno di un nuovo slancio che fosse radicato nella lettera e soprattutto nello spirito della Costituzione. Il Paese doveva affrontare le nuove sfide che il tempo poneva. Il dibattito pervadeva l’intera società italiana. Chi ha la mia età ricorda, ad esempio, il fervore dei cattolici italiani nell’attuare il Concilio, appena terminato, in Italia. Come non ricordare il Convegno della Chiesa di Roma del febbraio ’74 e quello successivo della Chiesa italiana del ’76 sul tema “Evangelizzazione e promozione umana”? E ricordo – faccio solo due esempi – la sorpresa mia e degli amici di Sant’Egidio nel vedere Aldo Moro prendere contatto con diversi nuovi movimenti cattolici che cercavano le strade per un cristianesimo più legato al Vangelo e alla società. E Vittorio Bachelet che fu tra i protagonisti di questa stagione di rinnovamento della Chiesa e dell’associazionismo cattolico anche con quella “scelta religiosa” – che oggi va certamente ripensata – ma che allora cercò di liberare milioni di cattolici italiani da una triste logica di conservazione e di contrapposizione. Piersanti Mattarella non l’ho conosciuto ma ci colpiva la coraggiosa lotta contro la mafia, che apriva una nuova stagione per la Sicilia e per l’Italia intera: se tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta la mafia ha subito una sconfitta storica, grazie a Falcone, Borsellino e tanti altri, è stato anche soprattutto per merito suo. Moro, Mattarella, Bachelet sono stati tutti e tre profondamente democratici, aperti al confronto e alla collaborazione con forze politiche di tutt’altro orientamento ideologico. Ciò non ha mai significato per loro cedere a ciò che di inaccettabile c’era in tali ideologie. Non esitarono nel condannare le persecuzioni anticristiane nei paesi dell’Europa orientale e in Urss, che certamente nessuno dei tre ha mai condiviso. E non è stato un caso se nel 1977 il segretario del Partito comunista italiano, Enrico Berlinguer, scrisse una lettera ad un vescovo, monsignor Luigi Bettazzi, che il suo partito si professava «non teista, non ateista, non antiteista». Bensì «laico e democratico». Tutto ciò era il risultato di una profonda evoluzione maturata anche perché uomini come Moro, Mattarella e Bachelet seppero condurre con i comunisti italiani un lungo dialogo rispettoso, profondo, tenace. Cattolicesimo democratico, infatti, vuol dire dialogo per un paese che fosse democratico per tutti. Dialogo: cioè confronto, comprensione reciproca, riconoscimento della parte di verità di cui ogni uomo è portatore, collaborazione.

Di questa cultura politica voglio ricordare – di grande attualità oggi – anche la capacità di coniugare le esigenze della difesa e quelle della cooperazione internazionale. Al fondo, anche su questo terreno, c’è stato un sogno, che la loro ispirazione cristiana ha contribuito potentemente ad alimentare: il sogno della pace. I cristiani sanno bene la pace è anzitutto un dono di Dio. E non cessano di invocarla. Ma senza la coltivazione di questo sogno è facile smarrire la strada della pace accettando, rassegnati, la guerra come inevitabile. È il desolante e crudele panorama di questo tempo! I cattolici, che dopo la Seconda guerra mondiale si sono impegnati a fondo per la democrazia in Italia, hanno avuto il sogno della pace e hanno operato per realizzarla. Lo hanno fatto con realismo, consapevoli della complessità del mondo, ma nello stesso tempo convinti che un Paese come l’Italia ha bisogno di alleati forti delle cui decisioni è ovviamente necessario tener conto. La scelta atlantica è in questo senso. Ma questi cattolici – che hanno pagato con la vita la loro scelta - non hanno mai smesso di cercare una terza via tra subordinazione e conflitto nei confronti di tali alleati, facendo valere, nella lealtà, le proprie ragioni, sulla base di una «originale intelligenza degli avvenimenti», come diceva Moro. Per questo hanno occupato una posizione strategica nei rapporti tra l’Occidente e il blocco sovietico, tra l’Occidente e i Paesi allora definiti del Terzo mondo. Per questo la loro idea di Europa era legata alla pace e ad un nuovo ordine internazionale. Tale prospettiva è oggi ancor più urgente di allora. Ha ragione papa Francesco nel parlare di terza guerra mondiale a pezzetti. In realtà, il mondo lo stiamo davvero facendo a pezzi!

