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La nostra provenienza non può essere mai cancellata, che nessuno può dare forma alla propria vita senza passare dall’incontro con l’altro. |
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Il
loro contenuto ideologico implicito è che ogni autentica formazione debba
essere innanzitutto una auto-formazione: nessuna provenienza, nessuna
dipendenza, nessun debito simbolico. Piuttosto, si tratta di farsi da se stessi
il proprio nome. Il principio liberista del self made man si fonda così con
quello anarcoide di una libertà senza vincoli. Ma l’illusione
dell’auto-formazione agli occhi della psicoanalisi risulta essere sempre al suo
fondo perversa, perché afferma una autonomia del soggetto che vorrebbe
prescindere completamente da ogni legame. Diversamente, ogni processo di
formazione si snoda passando necessariamente dalla mediazione dell’altro. È una
tesi ribadita da Lacan: per potere fare a meno della dipendenza dall’altra
bisogna riconoscerla e saperne fare un uso positivo. Ogni formazione è, in
questo senso, sempre una etero-formazione. L’esperienza della Scuola,
nonostante la sua tendenza contemporanea alla tecnologizzazione e alla
digitalizzazione, conferma l’evidenza di questa verità: non esiste didattica
senza rapporto del soggetto con l’altro. Ma quale altro? Un maestro-educatore
che avanza la pretesa di conoscere il bene o la giusta via per i suoi allievi?
Un maestro-padrone, proprietario di un sapere oggettivo e codificato una volta
per tutte? In questo caso il maestro (educatore o padrone), nella sua
esemplarità idealizzata o nel suo esercizio di padronanza, prolungherebbe
fatalmente una dipendenza che consegnerebbe l’allievo a una condizione di
minorità cronica. Ma l’incontro necessario con la persona e il sapere del
maestro non implica affatto la sua idealizzazione. Il maestro non è tenuto
affatto a incarnare un sapere senza mancanza, compatto, esemplare appunto, ma a
offrirsi esso stesso proprio nella sua mancanza, testimoniando in prima persona
che non si può mai sapere tutto il sapere. Al contrario, i maestri che si
pongono come esemplari diventano invece, come accade fatalmente anche per i
genitori che compiono lo stesso errore coi loro figli, degli incubi atroci per i
loro allievi.
È
ciò che mi ha raccontato una volta un professore liceale, insegnante di fisica,
che aveva individuato la nascita della sua passione per gli studi scientifici
dall’impressione che gli avevano lasciato le lezioni del suo vecchio professore
di fisica, talmente immerso nelle sue spiegazioni alla lavagna da uscire ogni
volta dall’aula ricoperto di gesso bianco. Ma di cosa faceva segno quella
polvere di gesso che residuava sulla giacca del vecchio professore? Non certo
di un sapere anonimo e oggettivamente compiuto, quanto piuttosto di una
materializzazione del desiderio singolare del maestro stesso, della sua più
profonda vocazione. Quando il giovane professore si accorse che accadeva lo
stesso ogni volta che terminava le sue lezioni, comprese che in quella polvere
di gesso c’era tutto ciò che aveva ereditato dal suo maestro. Ecco un semplice
esempio di come avviene la trasmissione del desiderio di sapere da una
generazione all’altra. Ecco un esempio di cosa dovrebbe essere la vita della
scuola. Più che la trasmissione di un sapere consolidato, in gioco è un resto
che diviene la traccia indelebile del desiderio vivo di sapere proprio del
maestro: la polvere di gesso che prima era sulla giacca del vecchio professore
si ritrova adesso su quella del suo allievo.
Si
tratta di un esempio luminoso del movimento più proprio dell’ereditare. Ogni
vera eredità è, infatti, costituita di quasi niente. Non di beni, geni,
proprietà o rendite. Non si eredita, infatti, proprio niente se non l’atto
stesso che ci costituisce come eredi.
L’ironia benevola che il vecchio professore provocava nei suoi studenti quando usciva dall’aula imbiancato dalla polvere del gesso è la stessa che il giovane professore provoca adesso al termine delle sue lezioni. Qualcosa si ripete in una differenza. È questo lo scarto e il resto che qualificano ogni eredità e che, come tale, ci ricordano che la nostra provenienza non può essere mai cancellata, che nessuno può dare forma alla propria vita senza passare dall’incontro con l’altro, che nessuno può pretendere di farsi un nome da se stesso.
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