mercoledì 1 febbraio 2017

IMPORTANZA DELL'ARTE PER LE GIOVANI GENERAZIONI

UN MINORE SU TRE MAI HA VISITATO
 UNA MOSTRA O UN MUSEO

di Giusi Andolina

In Italia, secondo i dati contenuti nell’Atlante dell’infanzia di Save the Children, 2 minori su 3 di età compresa tra i 6 e i 17 anni, non hanno visitato una mostra o museo, un sito archeologico, non sono andati a concerti o a teatro, non hanno letto un libro, durante l’ultimo anno.
Eppure, il nostro è il Paese della cultura e della bellezza per eccellenza. Che, più di ogni altro, potrebbe puntare sull’arte come risorsa per affrontare questa povertà educativa, culturale e sociale. Una povertà educativa che porta spesso all’apatia, alla perdita di valori e di significato nella vita dei nostri ragazzi.
Questi dati fanno riflettere e dimostrano che in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, c’è una situazione che penalizza i ragazzi delle aree svantaggiate.
Ma perché, in concreto, l’arte è così importante per lo sviluppo emotivo, cognitivo e comportamentale di bambini e ragazzi?
I programmi educativi tradizionali sono prevalentemente incentrati sulle “risposte corrette” e sulle “regole”, mentre attraverso l’arte ci si allena ad esprimere le proprie opinioni e i propri giudizi. L’arte sviluppa il senso critico, permettendo fin da bambini di elaborare una prospettiva multipla che influenza il modo di osservare e interpretare la realtà attraverso il coinvolgimento dell’individuo in un processo del “come” e del “perché”. Inoltre, la fruizione artistica sviluppa il libero giudizio, favorendo l’autonomia, intesa come l’indipendenza emotiva dal giudizio degli altri.
Attraverso l’arte si possono sviluppare altre due abilità indispensabili per migliorare la qualità della vita di bambini e ragazzi, ovvero il pensiero creativo e la capacità di problem solving. L’arte, infatti, aiuta a comprendere che i problemi possono avere più di una soluzione e che le soluzioni raramente sono fisse, ma cambiano in base alle circostanze e alle opportunità.
L’arte educa all’intelligenza emotiva, favorendo l’ascolto di se stessi e degli altri, sviluppando l’empatia. Osservare e sentire un’opera d’arte, è, in un certo senso, sentire noi stessi. Nell’arte ci si sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna, al come ci si sente interiormente mentre si sta facendo quella esperienza. Bambini e ragazzi imparano così ad ascoltare se stessi, le proprie sensazioni e emozioni. E non solo. Attraverso l’ascolto di se stessi imparano ad ascoltare l’altro, ad andare verso l’altro sviluppando un rapporto di empatia.
Nell’incontro con l’altro, la prospettiva dei ragazzi si amplia e si arricchisce e permette loro di aprirsi verso cose che non conoscono o che sono lontane dalla loro sfera abituale. Il linguaggio dell’arte, fatto di tempi e di forme emotive proprie, ha, infatti, la capacità di colmare le lacune di lingue, culture e generi, favorendo così l’integrazione e il superamento delle “diversità”.
Il semplice guardare un’opera d’arte è un impegno che a sua volta diventa esperienza e che entra a far parte integrante della costruzione dell’identità di bambini e ragazzi. L’esperienza dell’arte è, dunque, un processo creativo che favorisce l’attivazione e quindi il cambiamento. Attivazione e cambiamento che possono svilupparsi, ad esempio, verso una maggiore consapevolezza e sensibilità alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico-monumentale delle loro città.

Giova ricordare, in questo senso, quanto detto da Peppino Impastato: «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».



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