Con l’omicidio di Moro, di Mattarella, di Bachelet (e di altri ancora), terrorismo, mafia, forze eversive e occulte, volevano abbattere quella democrazia che questi tre uomini rappresentavano, difendevano e promuovevano. Li hanno uccisi, ma il loro sacrificio non è stato inutile: quel disegno terroristico di abbattere la democrazia è stato sconfitto.

Il terrorismo italiano era il colpo di coda di un mondo dominato da grandi ideologie: chi ha ucciso Moro e Bachelet, credeva ancora in quelle ideologie e non sopportava chi cercava, come loro e come Mattarella, di appianare i conflitti, conciliare le opposizioni, cambiare concretamente la realtà senza proclami astratti. Siamo entrati in questo nuovo mondo senza Moro, Mattarella, Bachelet, essendo più deboli e più incerti. Il cattolicesimo politico italiano – negli anni Ottanta – ha perso quel rapporto con la Chiesa – a tratti difficile per la necessità di affermare la giusta autonomia dei laici in campo politico, ma necessario per pensare in grande – così importante per le generazioni precedenti. Anche il riferimento all’ispirazione cristiana si è affievolito. Sarebbe sbagliato dire che il cattolicesimo politico italiano è diventato più laico, perché laicità significa cercare un giusto rapporto tra Chiesa e Stato, non disinteressarsi di uno dei due, e mantenere l’ispirazione cristiana nel pluralismo delle tendenze ideologiche e politiche e non perderla. Direi che si è in parte smarrita la strada tracciata dal cattolicesimo democratico nei decenni precedenti e questo patrimonio politico-culturale ha stentato a trovare interpreti adeguati alle nuove sfide. Sì, una cultura politica più povera non solo sul versante cattolico, ma dell’intero Paese. La stessa crisi dei partiti ne è una conseguenza.

Oggi viviamo in una nuova epoca storica che, purtroppo, è priva di visioni unitive. Emerge sempre più quella che possiamo chiamare una sorta di “dittatura dell’io” – o, con Guicciardini, il primato del “particulare” – che sta sgretolando il “Noi” ch’è condizione indispensabile per ispirare una globalizzazione dai tratti di quell’umanesimo universale che è l’anima stessa del cattolicesimo. L’eredità di Moro, Mattarella e Bachelet, costituisce un patrimonio da cui si deve attingere anche per l’oggi. Abbiamo bisogno del loro spirito, del loro sogno. Che era lo stesso dei padri costituenti.

Ascoltando le parole del Capo dello Stato nell’ultimo giorno dell’anno, ho colto in esse la forza del sogno che guidava i testimoni di allora: il sogno di una democrazia larga e inclusiva. Le tante cose che il Presidente ha detto erano legate le une alle altre da un grande disegno: quello di un’Italia più umana, più giusta e più felice. Appunto, lo stesso di Moro, di suo fratello Piersanti e di Bachelet. Mi chiedo: non dobbiamo – noi cattolici, anzitutto – augurarci uno scatto di pensiero da parte di spiriti “liberi e forti” – per dirla con don Sturzo – che riprendano il coraggio e l’audacia di una cultura politica per un’Italia, anzi, per un’Europa che aiuti il mondo a disegnare una visione che conduca ad un nuovo ordine internazionale? Certo, non possiamo stare a guardare!

 * Arcivescovo, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita

www.avvenire.it

 

venerdì 6 ottobre 2023

PROFUGHI E MAGISTRATURA

 UNA SENTENZA 

CHE FA DISCUTERE

-         - di Giuseppe Savagnone

 Primo atto

Non accenna a placarsi la tempesta mediatica che vede coinvolta la giudice del tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, dopo la sentenza con cui non ha convalidato il fermo di quattro profughi minorenni ospitati presso il Centro di Pozzallo, definendo incostituzionale il decreto del governo nella parte in cui obbliga un richiedente asilo a pagare una «garanzia sanitaria» di 5mila euro per evitare di essere trattenuto nel Centro.

 «Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania», ha commentato la premier Giorgia Meloni. Secondo la presidente del Consiglio, questa decisione «con motivazioni incredibili rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto».

Fin dal primo momento, da parte sua, il vicepremier Matteo Salvini ha insistito, più che sul testo della sentenza, sulla persona del magistrato: «Le notizie sull’orientamento politico del giudice che non ha convalidato il fermo degli immigrati sono gravi, ma purtroppo non sorprendenti».

