giovedì 2 febbraio 2017

EDUCAZIONE SCIENTIFICA. . COME?

Recuperare il potenziale educativo dell’insegnamento delle scienze.

     Una Cenerentola si aggira nel panorama didattico della scuola italiana. Come la talentuosa fanciulla della fiaba di Perrault resterà tale se non arriva un principe azzurro a scoprirla e impalmarla. Si tratta di un insegnamento, più specificamente di una disciplina, che ha meriti non commensurabili nel miglioramento del benessere dell’umanità, ma è confinata a ruolo di Cenerentola, sottovalutata, quasi emarginata, comunque non riconosciuta per le straordinarie potenzialità che racchiude. 
       Come appare evidente, infatti, mentre la qualità dell’insegnamento in lingua e matematica ha fatto e può ancora fare notevoli miglioramenti, in particolare nel 1° ciclo della scuola italiana, lo stesso non può dirsi per l’insegnamento delle scienze, che resta un insegnamento,appunto, e non si qualifica in educazione scientifica.
      I docenti di lingua e matematica, infatti, possono ottenere eccellenti risultati di apprendimento dai propri alunni, sol che lo vogliano adottando i metodi della moderna didattica e sono sempre più numerosi quelli che lo fanno.
     Ma nell’insegnamento delle scienzequesto per lo più non accade, per una serie di ragione che miterebbero una disamina ben approfondita.
       Se pensiamo alle condizioni di vita degli uomini nel mondo contemporaneo e a come esse sono migliorate in modo spettacolare dal 1600 a oggi non possiamo che riferirci al fatto che dall’inizio di quel secolo l’umanità ha ricevuto il dono di avere a disposizione un nuovo strumento, potente e estremamente generativo, che ha consentito di moltiplicare vertiginosamente i suoi poteri sulla natura fisica e biologica e di conseguenza di incrementare le risorse per il proprio benessere.
     Questo strumento fu riconosciuto nella sua decisiva valenza già dal filosofo inglese Francis Bacon, che infatti lo teorizzò e divulgò definendolo novum organum.
     Comprese, infatti, e ne rese consapevole il mondo colto, che era accaduto qualcosa di straordinario, di nuovo,cioè di mai visto prima, una specie di mutazione genetica nell’uomo, che prefigurava nuovi e imprevedibili cambiamenti per l’avvenire: l’umanità disponeva di un nuovo organo,non anatomico beninteso, ma mentale, un dono ricevuto da quel moderno mitico Prometeo che è Galileo Galilei, e si chiama METODO  SCIENTIFICO.
      Anche se Bacone si riferiva a Leonardo da Vinci, non considerando l’interazione indispensabile tra esperimento e matematica, con il metodo adottato da Galileo lo studio e la conoscenza del mondo fisico e biologico si è liberata del dogmatismo paralizzante del passato introducendo azioni di ricerca, sperimentazione, elaborazione e interpretazione dei dati, verifiche per corroborare o falsificare le ipotesi, imboccando così la strada del miglioramento permanente della conoscenza del mondo fisico e naturale.
      Questo nuovo organo, ma a questo punto è meglio dire questa nuova facoltà,si conquista mediante l’educazione alle scienze sperimentali.
     È a questo evento che bisogna tornare e a tale metodo che bisogna ispirarsi quando si progetta l’insegnamento delle scienze a scuola. Privilegiando il metodo rispetto ai contenuti bisogna imporsi di introdurre pratiche didattiche di osservazione, di scoperta, mediante sperimentazioni basate su ipotesi, raccolta dati, misurazioni, interpretazioni critiche, confronto con le esperienze degli altri e riconoscendone le eventuali ragioni, 
riconoscendo la distinzione tra quello che è certo da quello che è probabile, fino a condurre l’alunno ad abbozzare ragionamenti ipotetico-deduttivi (come ci insegna Popper, superando l’impostazione teorica di Bacone).
   Perché ciò sia possibile è necessario rinnegare un insegnamento delle scienze di tipo prevalentemente, talvolta esclusivamente, trasmissivo (la lezione ex cathedra), perché ciò è la negazione dell’educazione scientifica, cioè la negazione della natura intrinseca di quella parte della cultura costituita dalle scienze sperimentali. Introducendo, al suo posto, una didattica laboratoriale (anche nei compiti per casa, perché no), per la quale necessita  ripensare fondamentalmente spazi appropriati e tempi meno sacrificati per realizzarla efficacemente.

      L’AIMC,Associazione Italiana Maestri Cattolici di Ragusa, propone a tale scopo la costituzione di gruppi di docenti di diverse Istituzioni scolastiche che, con l’approccio dell’autoformazione tra pari (peer education) ma anche supportati da sollecitazioni da parte di esperti, curino la propria formazione professionale mediante il riconoscimento di questa Cenerentola che è l’EDUCAZIONE SCIENTIFICA non più solo insegnamento.

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