giovedì 28 settembre 2017

A SCUOLA IN “UNIFORME” o .... COME CIASCUNO VUOLE?

Il look giusto per la scuola insegna a vestirsi nella vita

La questione di come ci si presenta in classe è sempre la stessa e le regole ancor più necessarie. Lo dimostrano le direttive che la quasi totalità dei dirigenti scolastici ha imposto agli studenti. Bisognerebbe spiegare ai ragazzi che ciò che viene tollerato tra i banchi potrebbe essere considerato del tutto inadeguato, per esempio, in un contesto di alternanza scuola-lavoro.
di Nicoletta Martinelli

       Siamo rimasti uno dei pochi Paesi occidentali a non avere disposizioni nazionali su cosa è consentito indossare a scuola e cosa no. E non perché non se ne senta la mancanza o perché il problema sia emerso di recente. Sono passati quasi trent’anni – era il 1989 – da quando Sergio Mattarella, allora ministro dell’Istruzione, fu formalmente interpellato dal deputato radicale Ilona Staller sul caso di una studentessa di Vigevano richiamata dalla preside perché si era presentata in classe con un look azzardato. Non paga, la preside aveva anche proceduto a vietare formalmente alle allieve di indossare la minigonna durante le ore scolastiche. Da qui l’ira di Cicciolina. «Se è innegabile il diritto dei giovani a indossare modelli di abbigliamento diffusamente proposti dalla moda corrente e ormai naturalmente accettati, è altrettanto innegabile – rispondeva Mattarella – che le stesse famiglie, tranne rare eccezioni, si aspettano che nella scuola la naturale esuberanza dei giovani sia contenuta a livelli compatibili con un ambiente ove si esercita istituzionalmente una funzione educativo-didattica». Quindi – era la conclusione dell’odierno presidente della Repubblica – il provvedimento della preside «non può essere ritenuto sconveniente o suscettibile di censura».                  Trent’anni dopo la questione è sempre la stessa e le regole ancor più necessarie. Lo dimostrano le direttive che la quasi totalità dei dirigenti scolastici ha imposto, chi prima, chi dopo, agli studenti. 
                 L’ultima risale a pochi giorni fa ed è entrata in vigore (tra le solite polemiche ormai trite) a Rimini, all’istituto tecnico industriale Belluzzi-Da Vinci, dove il dirigente scolastico Fabiana Fortunati ha vietato di indossare pantaloni corti, jeans strappati e magliette con i buchi, canottiere, cappellini e sandali infradito ....


Nessun commento:

Posta un commento