 Già in questa prima fase della polemica il leader della Lega ha promesso battaglia: «La Lega chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento, perché i tribunali sono sacri e non possono essere trasformati in sedi della sinistra».

 Da parte sua, la segretaria del PD Elly Schlein, in risposta alle esternazioni della premier, le ha replicato: «La smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il paese. La smettano di cercare un nemico al giorno per nascondere le proprie responsabilità. Se cercano responsabili del disastro sull’accoglienza si guardino allo specchio».

 E ha proseguito: «È la destra che scrive leggi palesemente incostituzionali e poi se la prende con i giudici che fanno il loro lavoro. È la destra che ha messo la firma su tutte le leggi che hanno prodotto questo caos, come la Bossi-Fini che alimenta l’irregolarità, è sempre la destra che non ha mai contrastato il regolamento di Dublino lasciando l’Italia più sola, per allearsi con Polonia e Ungheria che di solidarietà non ne vogliono sapere».

 Sulla vicenda è intervenuta l’Associazione Nazionale Magistrati di Catania: «L’ANM di Catania esprime una posizione ferma e rigorosa a tutela della collega Iolanda Apostolico, persona perbene che ha lavorato nel rispetto delle leggi, e respinge con sdegno le accuse a lei rivolte. Il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario andrebbe improntato a ben altre modalità», si legge in una nota del presidente Alessandro Rizzo.

Da parte sua, Iolanda Apostolico non ha voluto commentare, limitandosi a dire: «Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».

 Secondo atto

Ma la vicenda non si è conclusa qui. A distanza di pochi giorni, il leader della Lega ha postato su Internet un video che riprende una manifestazione svoltasi nel porto di Catania, in cui la folla rivolge cori contro i membri del governo, all’epoca guidato da Giuseppe Conte, accusandoli di essere «animali» e «assassini».

 Tra i partecipanti c’è anche la giudice Apostolico, anche se per la verità non sembra partecipare attivamente alle proteste. Salvini commenta: «25 agosto 2018, Catania, io ero Vicepremier e Ministro dell’Interno. L’estrema sinistra manifesta per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti: la folla urla “assassini” e “animali” in faccia alla Polizia. Mi sembra di vedere alcuni volti familiari….».

 Su questi ultimi sviluppi è intervenuto il consigliere togato indipendente del Consiglio superiore della magistratura, Roberto Fontana: «L’iniziativa del ministro Salvini di inviare un video relativo alla manifestazione del 2018 a Catania vuole confondere i piani.

 La giurisdizione si esprime attraverso i provvedimenti, che ovviamente possono essere criticati e impugnati sulla base di ragioni tecnico-giuridiche. Spostare l’attenzione sulla vita del magistrato e le sue eventuali attività esterne a quella giudiziaria, è un modo per eludere il confronto sul merito del provvedimento e un tentativo di delegittimare l’attività giurisdizionale».

 Di parere opposto il consigliere laico del Csm Enrico Aimi, di Forza Italia, presidente della Prima Commissione del CSM – quella che si dovrà pronunciare sulla pratica a tutela della magistrata di Catania, chiesta da 13 consiglieri togati (la maggioranza del Consiglio) – il quale, a proposito delle «eloquenti immagini del giudice Iolanda Apostolico», riconoscibili nel filmato, scrive: «Il ruolo del magistrato richiede che l’autonomia e l’indipendenza non si limitino esclusivamente allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, ma deve riguardare anche la sua proiezione esterna». E aggiunge: «E’ opportuno non dimenticare mai che la Giustizia è – mutatis mutandis – come la moglie di Cesare: non deve essere solo terza e imparziale, ma deve anche apparire tale».

 Su questa linea, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha chiesto in una nota che il ministro Nordio disponga un’ispezione a Catania. Più drastico il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, secondo cui  la giudice andrebbe «radiata immediatamente».

 A questo punto è intervenuto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia: «A cinque anni di distanza si riprende – non so bene come – un video, quando questo magistrato non convalida il trattenimento dei migranti. Non so bene come spunti il video, se era già online o se appartiene alle forze di polizia come sembrerebbe dal modo in cui sono state effettuate le riprese, alle spalle delle forze dell’ordine che contengono il corteo. Questo mi sembra più grave».

