IL FRAGILE DOMANI
Le famiglie alla prova
della contemporaneità
CISF Family Report 2025
SINTESI DELLA RICERCA
Il tema del CISF Family
Report 2025 ha come focus il benessere psicologico e relazionale delle persone
e nasce dall’esigenza di chiarire come questo possa essere salvaguardato e
protetto nella dialettica tra famiglie e società.
L’ipotesi di fondo che viene verificata in
questa ricerca è che il benessere generale (salute) e psicorelazionale
(equilibrio, serenità) di ogni individuo dipende dall’interazione dello stesso
(con i suoi punti di forza e debolezze personali) con il contesto familiare e
con quello sociale. Il benessere psicologico, insomma, per dirla con le parole
dello psichiatra Giovanni Migliarese, che firma il capitolo 4 del Report,
deriva strettamente “da un ecosistema, da una rete estremamente interconnessa
che integra ambiti differenti, appartenenti a dimensioni quali soggettività,
socialità/relazionalità, ambiente di vita (politiche, servizi a supporto,
ubiquitarietà della tecnologia e del digitale), bisogni (economici, abitativi,
di protezione, di senso). È evidente che in questa rete di connessione la
famiglia è un ambito centrale da considerare: rappresenta uno dei principali
determinanti sociali della salute mentale, potendosi porre alternativamente sia
come fattore favorente il benessere che come fattore di rischio”. •
Il campione
Questa ricerca – svolta per conto del Cisf
dalla società Eumetra - si è avvalsa di un campione di 1.600 soggetti: 43% con
figli conviventi, di cui 11% monogenitori;
32,1% famiglie composte da un solo componente; 20,6% coppie senza figli 4,3% altri nuclei
(famiglie estese, multigenerazionali, con membri aggiunti…) *Nell’11,5% delle famiglie qui considerate è
inoltre presente una persona con disabilità (più di una famiglia su dieci, un
dato decisamente rilevante se si pensa alle funzioni di caregiving delle
famiglie).
*È stata poi
interpellata, all’interno di queste tipologie familiari, una percentuale pari
all’11,3%, di “giovani adulti nella famiglia di origine”: si tratta di
rispondenti maggiorenni ancora conviventi coi genitori perché non ancora in una
vita indipendente oppure rientrati a vivere coi genitori. • Status
socio-economico ed “economie della rinuncia” Rispetto allo status
socio-economico, la maggior parte delle famiglie si trova nelle categorie
intermedie (medio-basso,45,6% o medio-alto 40,8%), mentre i picchi estremi sono
più marginali (8,7% per un alto status; 4,8% con basso status socio-economico).
Da notare che il 74,1% dei giovani adulti ancora residenti nella famiglia
d’origine si trovano in una condizione di basso o medio-basso status
socioeconomico.
È allora interessante
notare il tipo di spese che gli intervistati non sono riusciti a sostenere a
fronte delle difficoltà economiche riscontrate, che corrisponde in parte anche
a una “valutazione di priorità” sulla maggiore o minore essenzialità del prodotto
per cui spendere. Spese a cui gli intervistati hanno dovuto rinunciare
nell’ultimo anno Percentuali di colonna
- possibili più risposte (le righe non vanno sommate) Spese per il benessere
personale e il tempo libero (sport, parrucchiere, cinema, etc.) (N: 1.600)
32,5 Spese per la casa (ristrutturazione, acquisto mobili, riparazioni, etc.)
Spese sanitarie 32,4 Vacanze già programmate 18,5 Spese per la gestione dei
veicoli (automobile, moto, etc.) 16,9 Acquisto di beni essenziali (cibo,
vestiti) 16,6 Internet/ Smartphone/Abbonamenti TV/ digitali 10,9 Attività
educative o ricreative per i figli 10,2 Affitto/ mutuo 4,1 2,9 Fonte: CISF
Family Report 2025, cap.1 “Parliamo di cose “normali”: sport, gite, cinema,
corsi”, scrive la sociologa Sara Nanetti, che firma il capitolo 2 del Report.
“In definitiva, i dati
mostrano come le famiglie, pur colpite, continuino a esercitare un ruolo di
filtro e protezione, spesso a costo
della propria salute e del proprio benessere, ma tale condizione di
affaticamento collettivo rischia di passare inosservata, perché è trasversale
rispetto alle configurazioni familiari, non fa scandalo e si distribuisce in
modo capillare. Eppure, laddove ogni famiglia rinuncia in silenzio, la società
smette di interrogarsi, ed è qui che lo sguardo sociologico è chiamato non
tanto a contare i poveri, ma a decostruire il mito della resilienza come virtù
obbligatoria, perché chi si adatta sempre, alla fine si piega, e la vera
povertà familiare non è riducibile alla mancanza di denaro ma comprende la
progressiva erosione delle possibilità di scelta”.
