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di Daniele Novara*
Fra la penna elettronica e quella su carta quest’ultima ha il
vantaggio di poter incidere su un vero materiale fisico sviluppando così, in
modo più completo, le tante connessioni neurocerebrali in gioco. Molte ricerche
mettono in luce il pericolo di voler a tutti i costi passare dalla penna alla
tastiera, come a suo tempo si fece dal pennino alla penna. Non è per nulla la
stessa cosa, ricorda Daniele Novara. Di certo, l’uso della penna facilita
l’apprendimento soprattutto per i suoi tempi dilatati che costringono a
selezionare i concetti più importanti e, di conseguenza, assimilarli
meglio. Già, forse è proprio questa resistenza al dominio della velocità che
non piace ai venditori di prodotti elettronici e agli ossessionati
della Dad
Mentre la scuola si accinge alla digitalizzazione della didattica,
penso sia importante mettere qualche paletto per evitare che la moda prevalga a
prescindere da ogni consapevolezza scientifica, pedagogica e
psicoevolutiva. Il punto più importante della questione è che ogni
cosa ha il suo tempo e quello che vale per un ragazzo di quindici anni non
può valere per un bambino né di un anno, né di tre, né di cinque, né di sei, né
di sette, né di otto.
L’infanzia è una fase della vita molto particolare dove la
sensorialità, l’esperienzialità, la motricità, il movimento e la socialità devono
prevalere su tutto e su tutti. Dare,
viceversa, la precedenza assoluta al mondo virtuale appare una scelta
estremamente incauta.
Fra la penna elettronica e la penna su carta quest’ultima ha il
vantaggio di poter incidere su un vero materiale fisico sviluppando così, in
modo più completo, le tante connessioni neurocerebrali in gioco. Molte ricerche mettono in luce il pericolo di voler a tutti
i costi passare dalla penna alla tastiera, come a suo tempo si fece dal pennino
alla penna. Non è la stessa cosa. Già nel 2007, una ricerca pubblicata da
Connelly – psicologo della Oxford Brookes University – e altri sul British
Journal of Educational Psychology dimostrava che i temi scritti a mano dai
bambini delle Scuole Primarie erano migliori rispetto a quelli scritti con una
tastiera. Addirittura, dallo stesso studio emerse che i temi scritti al
computer sembravano fatti da soggetti il cui sviluppo era indietro di due anni
(un bambino di terza scriveva quindi come un bambino di prima). Nel 2011, lo
studio di Sandra Sulzenbruck e altri analizzò il rischio che l’utilizzo
continuo della tastiera per la produzione di testi possa contribuire in modo
significativo alla perdita delle capacità di scrittura a mano. I vari studi
condotti dalla neuroscienziata norvegese Audrey Van de Meer, dimostrano
l’importanza dell’aspetto sensomotorio della penna sulla carta.
La penna consente connessioni neurocerebrali articolate e
raffinate assolutamente improponibili e imparagonabili col puro e semplice
battito del dito su una tastiera. Il movimento della mano
che traccia lettere e parole, implica, nel bambino che sta incominciando a
leggere e a scrivere, il riconoscimento di linee, curve, spazi, creando,
dal punto di vista cognitivo, una connessione visivo-motoria.
La scrittura manuale “costringe” in qualche modo a direzionare il
movimento della mano a seconda della lettera che si deve scrivere.
Più avanti, lo scrivere in corsivo richiederà necessariamente di
saper collegare le lettere tra loro. La tastiera non richiede un simile sforzo:
basta picchiare su tasti tutti uguali e le parole vengono da sé. L’uso
della penna, inoltre, facilita l’apprendimento anche per i suoi tempi
“dilatati” che costringono il cervello a selezionare i concetti più
importanti e, di conseguenza, assimilarli meglio.
I rischi della scrittura su tastiera sono chiari: soprattutto nei
bambini piccoli, viene impedito il corretto sviluppo di alcuni meccanismi
cognitivi fondamentali.
Sono noti i ritardi che l’uso della televisione, dei videoschermi,
dei videogiochi e della tastiera provocano nei processi di lettoscrittura.
Occorre ricordarli per evitare, fra anni, di ritrovarci con un aumento
drammatico di disgrafie, disortografie se non, addirittura, ritardi nella vera
e propria capacità di leggere e scrivere.
Genitori e insegnanti non possono permettere che siano date
informazioni non solo sbagliate, ma decisamente in malafede. A volte sono gli
stessi venditori di questi prodotti che finiscono per
promuovere convegni specifici sul passaggio dalla penna alla tastiera.
Le ricerche scientifiche lasciano poco spazio ai dubbi e quindi i bambini vanno, ancora una volta, tutelati nel loro
mondo e nel loro pensiero che è pratico, operativo, concreto e sensoriale. Solo
in questo modo potranno crescere e raggiungere le altre fasi della vita.
*Daniele Novara, pedagogista e direttore CPP
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