 E ha aggiunto: «Inviterei a valutare la terzietà dei giudici sulla base dei provvedimenti che vengono assunti e delle motivazioni poste alla base, e a non fare invece lo screening al passato, alla vita privata di un magistrato».

 La replica del Carroccio non si è fatta attendere: «Non è un preoccupante screening, siamo di fronte a una manifestazione pubblica al porto di Catania e a post pubblici di insulti contro il ministro Salvini».

 In tutto questo, una domanda che affiora su tutti i giornali, e già presente nell’intervento del presidente dell’ANM, riguarda la provenienza del video postato da Salvini. I senatori del PD Anna Rossomando e Walter Verini hanno annunciato un’interrogazione sul tema al ministro Piantedosi.

 «La caccia scatenata da Matteo Salvini alla persona della giudice Iolanda Apostolico», hanno detto, «è davvero incredibilmente grave e la vicenda merita risposte, che il ministro Piantedosi deve dare. Come è uscito e da dove quel filmato? Chi lo ha confezionato? Esistono forse archivi dedicati? Il fatto solleva interrogativi inquietanti».

 Due considerazioni

Il dibattito è aperto e abbiamo preferito dare la parola ai protagonisti, lasciando al lettore di farsi la sua idea. Due sole considerazioni.

 La prima è che, come già notavo in un precedente “chiaroscuro”, a proposito del libro pubblicato dal generale Vannacci, «il richiamo indiscriminato alla libertà di pensiero e di espressione prevista dalla Costituzione nasconde un evidente equivoco. Essa non esclude, infatti, delle precise limitazioni legate al ruolo e alla funzione che il singolo è chiamato a svolgere».

E citavo il caso dei magistrati e degli alti gradi dell’esercito. «Un giudice, a cui la comunità conferisce lo straordinario potere di decidere della libertà fisica di altre persone, non può dire, al di fuori delle rigide regole processuali, tutto ciò che sa e che pensa personalmente di un imputato, perché verrebbe immediatamente ricusato.  E un alto ufficiale, a cui è affidato il monopolio dell’uso delle armi, non può permettersi di esprimere opinioni che possano gettare una qualsiasi ombra sulla assoluta imparzialità del suo operato».

 Naturalmente i due casi non sono del tutto simmetrici, però non si può negare che ci siano delle analogie. Ed è strano vedere Salvini, che ha difeso a spada tratta il diritto di Vannacci di esprimere pubblicamente il proprio pensiero, malgrado la delicatezza del suo ruolo, negarlo adesso con la stessa veemenza a Iolanda Apostolico. Come stupisce vedere, viceversa, la sinistra, che ha contestato al generale questo diritto, rivendicarlo adesso per la giudice di Catania.

 Certo, il cittadino non può e non deve rinunziare ai suoi diritti costituzionali. E tra questi c’è sicuramente quello di manifestare ciò che pensa. Ma una certa prudenza, in considerazione delle proprie particolari funzioni pubbliche, sarebbe più che opportuna. La libertà è anche responsabilità.

 La seconda considerazione è che – quale che sia stata l’inopportunità della sua partecipazione, nel 2018, alla manifestazione contro il governo – è sconcertante il linciaggio morale a cui Iolanda Apostolico è stata sottoposta in questi giorni, solo  per essersi permessa di esercitare la propria doverosa valutazione di un provvedimento governativo.

 Una sentenza, secondo il nostro ordinamento, può essere impugnata e cambiata – e questa è la differenza rispetto all’eventuale comportamento sbagliato di un generale – , ma a partire da quello che dice, non cercando di infangare chi, facendo il suo dovere e in nome delle proprie competenze, l’ha elaborata.

 A monte, però, c’è un equivoco ancora più grave di questa persecuzione, ed è quello – risalente già al “padre” di questa destra, Silvio Berlusconi – secondo cui ogni limite posto al governo è un attacco allo Stato e va denunciato come un tradimento. In quest’ottica, la magistratura ha sempre rappresentato, ieri per il “cavaliere”, oggi per Meloni e Salvini, un nemico da combattere e delegittimare.

 In realtà, il governo non è lo Stato, ma è al suo servizio, come lo sono i giudici, a cui spetta vigilare sull’operato dei governanti per assicurare il rispetto della Costituzione e delle leggi.  Ma noi restiamo ancora in attesa di una destra che riesca a comprendere questa semplice verità. 