• La mappa della
salute
Un primo dato rilevante
per il benessere delle persone è certamente lo stato di salute. Lo scenario
appare abbastanza problematico per una quota non marginale di popolazione: da
un lato, poco più di un quarto degli intervistati si sente “in buona salute fisica”
(27,7%), e più di un terzo “non ha particolari problemi fisici” (37,1%). Oltre
un terzo della popolazione, d’altro lato (35,2%), segnala almeno un problema,
con differenti gravità, da condizioni meno rilevanti (assunzione di farmaci,
19,9%), fino a patologie croniche (14,3%) o invalidità certificate (4,5%). Il
tema della cura della salute appare quindi molto diffuso. Come prevedibile, la
quota di persone con problemi di salute cresce all’aumentare dell’età dei
soggetti: sotto i 24 anni la percentuale di chi ha problemi è “solo” il 17,9%
(si tratta comunque di un soggetto su cinque), per arrivare a quasi la metà
(47,9%) sopra i 65 anni. • Ansia, stress e richieste di aiuto
Una persona su quattro
dichiara di aver sperimentato “spesso” ansia e stress nell’ultimo anno (24,9%),
e oltre un terzo della popolazione li ha sperimentati con una certa frequenza
(“a volte”, 37,3%). Solo l’8% dichiara di non averli sperimentati mai, sempre
nell’ultimo anno. I motivi che hanno causato ansia e stress sono eterogenei, e
spesso compresenti: dalla salute (il più presente: 45,2%) fino alla solitudine
(22,4%) e alle difficoltà relazionali. In qualche caso si riscontrano rilevanti
differenze di genere (le donne più preoccupate per salute, soldi e relazioni
con i figli, gli uomini per quello che capita al lavoro), in altri non ci sono
particolari distanze (gestione del tempo, solitudine/isolamento, relazione di
coppia).
Fattori di ansia/stress
significativi nell’ultimo anno secondo il sesso dell’intervistato Percentuali
di colonna - possibili più risposte (le righe non vanno sommate) Maschio
Femmina TOTALE Problemi di salute (personali o di un familiare) 42,2 Problemi economici
48,0 45,2 32,4 36,9 Il bisogno di migliorare il benessere psichico è
decisamente sentito: nella globalità del campione, più di 4 persone su 10 hanno
ricercato supporto o avrebbero voluto farlo.
Globalmente, il bisogno di supporto per un generico miglioramento del
benessere psichico interessa quasi il 45% della popolazione (il 55,7% dichiara
di non averne mai avuto bisogno). Di coloro che hanno cercato aiuto, pari al
23,7% del totale, circa i due terzi hanno trovato utile l’intervento specialistico,
evidenziando quindi una percentuale non irrilevante di bisogni insoddisfatti.
“Per quale motivo si è rivolto a un professionista?” Ansia Depressione 38,6
46,9 Stress 36,8 Problemi relazionali o familiari 30,8 Lutti o eventi
traumatici 21,6 Problemi legati alla gestione dei figli 9,9 Dipendenze (alcol,
gioco, sostanze) 5,4 Altro 7,4 .V.A. 1.600
Welfare pubblico
Dalla ricerca CISF
emergono infine non solo i bisogni della popolazione ma anche le risposte
ricevute dal sistema del welfare pubblico. Il numero di persone che si sono
rivolte a specialisti deputati alla gestione delle patologie e della sofferenza
psichica appare importante: più di una persona su 10 infatti si è rivolta a
centri per la salute mentale e circa 5 su 100 ai servizi per le dipendenze. Vi
è una tendenza maggiore a rivolgersi ai servizi nelle fasce più giovani della
popolazione, mentre persone di età superiore ai 55 anni tendono a non
utilizzarli. “Il dato che emerge dalle risposte al questionario descrive una
realtà italiana in cui le famiglie si sono trovate, nel corso dell’ultimo anno,
a fronteggiare frequentemente una condizione di difficoltà emotiva,
caratterizzata prevalentemente da stress e ansia”, sottolinea Giovanni
Migliarese nel suo capitolo. “La difficoltà emotiva appare favorita da fattori
concreti e cogenti quali difficoltà economiche, problemi lavorativi, problemi
di salute personali o dei familiari, il peso di dover gestire un familiare non
autosufficiente, la solitudine, difficoltà nella relazione coi figli o con il
partner. È un quadro che pertanto conferma lo stretto legame tra aspetti
socio-economici e le difficoltà psichiche, e che sottolinea la necessità di una
stretta integrazione tra i servizi sanitari e del welfare sociale, in una
visione di tutela del benessere psichico che deve essere unitaria”.
