A colloquio con lo storico della letteratura che ha curato un’antologia di testi poetici italiani di tutti i tempi: «Il futuro della didattica non si gioca su programmazioni burocratiche e onniscienti ma sul ritorno a una trasmissione del sapere relazionale capace di coinvolgere umanamente»
Per chi ha amato la poesia a scuola e, magari a distanza di
anni, avesse voglia di riscoprire i versi dei grandi poeti della tradizione
lirica italiana, l’ultimo libro di Luca Serianni rappresenta un’occasione
preziosa: Il verso giusto. 100 poesie italiane (Laterza,
pagine 450, euro 25). L’autore, professore emerito di Storia della lingua
italiana alla Sapienza e accademico dei Lincei e della Crusca, ha allestito
un’antologia della poesia italiana, dal Duecento ai giorni nostri, raccogliendo
e commentando un centinaio di testi esemplari: da Giacomo da Lentini a Dante e
Petrarca, da Ariosto e Tasso a Manzoni e Leopardi, da Montale a Caproni. Un
percorso attraverso autori noti e meno noti, che mette in luce il grande valore
del nostro canone poetico. Ogni testo è adeguatamente introdotto e sobriamente
annotato. Un libro, questo di Serianni, che per la competenza e l’autorevolezza
del suo autore assurge a modello di come andrebbero presentati e commentati i
testi letterari.
Professor Serianni, a quali criteri ha improntato la sua
selezione?
Valore, rappresentatività e gusto personale, avendo come
lettori ideali studenti, insegnanti, ma anche tutte quelle persone, magari non
più giovanissime, desiderose di riprendere in mano opere studiate sui banchi di
scuola.
Il gusto personale dunque non è da demonizzare...
In uno studio scientifico può essere la molla iniziale di una
ricerca, che poi però deve essere condotta all’insegna di metodologie
oggettive. Ma nell’insegnamento direi che si tratta di una componente fondamentale
affinché si crei un efficace circuito comunicativo dal docente al discente.
Questo vale anche a scuola?
Soprattutto a scuola, dove oggi mi sembra
che prevalga una pericolosa tendenza alla standardizzazione e
all’omologazione dei percorsi didattici. Credo invece che gli
interessi e la personalità del singolo docente
vadano valorizzati. Non si può certo 'saltare' Manzoni, ma
l’itinerario per arrivarci può essere diverso. È assolutamente
doveroso
che la famiglia che manda i figli a scuola sappia che nella
seconda A o nella seconda B il figlio o la figlia avrà un trattamento di alto
livello; però non lo stesso trattamen- to, perché è giusto che ogni
professore dia ai propri alunni l’impronta della sua formazione e, perché no,
anche dei suoi gusti culturali.
Come giudica i manuali di letteratura oggi in uso nelle
nostre scuole?
Le antologie scolastiche degli ultimi decenni sono spesso
opere di alta qualità: dirette o patrocinate da studiosi di grande levatura,
offrono un approfondimento che forse rischia di andare oltre le concrete
possibilità di apprendimento scolastico: da qui l’accusa di essere
mastodontiche, eccessive. Ma i primi destinatari di questi libri sono i
docenti, che è giusto abbiano la possibilità di operare delle scelte tra i
materiali offerti. Se il libro di testo fosse troppo smilzo, si rischierebbe di
limitare eccessivamente la libertà dei docenti.
Il popolo italiano è sostanzialmente un popolo di non
lettori. Può essere che una delle ragioni sia un modo sbagliato di
trasmettere il sapere letterario proprio nella scuola?
Non addosserei all’istituzione scolastica, o non
principalmente a essa, tale responsabilità. Contano molto le condizioni di
partenza: in tante case italiane purtroppo non ci sono libri. Gli
insegnanti, però, debbono fare una scommessa: credere nella materia che
insegnano e nella possibilità di stimolare l’interesse dei ragazzi. Questo vale
per ogni disciplina, compresa la matematica: molti dicono che quest’ultima è
una materia 'arida', ma non è affatto così. Quanto alla letteratura, è ancora
più semplice che l’interesse dei giovani possa essere sollecitato, in virtù del
suo evidente contenuto umano e del piacere estetico che un testo può
trasmettere.
Cosa dovrebbero fare i docenti?
Partire dai testi, mettendoli al centro delle lezioni. La
vita di uno scrittore conta fino a un certo punto: può essere utile conoscere
alcuni dati biografici di un autore per contestualizzarne l’opera. Ma serve
davvero sapere quante furono le amanti di Foscolo? Spero che nessun professore
oggi pretenda più, come accadeva un tempo, che i suoi studenti sappiano
rispondere a domande di questo tipo.
A causa della pandemia buona parte dell’insegnamento si
svolge a distanza. Cosa consiglia ai docenti alle prese con questa nuova
modalità? Qual è l’elemento che non deve comunque venire meno?
Non si può rinunciare al rapporto personale dell’insegnante
con ogni singolo studente. Questo è ciò che va preservato, a maggior ragione
nell’insegnamento da remoto. Purtroppo non ci si può guardare negli occhi, ma
ogni studente deve sapere di essere considerato dal suo professore con
l’attenzione che merita. Senza un rapporto interpersonale diretto, vero,
autentico, al di là delle modalità tecniche attraverso cui viene condotta la
lezione, non può avvenire una reale trasmissione di sapere.
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