 *Scrittore ed editoralista. Pastorale della Cultura della Diocesi di Palermo

www.tuttavia.eu


venerdì 17 dicembre 2021

NUOVE GENERAZIONI. FUTURO IN BILICO


IL COVID HA SCONVOLTO IL NOSTRO MONDO

 - Yasmine Sherif, Direttrice, Education Cannot Wait, e Joseph Nhan-O'Reilly, Direttore, International Parliamentary Network for Education

 

COVID-19 ha sconvolto il nostro mondo, minacciando la nostra salute, distruggendo economie e mezzi di sussistenza e aggravando la povertà e le disuguaglianze. Ha anche creato la più grande interruzione dei sistemi educativi che il mondo abbia mai visto.

Le scuole svolgono anche un ruolo fondamentale nel garantire la fornitura di servizi sanitari essenziali e pasti nutrienti, protezione e supporto psico-sociale, il che significa che la loro chiusura ha messo in pericolo il benessere e lo sviluppo generale dei bambini, non solo il loro apprendimento. Allo stesso tempo, i conflitti continuano a imperversare e gli effetti disastrosi di un clima che cambia minacciano la nostra stessa esistenza e stanno portando a livelli record di sfollamento.

Crisi su crisi

128 milioni di bambini e giovani la cui istruzione era già stata interrotta da conflitti e crisi sono stati doppiamente colpiti dalla COVID-19, con la pandemia che ha creato una "crisi su una crisi". La durata e l'entità dell'interruzione dei sistemi educativi in tutto il mondo a causa della pandemia ha messo alla prova il concetto stesso di istruzione nel contesto delle crisi umanitarie.

Cosa significa dedicarsi all'"educazione nelle emergenze" in un mondo in cui il 90% delle scuole è stato chiuso a causa di una pandemia globale?

Come possiamo sostenere i bambini a ricevere un'istruzione in paesi colpiti da conflitti e fragilità quando in paesi pacifici e stabili milioni di bambini rischiano di non tornare mai più a scuola?

La spinta a fornire un'istruzione correttiva per i milioni di bambini che hanno perso l'apprendimento negli ultimi due anni si estenderà ad aiutare i tre milioni di bambini rifugiati che non andavano a scuola prima della pandemia?

Rottura o rottura?

Queste domande sottolineano una scelta netta e urgente. Spingiamo per una svolta ambiziosa e inclusiva o accettiamo che la pandemia abbia portato a un crollo irreversibile del progresso educativo e negherà permanentemente a milioni di bambini l'opportunità di andare a scuola?

Dall'Afghanistan allo Zimbabwe, conflitti, sfollamenti forzati, carestie e inondazioni indotte dai cambiamenti climatici, incendi e caldo estremo, insieme a COVID-19 si sono combinati per formare un cocktail fatale che sta derubando i bambini della loro istruzione.

La scorsa settimana, durante una visita in Camerun, Education Cannot Wait ha incontrato alcuni dei 700.000 bambini che sono stati colpiti dalla chiusura delle scuole a causa della violenza. Se questo da solo non fosse abbastanza grave, solo pochi giorni prima della visita, quattro studenti e un insegnante sono stati uccisi in un attacco mirato e, in un incidente atroce separato, una ragazza si è fatta tagliare le dita ferocemente solo per aver cercato di andare a scuola.

L'istruzione è una priorità per le comunità coinvolte in crisi

Il coraggio e la determinazione dei bambini del Camerun sono una testimonianza della priorità che le comunità colpite dalla crisi in tutto il mondo attribuiscono all'istruzione. Sanno che l'istruzione trasforma la vita, aprendo la strada a un lavoro, una salute e mezzi di sussistenza migliori. Sanno che la formazione continua in un luogo sicuro fornisce un senso di normalità, sicurezza e routine per bambini e giovani, mentre costruisce le basi per la pace, il recupero e lo sviluppo a lungo termine tra le generazioni future.

Ci dicono che la loro educazione non può aspettare. Ma fornire un'istruzione di qualità a questi bambini rimane una sfida persistente.