• Come vedi il futuro?
La lente rovesciata famiglia/mondo Strettamente connesse al tema precedente
sono le aspettative/ previsioni per il futuro, che possono facilmente
pacificare o destabilizzare la condizione di equilibrio e di benessere delle
persone, e che possono cambiare anche in funzione dell’ambito a cui ci si
riferisce (la propria vita personale, la propria famiglia, il contesto sociale,
il futuro globale del mondo…). Oltre la
metà degli intervistati esprime un orientamento decisamente pessimista per il
futuro (peggiorerà sia a livello mondiale che per l’Italia, entrambe attorno al
57% delle risposte). Tuttavia, le previsioni per la propria famiglia si
presentano molto meno sbilanciate: solo il 19,1% prevede che il futuro per la
propria famiglia sarà peggiore, mentre il 56,7% dei casi lo prevede stabile.
“Complessivamente pensi che nel futuro la situazione”: Percentuali di colonna
(∑=100) a livello mondiale Migliorerà 5,9 in Italia per la tua famiglia rimarrà
stabile 7,2 10,9 18,3 23,2 56,7 peggiorerà 57,0 57,2 non so/non ho elementi per
fare una previsione/non credo sia possibile fare una previsione 19,1 18,8 12,4
13,3 V.A.
“I soggetti con alta
istruzione, prestigio professionale e status familiare elevato esprimono le
preoccupazioni più marcate su quasi tutte le dimensioni: crisi economica
(7,73), guerre (7,54), solitudine (6,72)”, scrive Sara Nanetti nel suo
capitolo. “I dati mostrano come le preoccupazioni più intense non si collocano
ai margini della società, ma tra coloro che sono maggiormente integrati, più
responsabilizzati e consapevoli, tra le famiglie con figli e le persone con
reti relazionali solide e con maggiore istruzione. Sono questi soggetti a
percepire con più forza la crisi dei legami, l’inadeguatezza dei servizi, la
fragilità delle istituzioni. Le paure, in questo senso, non sono espressione di
debolezza individuale, ma indicatori indiretti di una coscienza critica e
relazionale del rischio, che merita attenzione. Questo dato sollecita una
riflessione ulteriore sulla natura della vulnerabilità contemporanea, che non
si configura più (solo) come mancanza, ma anche come una sovraesposizione nei
termini di responsabilità e consapevolezza”. • Senza reti: la solitudine come
male universale
La solitudine
è stata identificata come uno dei principali fattori di sofferenza che vede
accrescere la sua portata soprattutto tra i giovani adulti che non hanno
nessuno su cui contare. Vivere soli, mangiare soli, sentirsi soli: ogni atto
quotidiano si trasforma in vettore di vulnerabilità emotiva, amplificata
dall’erosione delle reti sociali primarie. I dati raccolti confermano in modo
inequivocabile che la solitudine non è un’esperienza soggettiva marginale, ma
un dispositivo strutturale di vulnerabilità che condiziona profondamente il
benessere personale. L’indice di isolamento e solitudine, infatti, si correla
negativamente con tutte le dimensioni del benessere esaminate. Tra coloro che
si collocano nella fascia alta dell’indice, solo il 38,7% si è sentito spesso o
sempre allegro, solo il 38,4% ha vissuto esperienze ricorrenti di calma, e solo
il 36,8% si è percepito attivo ed energico. Inoltre, la deprivazione
relazionale impatta anche sul corpo: meno di un terzo degli isolati si sveglia
sentendosi fresco e riposato (31,8%). Benessere soggettivo secondo l’indice di
solitudine/isolamento sociale Percentuali
di colonna sul totale di riferimento – le righe non vanno sommate (chi si sente
“spesso” o “sempre” nella condizione di benessere soggettivo indicata in
riga) Basso isolamento Medio isolamento
Alto Isolamento Allegro/a e di buon
umore 71,9 64,0 TOTALE Calmo/a e rilassato/a 38,7 66,8 63,3 61,7 Attivo/a ed
energico/a 38,4 66,5 61,2 59,4 Vita piena di cose interessanti 36,8 68,9 57,4
58,1 Fresco/a e riposato/a al risveglio 36,2 56,5 50,6 57,5 V.A. 31,8 647 48,9 Fonte: CISF Family Report 2025,
cap.2 607
• Il caregiving e il sentirsi sopraffatti 346 1.600
L’innalzamento dell’età in cui si genera il primo figlio comporta
necessariamente anche un innalzamento dell’età dei futuri nonni, i quali non
riescono più a essere la generazione in grado di aiutare i figli che diventano
genitori, ma richiedono, a loro volta, attenzioni di cura. A fronte di questo, la “generazione sandwich”
è fortemente esposta a criticità e rischi. Nel campione dell’indagine CISF 2025
quasi una famiglia con figli su due (il 42,6%) è interessata anche da compiti
di caregiving nei confronti di familiari non autosufficienti. Rispetto, invece,
all’intero campione, parliamo comunque di una persona su cinque (il 21,7%) che
si trova a sperimentare questa impegnativa situazione. Confrontando la
condizione di fatica tra caregiving dei fragili e compiti genitoriali, emerge
che il primo impegno è decisamente più faticoso, dato che più della metà di
queste persone (53,3%) dichiara di sentirsi sopraffatta con più frequenza dalle
responsabilità di caregiving, mentre non supera il 40% chi sostiene di essere
sopraffatto dalle responsabilità genitoriali.
