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di Giuseppe Savagnone
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La rievocazione dei fantasmi del passato
La notizia che alcuni giovani ventenni della Milano bene avevano
organizzato un gruppo sovversivo, «Avanguardia Rivoluzionaria», coltivando il
progetto di un nuovo ordine mondiale, potrebbe sembrare un residuo
anacronistico del passato, degno, al massimo di un sorriso. Ammesso che si
possa sorridere di una iniziativa di matrice nazi-fascista, ispirata ai gruppi
suprematisti americani, nel cui programma figuravano esplicitamente la
discriminazione razziale e l’uso della violenza. Significativa al riguardo la
scelta di usare quali nomi di battaglia quello di fanatici terroristi come
Anders Breikvik, responsabile dell’eccidio di Utoya, in Norvegia, nel luglio
2011. E, nel loro piccolo, anche i membri di «Avanguardia Rivoluzionaria»
stavano progettando un’aggressione a un musulmano nero. Insomma, la rivocazione
di fantasmi del passato per fortuna isolata, che sembrerebbe meglio dimenticare.
Un grande vuoto
E invece no. Al di là del carattere velleitario e marginale di questa
squallida vicenda, vale la pena di riflettere su ciò che essa lascia
intravedere. In primo luogo, un grande vuoto il cui significato non è
soprattutto politico, ma esistenziale. Abbiamo costruito una società in cui ai
giovani non è rimasto nulla in cui credere. Meno che mai una prospettiva, un
sogno per il futuro. Insieme alle ideologie, sono morte anche le idee e le
speranze di un mondo diverso.
Che quelli del gruppo «Avanguardia Rivoluzionaria» abbiano centrato la loro
fede e la loro speranza su una visione distorta non solo dal punto di vista
politico, ma anche da quello etico, non deve far perdere di vista il contesto
in cui la loro scelta è maturata, che è quello di un deserto intellettuale e
spirituale, dove non solo i partiti tradizionali, ma anche i movimenti sorti
per contestarli – esemplare il caso dei 5stelle – e, più a monte, le
istituzioni che in passato avevano avuto un ruolo fondamentale per l’educazione
delle nuove generazioni, come la Chiesa, sembrano aver perso la loro
credibilità.
A essere ormai anacronistico è il concetto stesso di “fede”. Oggi la
maggior parte dei giovani non crede più nella politica, come del resto neppure
nella religione. Perlomeno, non al punto da investire in questi ambiti le
proprie energie e le proprie speranze. Questo già prima della pandemia, quando
tutto l’impegno dei nostri governanti era rivolto al rispetto dei parametri
stabiliti dall’Europa per la nostra economia. Il problema del Pil aveva già
allora polarizzato su di sé tutta l’attenzione del mondo politico. Già allora
non si parlava più di costruire un mondo diverso, migliore. Quelli che hanno
per un momento dato l’impressione di volerlo fare – i grillini – hanno subito
rivelato la loro inconsistenza a livello culturale e ideale, anche prima di
andare al potere. E quando ci sono andati, i fatti hanno confermato le peggiori
previsioni.
Ai giovani non è rimasto che sperare in un “posto”. Il Covid, peraltro, ha
messo in discussione anche questo. E ora che il Recovery Fund offre una nuova
opportunità di ripresa, lo fa pur sempre in termini di Pil, restando
rigorosamente all’interno di un quadro dove di valori e di rinnovamento
radicale della nostra società nessuno parla.
La perdita di credibilità della Chiesa
Anche la Chiesa sembra sempre più in difficoltà con le nuove generazioni.
Le parrocchie continuano a sperimentare la fuga dei più piccoli, dopo la prima
comunione, né sembrano in grado di esercitare un’attrazione sugli adolescenti e
sui giovani. Anche i gruppi e i movimenti – che, dopo il Concilio, avevano
avuto un ruolo fondamentale nel compensare la crisi della pastorale giovanile
parrocchiale – sembrano aver perduto una parte del loro smalto e della loro
incisività. E nell’immaginario collettivo lo scandalo della pedofilia dei
presbiteri continua a pesare come una pregiudiziale difficile da superare.