Collaborare per far crescere la leadership politica

Al centro di questa sfida c'è la mancanza di un impegno politico sostenuto per l'istruzione in generale e per l'educazione in contesti umanitari in particolare. A titolo di esempio, otto anni dopo che la Global Education First Initiative del Segretario Generale delle Nazioni Unite ha suggerito che l'istruzione dovrebbe ricevere almeno il 4% dei finanziamenti umanitari a breve termine, i dati FTS dell'UNOCHA suggeriscono che meno del 3% del totale dei finanziamenti umanitari segnalati (compresi i flussi di finanziamento da donatori governativi, organizzazioni internazionali, ONG e altri attori umanitari) è stato assegnato all'istruzione.

Allo stesso tempo, sappiamo che la leadership politica può fare la differenza, come dimostra l'impegno dell'UE nel 2019 ad aumentare gli aiuti per l'istruzione al 10% del totale degli aiuti umanitari. Guidata con determinazione da Christos Stylianides, all'epoca Commissario europeo per gli aiuti umanitari e la gestione delle crisi, l'iniziativa è stata sostenuta dal Parlamento europeo.

Un impegno condiviso

Education Cannot Wait (ECW), istituito al World Humanitarian Summit nel 2016 e l'International Parliamentary Network for Education (IPNEd), lanciato durante l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2020, condividono l'impegno a ribaltare decenni di abbandono e a far crescere l'impegno politico per l'istruzione nelle crisi umanitarie. Al RewirEd Summit di Dubai, ci siamo incontrati e abbiamo concordato di lavorare insieme per ispirare la comprensione politica e l'impegno in modo che l'istruzione sia vista sia dai governi che dai finanziatori come una priorità assoluta durante le crisi.

I parlamentari nei loro ruoli di rappresentanti, avvocati, legislatori, formatori del bilancio e come fornitori di controllo hanno un ruolo vitale e in gran parte sottoutilizzato da svolgere nell'accelerare la fornitura di sistemi educativi adeguatamente finanziati, di alta qualità e inclusivi in situazioni di emergenza e crisi prolungate.

Focus sul finanziamento

Un obiettivo centrale del nostro lavoro sarà aumentare il volume, la prevedibilità e l'efficacia degli aiuti internazionali all'istruzione nelle emergenze. Riconoscendo il ruolo specifico che ECW ha nell'aumentare e migliorare la qualità del sostegno finanziario per l'istruzione nelle emergenze, mobiliteremo il sostegno politico per i programmi di resilienza pluriennale facilitati dalla ECW e le prime risposte di emergenza e lavoreremo per garantire che Education Cannot Wait mobiliti almeno un ulteriore miliardo di dollari per il suo prossimo periodo operativo.

Il nostro impegno è stato sostenuto dall'affermazione della promessa di "non lasciare indietro nessuno", di sostenere i parlamentari a comprendere e affrontare le cause dei conflitti, delle crisi e dei cambiamenti climatici e di aumentare l'accesso delle persone colpite dalle crisi umanitarie ai leader politici.

Solidarietà

Più di ogni altra cosa la pandemia ha rivelato la nostra vulnerabilità condivisa e l'interconnessione. Ha dimostrato che di fronte a una minaccia condivisa, la cooperazione e la solidarietà sono le uniche soluzioni, all'interno delle società e tra le nazioni. Dobbiamo riabbracciare la solidarietà globale e trovare nuovi modi per lavorare insieme per il bene comune in generale e per accelerare il progresso educativo in particolare. ECW e IPNEd sono due nuovi modi per farlo.

ECW esemplifica il potenziale dell'azione collettiva sulla scena globale. Fin dalla sua nascita, ECW ha sostenuto l'accesso a un'istruzione di qualità per 4,6 milioni di bambini in oltre 30 paesi colpiti dalla crisi. Inoltre, 29,2 milioni di bambini e adolescenti (51% ragazze), sono stati raggiunti con interventi educativi di emergenza ECW COVID-19. Ma senza dubbio ha bisogno di un sostegno maggiore e migliore per costruire su questi risultati e realizzare il suo scopo di trasformare la vita di milioni di altre ragazze e ragazzi catturati nelle circostanze più difficili.

IPNEd, d'altra parte, dimostra l'appetito dei leader politici di essere supportati nel loro lavoro per accelerare il progresso educativo e lavorare insieme a livello internazionale nel farlo.

Lavorando insieme, possiamo raggiungere una svolta educativa ambiziosa e inclusiva in risposta alle molteplici crisi che il mondo sta affrontando. Non c'è tempo da perdere. Il futuro di un'intera generazione è in bilico.

UNESCO