Se
dici ciò che vuoi,
devi ascoltare in risposta ciò che non vuoi.
Quintiliano
Ci
sono persone che sono pronte a perdere un amico o a rovinarsi una reputazione
pur di non tralasciare una battuta fulminante. Di simili situazioni era già
consapevole l’antichità classica che aveva coniato delle frasi come questa di
Quintiliano che stigmatizzava il propositum potius amicum quam dictum perdendi
(che è appunto quello che dicevamo). Qui, sempre in questa linea, suggerisco
invece un proverbio greco che ho sopra tradotto e che in antico italiano rimato
era stato reso così: «Chi dice quel che non dovria, sente quel che non vorria».
In pratica è una variante del nostro «rendere pan per focaccia» o, come ancora
ironizzavano gli antichi greci, è un «io ti dico aglio e tu mi rispondi
cipolla».
A
proposito di questa realtà, che riguarda le nostre relazioni con gli altri,
vorrei mettere l’accento su un tema, l’autocontrollo. Con la scusa di evitare
complessi, sensi di colpa, condizionamenti esterni e così via, si è introdotto
un tipo di educazione che, a partire dal bambino, cerca di lasciare libero sfogo
alle reazioni primarie. Certo, è giusto evitare ipocrisie e formalismi
eccessivi, ma è anche vero che dal cuore e dalla mente dell’uomo escono anche
pulsioni oscure, istinti brutali, parole armate, pensieri aggressivi.
Soppesare
il discorso e le azioni diventa, quindi, una scelta di sapienza, un esercizio
che è bene espresso dal Salmista: «Veglierò sulla mia condotta per non peccare
con la mia lingua, porrò un freno alla mia bocca» (Salmo 39,2). Altrimenti, una
volta fuggita dalle labbra, quella parola offensiva inizierà il suo cammino che
non sarà certo inoffensivo, anche per chi l’ha detta.
G. Ravasi,
Breviario laico, Mondadori
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