Come effetto, ma anche e soprattutto come causa di questa caduta di
tensione, c’è il dato di un progressivo deterioramento dello slancio missionario
delle comunità ecclesiali. Molti presbiteri appaiono oggi stanchi e demotivati.
I laici sono ancora marginali e molti di loro sono tentati da un clericalismo
che in fondo fa comodo, perché esonera dalle responsabilità. Perfino la figura
di papa Francesco, che all’inizio sembrava dove imprimere a tutta la vita
ecclesiale un nuovo dinamismo, non è riuscita a riscattare la comunità
cristiana nel suo insieme da questo grigiore.
Il tradimento degli adulti
Il risultato è che alla maggior parte dei giovani non arriva alcun
messaggio spirituale e intellettuale credibile neppure da parte della Chiesa.
Fin da piccolissimi, crescono nella logica del consumismo, dominati dai
meccanismi di massa della pubblicità, dal mito dei capi d’abbigliamento firmati
e dei cellulari ultima versione, dagli slogan e dalle parole d’ordine delle mode
dominanti. Il solo futuro che sembra riguardarli è quello della loro
sistemazione professionale e del loro appagamento affettivo, sempre più
sganciato, peraltro, dall’idea tradizionale di famiglia fondata su un legame
matrimoniale vincolante per il futuro. Il presente – un presente che riguarda
l’individuo e il suo “privato allargato” – domina incontrastato.
I genitori si prodigano nell’offrire ai loro figli tutte le condizioni per
il benessere materiale, ma non si rendono conto di averli traditi nella misura
in cui non riescono più a educarli a cercare un senso per la propria vita. E
anche quei pochi che cercano di offrire una logica alternativa, si vedono
sommersi e scavalcati dalla piena inesorabile dei messaggi in senso contrario
che provengono dai mezzi di comunicazione.
Nel vuoto cresce la violenza
C’è anche una seconda riflessione che viene suggerita dal pur minimo
episodio di Milano. In questo vuoto hanno maggiori possibilità di affermazione
prospettive violente e reazionarie. La rabbia, il risentimento, sono sempre
stati fattori importanti per i movimenti politici di estrema destra e hanno
conferito loro una carica in un certo senso “rivoluzionaria”. Si individuano
nella democrazia, nei diritti delle minoranze, nella stessa esistenza dei
“diversi”, le ragioni del proprio disagio e si vuole reagire rimettendo tutto
in discussione.
Non si accetta l’esistente. Ma in realtà quella su cui si punta è una
parodia del futuro, perché consiste nel tornare indietro, alla logica della
chiusura verso l’altro e della emarginazione dei più deboli.
Offrire ai giovani prospettive di autentica novità
Non basta, però, deprecare, bisogna ritornare a offrire ai giovani
prospettive ideali che possano rispondere alla loro originaria e ineliminabile
ansia di novità, per impedire che ristagni o che imbocchi direzioni perverse.
Di questo, in un momento che viene indicato come una svolta fondamentale per il
nostro Paese, nessuno parla.
E invece è fondamentale che lo si faccia. Diceva Peguy che la rivoluzione o
sarà morale o non sarà. Possiamo parafrasare questa affermazione dicendo che
non ci sarà una vera ripresa dell’Italia se non avrà una valenza etica e
spirituale. Se non sarà in grado, perciò, di coinvolgere i giovani non solo
nella crescita del Pil, ma di un ordine diverso, più umano, dei rapporti umani
e sociali.
Molti obiettano che non è il momento di pensare alle grandi prospettive e
che già è difficile gestire le urgenze immediate. Lo si diceva anche prima del
Covid e del Recovery Fund. A quanto pare, non è mai il momento delle svolte
valoriali, della giustizia, della rifondazione della società… In realtà,
proprio in questa ripartenza si tratta di decidere con quali parametri farlo.
E, soprattutto, di aprire ai nostri giovani nuovi orizzonti di speranza. Se
vogliamo evitare che restino mutilati della dimensione che da sempre è quella
più caratteristica delle nuove generazioni, quella del futuro, o che siano
indotti a capovolgerla nella rabbiosa rivendicazione del passato.
*Pastorale
Cultura Diocesi Palermo
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