giovedì 18 settembre 2025

GIOCARE E' INDISPENSABILE


 Crepet: “Il gioco è una straordinaria palestra per crescere, per allenare il proprio talento, per capire che perdere non è catastrofico, anzi è necessario, perché dagli inciampi s’impara a camminare"


La Redazione

 “Il gioco è insegnamento di relazioni, ma soprattutto è il modo migliore per capire che cosa significa vincere e perdere, perché non è possibile…”

 Nel corso degli anni la cultura educativa ha subito un profondo mutamento: basterebbe, per accorgersene, osservare solo per un attimo luoghi come prati cittadini, cortili, campetti, che ormai sono completamente vuoti, privi di bambini che adorano giocare fra loro, rincorrendosi e trascorrendo del tempo insieme.

 Si tratta di una “rivoluzione silente”, così come definita molto attentamente dal sociologo e psichiatra Paolo Crepet.

Mentre prima, infatti, “il tempio dei bambini era all’aria aperta, nei cortili come sui campetti, ma anche in una piazza davanti a una chiesa o sotto un portico se pioveva”, adesso, invece, si prediligono videogiochi che permettono ai bambini di divertirsi da soli di fronte ad uno schermo con una definizione delle immagini realistica a 4k.

Si tratta di un’invenzione che sembra aver dissolto le ansie dei genitori: quest’ultimi, infatti, completamente rassicurati, preferiscono che i loro figli rimangano chiusi in casa piuttosto che lasciarli giocare all’aria aperta, dove potrebbero esserci più pericoli e dove sarebbe molto più difficile poterli controllare adeguatamente.

Ignari delle conseguenze delle loro scelte, gli adulti non hanno mai pensato a quanto e a cosa hanno sottratto ai loro figli.

“Un diritto fondamentale dell’infanzia è giocare, che significa ritrovarsi tra pari e correre, nascondersi, urlare, piangere, ridere. Il gioco è insegnamento di relazioni, ma soprattutto è il modo migliore per capire che cosa significa vincere e perdere, perché non è possibile giocare senza la consapevolezza che si può anche essere battuti. Un’esperienza che risulterà strategica nell’età adulta in quanto, una volta cresciuti, la frustrazione e l’inciampo non porteranno più allo sgomento dei «neofiti emotivi». Tutto può trasformarsi in gioco, se si usa un po’ di creatività”, così come ci spiega molto significativamente Paolo Crepet.

Il gioco è di fondamentale importanza per ogni bambino: la sua valenza affettiva e relazionale è insostituibile, a patto che sia collettivo. Dunque, permettere ad un bambino di rimanere chiuso nella sua cameretta in assoluta solitudine davanti a una consolle non significa altro che decretare la morte del gioco collettivo e le conseguenze che ne derivano sono sicuramente molto preoccupanti.

“La mancanza di autonomia non può che portare a far crescere in quei bambini un sentimento di dipendenza dall’adulto, insegnante o genitore. Non sapendo e non potendo fare nulla per se stessi, vedranno in qualsiasi adulto la figura di riferimento, come se non esistessero dentro di loro la capacità e il talento per sopravvivere nel mondo, ma avessero bisogno di essere assistiti e riveriti”, queste le importantissime parole dello psichiatra attraverso le quali si vuole evidenziare come un’infanzia, vissuta senza l’esperienza del gioco, sia un’infanzia depotenziata in cui si sarà sempre alla ricerca di conferme.


Dunque, un bambino che sin da piccolo non ha imparato la frustrazione di perdere, temerà sempre di cadere e sarà più fragile: si pensi, ad esempio, agli adolescenti di oggi che reagiscono male perfino di fronte ad un brutto voto preso a scuola. Perdere da soli, inoltre, non è la stessa cosa di perdere in gruppo: in presenza di altri coetanei sarà necessario imparare a giustificarsi, a chiedere scusa, facendo fronte alle avversità che la vita ci pone dinanzi.

Solo in tal modo si potrà sviluppare il c.d. coping mechanism, ovvero il «meccanismo di far fronte», così che l’individuo possa reagire a ciò che è inaspettato e non programmato. Si tratta di un meccanismo che non nasce da solo ed il gioco è lo strumento perfetto per evocarlo.


“Se non si permette ai bambini di giocare liberamente, non soltanto non potranno imparare a conoscere l’importanza di una relazione affettiva, ma tendenzialmente cresceranno adattandosi a quella solitudine che più avanti coltiveranno con l’aiuto della tecnologia digitale. L’intimità ha un suo proprio perimetro, quello delle nostre braccia aperte: quel cerchio magico è il limite che lasciamo oltrepassare soltanto ad alcune persone scelte”, in tal modo continua la sua profonda riflessione Paolo Crepet.

Dunque se la prima fase della propria vita viene vissuta in solitudine, allora l’impatto con la socialità può diventare più difficile, con il rischio di chiudersi in se stessi.

 “L’assenza del gioco provoca una reazione regressiva nel bambino/a, insinua l’idea che isolarsi sia l’unica risposta possibile quando accade qualcosa di spiacevole, porta al cosiddetto «arroccamento», che inibisce le sue capacità sociali. Per questo gli adolescenti sono così fragili e impreparati a saper perdere”, così come ribadito senza alcuna esitazione dallo psichiatra.

L’assenza dell’esperienza del gioco produrrà anche un altro effetto deleterio: il bambino non imparerà a fidarsi del prossimo.

Inoltre, se il gioco scompare, anche il pensiero si semplifica e diventa inconsistente. “Esso, come le relazioni affettive, non cresce dal nulla, ma dal confronto dialettico fra più persone, dalle discussioni, dall’articolazione delle proprie idee e dalla capacità di difenderle o di cambiarle”.

Il gioco, pertanto, “è una straordinaria palestra per crescere, per allenare il proprio talento, per capire che perdere non è catastrofico, anzi è necessario, perché dagli inciampi s’impara a camminare e anche a correre”, in tal modo Paolo Crepet termina la sua ragguardevole disamina.

 Ascuolaoggi

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