Il cammino insegna l’umiltà del confronto con chi è diverso da te.
La guerra nasce
spesso dall’incomprensione.
Riuscire
a parlare col nemico è l’educazione sentimentale che il Nazareno propose
Da
Milano a Roma, in un viaggio povero, lento e condiviso, lungo la Via
Francigena, per raggiungere piazza San Pietro e consegnare una lettera al Papa.
È il Cammino della Pace che ha visto protagonisti i ragazzi delle scuole Penny
Wirton, una rete di 65 associazioni i cui docenti volontari insegnano
gratuitamente italiano ai migranti. Eraldo Affinati, scrittore e fondatore nel
2008 con la moglie Anna Luce Lenzi della prima Penny Wirton romana, racconta
ogni settimana una tappa di questo cammino.
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di ERALDO AFFINATI
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Torniamo
su a riprendere gli zaini. Nello sgabuzzino incrocio Fatima, anziana marocchina
impegnata a rifare le stanze: sembra uscita da una medina di Fez o Marrakech,
parla a stento l’italiano, quando le dico che porta il nome di una delle figlie
del profeta, scopre con un sorriso rugginoso i suoi denti guasti. È
un’apparizione magica in questo scenario di cristianesimo antico, nel giorno in
cui si apre il conclave. Forse lei custodisce nel cuore, a sua insaputa, una
speranza di riconciliazione fra universi contrapposti e talvolta recalcitranti,
incarnando l’Islam col quale il poverello d’Assisi cercò un rapporto non
effimero, ancora oggi vivo e pulsante negli occhi dei nostri studenti arabi, al
tempo stesso indisciplinati e ribelli, difficili da contenere nella dimensione
didattica, eppure stretti l’uno all’altro da un patto di fratellanza quasi
ancestrale attraverso cui l’educatore consapevole può trovare un varco
d’accesso. T alvolta, quando sono di fronte a loro, difficili da
contenere, penso a Charles de Foucauld, ucciso nell’eremo di Tamanrasset da un
giovane predone impaurito. Secondo la biografia di Michel Carrouges, l’omicida
si chiamava Sermi Ag Thora, aveva quindici anni: “Rimasto solo, vicino al
padre, Sermi perde la testa. Pensa che il prigioniero voglia scappare. Gli tira
un colpo a bruciapelo. Il proiettile entra dall’orecchio destro ed esce
dall’occhio sinistro. Con un colpo solo il padre cade, come fulminato. Il suo
corpo, legato, si affloscia lentamente. Il proiettile si è conficcato nel muro
della torre, a sinistra dell’entrata del fortino.” La guerra nasce
spesso dall’incomprensione, dall’incredulità, dall’equivoco, dal
fraintendimento.
Parlare
con il nemico
Riuscire
a parlare col nemico, pronti a varcare gli steccati delle nostre certezze
difensive, lasciandosi trafiggere dal punto di vista altrui, è l’educazione
sentimentale che il Nazareno propose ai suoi discepoli dal primo momento in cui
li vide, sulle sponde del lago Tiberiade, fin quasi sul Golgota, rinunciando di
fronte a loro ad ogni possibilità di salvezza ultraterrena. Ecco perché
mettersi alla sua sequela, scrisse Dietrich Bonhoeffer, significa accettare il
limite che la realtà ci impone: “Il cristiano deve rimanere nel mondo. Non a
causa della bontà che Dio ha conferito al mondo, neppure perché sia
responsabile delle vicende del mondo, ma a causa del corpo di Cristo, che si è
fatto uomo, della comunità.”
All’ora
di pranzo abbiamo il treno regionale per Lido di Camaiore con cambio a Vezzano
Ligure dove contiamo di arrivare in poche ore: lì ci aspetta il marito di
Primetta, responsabile della Penny Wirton di Massarosa, non distante da Lucca,
dove sono in programma diversi incontri. Il primo avviene alla Casa del
Pellegrino di Valpromaro, famosa organizzazione parrocchiale di accoglienza per
i viandanti diretti a Roma. Mirco Lazzari, uno dei che prestano servizio
in questa sede, ci racconta le storie delle tante persone negli anni passate da
qui: dal signore olandese che aveva smarrito la strada al tedesco afflitto dal
morbo di Parkinson fino all’esploratrice più anziana, Emma Morosini di
Castiglione delle Stiviere, deceduta a 96 anni dopo l’ultimo pellegrinaggio a
Czêstochowa. Chi cammina scopre gli ingranaggi del suo motore interiore,
mostrando dove trova alimento. Armando, pensionato impegnato a tener viva
questa impresa, quando gli chiedo di spiegarmi la propria motivazione al
volontariato, mi regala, con scelta sorprendente, una terzina dantesca: “Or tu
chi se’, che vuo’ sedere a scranna, / per giudicar di lungi mille miglia / con
la veduta corta d’una spanna?” (Canto XIX del Paradiso). Come dire che sulla
via Francigena cadono a terra tutti i pregiudizi: il cammino ti insegna
l’umiltà del confronto con chi è diverso da te.
Parole
di fratellanza
Al
centro civico di Massarosa e poi nell’auditorium della scuola media ci vengono
incontro ragazzi nigeriani, senegalesi, albanesi, magrebini: ognuno si presenta
con la sua parola di fratellanza, frutto spesso deturpato da esperienze
traumatiche perché molti di questi adolescenti hanno ancora le cicatrici delle
ferite ricevute, eppure sembrano averle superate, lanciati come sono verso un
futuro a loro stessi ignoto. Ecco Anastasia, liceale figlia di genitori
polacchi, che, come tante sue coetanee, svolge le ore dei Pcto (Percorsi per le
competenze trasversali e l’orientamento) insegnando la nostra lingua ai
minorenni non accompagnati. Le chiedo cosa provi nel farlo. Risponde dicendo
che è come se parlasse a una piccola se stessa perché anche lei, pur nata in
Toscana, essendo di madre lingua straniera, ha dovuto faticare per sentirsi
uguale alle altre. Ascoltandola raccontare la sua esperienza didattica, come
non ripensare a Don Lorenzo Milani? “D’ogni libro c’era una copia sola. I
ragazzi gli si stringevano sopra. Si faceva fatica a accorgersi che uno era un
po’ più grande e insegnava. Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni.
Il più piccolo dodici e mi riempiva di ammirazione. Decisi fin dal primo giorno
che avrei insegnato anch’io.”
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