Livello di stress/sentirsi sopraffatto dai compiti di cura Percentuali
di riga Mai Raramente A volte Spesso V.A. Se ti curi di genitori anziani
fragili (o altri familiari non autosufficienti), quanto spesso ti senti
sopraffatto dalle responsabilità di cura?
24,2 22,4 Quanto spesso ti senti sopraffatto dalle responsabilità
genitoriali? 31,4 30,2 23,1 675 28,9 Fonte: CISF Family Report
• Le fratrie
scompaiono, nelle famiglie entrano i pet
Il figlio unico sta lentamente diventando
prevalente nella struttura familiare, anche monogenitoriale: su un totale di
517 famiglie con figli conviventi (rispetto al totale di 1.600 del campione),
il 58,7% ha un solo figlio, mentre solo il 41,3% ne ha almeno due; prevale il
figlio unico nel Nord-Est, mentre sono presenti più figli nel Sud-Isole. Numero di figli secondo l’area geografica
Percentuali di colonna (∑=100) Nord Ovest Nord Est Famiglie con figlio unico
59,6 Centro 67,1 59,4 Sud e Isole TOTALE Famiglie con fratelli 53,3 40,4 32,9
40,6 58,7 V.A. 46,7 140 89 41,3 110 Fonte: CISF Family Report 2025, cap.3 178
517 “Questa trasformazione quantitativa porta con sé una serie di implicazioni
qualitative, relazionali ed educative”, scrive la psicologa Anna Bertoni, che
firma il capitolo 3 del Report.
“In una famiglia a figlio
unico, le dinamiche della socializzazione primaria si condensano in una diade
intensa, spesso asimmetrica, dove il figlio concentra su di sé aspettative,
risorse, paure e investimenti affettivi da parte dei genitori e non solo. La
fratria – quando presente – agisce invece come spazio di negoziazione
orizzontale, luogo simbolico di alterità interna alla famiglia, prima palestra
del conflitto, dell’alleanza e della mediazione”.
Nel nostro campione,
inoltre, il 59,8% delle famiglie dichiara di avere almeno un animale domestico,
con percentuali ancora più alte tra le coppie con figli (71%) e nuclei
monogenitoriali (74,9%). La tendenza crescente all’assimilazione degli animali
domestici, percepiti come membri della famiglia e spesso paragonati ai bambini,
ci parla di una “domanda di legame” che non è semplicemente scelta di consumo o
di compagnia, ma un vero e proprio bisogno relazionale. Bisogno che può trovare
una deriva nel fenomeno del “dog parenting”, che quasi sta ridefinendo il
paradigma di famiglia. Con questa espressione si intendono tutti quei
comportamenti in cui il padrone attribuisce al cane un ruolo di “figlio”, non
solo sul piano affettivo, ma anche simbolico e sociale: “I pets vengono così antropomorfizzati e
trattati quasi come figli”, sottolinea Anna Bertoni, “ma, a differenza dei
figli, non pongono il tema dell’educazione e dell’etica, non contestano i
genitori e quindi consentono all’adulto di rimanere in un ruolo molto comodo,
ma scambiato, in modo miope, con quello genitoriale. I dog parents verranno
amati per sempre dal loro animale, che non li metterà mai in discussione, come
può fare un figlio nel processo di crescita”.
