venerdì 3 febbraio 2017

EDUCAZIONE, CITTADINANZA, GENDER


Educare non al gender, 
ma alla cittadinanza

        La scuola italiana, afflitta da mancanza di risorse e di continuità didattica, necessita di tutto tranne che di battaglie culturali a suon di ideologie. Il comma 16 della legge 107 (la 'buona scuola') aveva scatenato molte polemiche.
       Il testo, in cui si assicurava «l’attuazione dei princìpi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni» in base alla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne, era stato interpretato come un via libera alle 'teorie del gender' che, estremizzate, affermano il primato della scelta culturale sul sesso biologico. Una circolare dell’allora ministra Giannini nel 2015 aveva chiarito che «tra i diritti e i doveri e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né 'ideologie gender' né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo».
       Precisazione che però non era bastata a tacitare i dubbi di tante famiglie, messe in allarme dalla diffusione nelle classi italiane di progetti più o meno validi sul tema, a volte senza il consenso dei genitori.       Si discutono ora alla Camera ben 11 proposte di legge su cui si è raggiunto un testo base provvisorio, su temi e con titoli molto vari: educazione alla parità di genere, alle differenze di genere, socio-affettiva, sentimentale... Si parla dunque di educazione, uno dei compiti fondamentali della scuola, che non può limitarsi a istruire. Ma dove finisce il dovere dello Stato? Qual è il ruolo della famiglia? E soprattutto, si 'insegnano' le emozioni? Le proposte affrontano la violenza contro le donne, il bullismo, l’uso di parole ed espressioni odiose (in inglese hate speech). 
     Il motivo è legittimo: cresce oggi una nuova coscienza dei diritti delle donne, accanto a uno sguardo con meno pregiudizi su differenze e omosessualità. Sentiamo il bisogno di uomini più gentili accanto a donne più sicure, di far crescere ragazzi consapevoli e capaci di dominare le emozioni negative esprimendo quelle positive, di rispettarsi reciprocamente, di non escludere o schernire chi non è eterosessuale. Una legge che pretenda di affrontare tutto questo sarebbe - e forse è - inutile. Ma ogni tornante culturale di una società, come quello che vede oggi la necessità di riaffermare la parità dei sessi e di non giudicare gli omosessuali, ha bisogno dei suoi simboli. 
      E le leggi hanno una funzione di pedagogia culturale anche quando ribadiscono compiti e obiettivi che si dovrebbero raggiungere attraverso un’alleanza educativa di tutti e un forte senso del ruolo della scuola nel difendere la dignità umana. Una proposta come quella in discussione, di conseguenza, non deve spaventare ma neanche illudere. Può far dire a molti, non a torto, che il Parlamento avrebbe cose più importanti da fare, e creare diffidenza in chi vi legge il cavallo di Troia per progetti culturali indebiti. Per un passo avanti, dunque, servono alcune condizioni. Il mondo degli ......






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