• I legami che contano
Nel complesso, emergono
almeno tre attività che rivestono un ruolo centrale nella vita affettiva e
simbolica delle famiglie: dialoghi sinceri e discorsi seri (votazioni con una
media dell’8,09), condivisione dei pasti (media 7,59) e vacanze condivise (media
7,37). Queste pratiche si configurano come rituali relazionali, in cui si
intrecciano narrazione identitaria, scambio intergenerazionale e progettualità
condivisa. “Quanto sono significative per te le seguenti attività per
trascorrere tempo di qualità insieme ai tuoi familiari?” (punteggi medi; min:
0; max: 10 – N: 930) Videogiochi/ console Lavori domestici/ cura della casa
Shopping insieme Aiuto nello studio/ Lettura insieme Guardare film o serie TV
insieme Attività ricreative (es. giochi, hobby, musica) 3,50 6,27 Vacanze
insieme Condivisione di pasti Dialogo/ conversazioni sincere/ discorsi seri
6,28 5,79 6,35 6,78 7,37 7,59 8,09 0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00
9,00 Fonte: CISF Family Report 2025, cap.2 Ma quali sono specificatamente gli
ambiti della vita dei figli che generano maggiori timori nei genitori? Come si
evince dai risultati del Report, oltre alla gestione dei soldi (29,3%) e
all’uso delle tecnologie (21,7%), tra le maggiori difficoltà i rispondenti
hanno identificato le relazioni conflittuali con i figli (25,9%), le
compagnie/amicizie degli stessi (18,1%) e l’isolamento sociale dei figli
(14,9%).
Queste preoccupazioni
interessano prevalentemente le coppie con figli conviventi, e investono le
madri più dei padri. Elementi di maggiore difficoltà nelle responsabilità
genitoriali (valori percentuali – possibili più risposte - N: 888) Problemi
sull’identità di genere (alcol, gioco d’azzardo, sostanze stupefacenti)
Dipendenza/ abuso di sostanze Episodi di autolesionismo Comportamenti
trasgressivi Situazioni di bullismo/ cyberbullismo Altro Isolamento sociale dei
figli Rendimento scolastico dei figli (il figlio/ i figli) Compagnie/ amicizie
dei figli (internet, social network, videogiochi) 2,5 2,8 3,2 6 7,7 11,3
Modalità di uso delle tecnologie Relazioni conflittuali con i figli Gestione
dei soldi Fonte: CISF Family Report 2025, cap.6 0 5 10 15 14,9 15,6 18,1 20
21,7 25 25,9 29,3 30 35
La genitorialità
“I dati del Report delineano con chiarezza un
modello di genitorialità fragile, frammentata, e carica di solitudine,
soprattutto nelle fasi iniziali della vita del bambino e nelle famiglie più
escluse socialmente”, scrive la pedagogista Valeria Rossini nel capitolo 6 del
Report. “L’impressione è che il peso della cura e della responsabilità
educativa venga spesso vissuto in una condizione di ritiro, senza reti stabili
di sostegno, né orizzonti chiari di condivisione con le istituzioni scolastiche
o sociali. D’altra parte, questa solitudine educativa dovrebbe essere letta non
tanto come un segno di disaffezione dei genitori, quanto come un indicatore
della debolezza del tessuto comunitario: dove manca un sistema relazionale a
supporto della genitorialità, il carico soggettivo cresce e, con esso, le
difficolta economiche, le tensioni relazionali e l’insicurezza pedagogica”.
• Smartphone e sfide
educative per le famiglie
Nelle famiglie italiane
emergono conflitti relativi all’uso del cellulare: si tratta di un fenomeno
presente nel 27,1% dei casi. Se poi restringiamo il campione dei rispondenti a
chi ha almeno un figlio minorenne, il conflitto diventa una condizione presente,
con diverse sfumature di frequenza, nella maggioranza delle famiglie: il 55,4%.
Occorre però problematizzare la sola lettura generazionale al conflitto per il
dispositivo: i dati CISF 2025 rilevano che il problema non riguarda soltanto i
bambini e i giovani, ma piuttosto anche gli adulti, come il coniuge/compagno
nel 30,5%, il rispondente stesso nel 19,5%, il genitore nel 13,8%, il
fratello/sorella nell’11,6% e un altro membro della famiglia nel 2%. Di fronte
ai ripetuti allarmi lanciati dal mondo adulto rispetto allo smartphone, ci si è
dunque chiesti se si sono messe in campo delle forme di contrattazione
pedagogica rispetto all’uso del dispositivo.
La percezione del conflitto rispetto al
cellulare, incrociata con l’attivazione di regole in famiglia, ha permesso di
costruire quattro tipologie di stile genitoriale rispetto alla “governance
dello smartphone”: • Domatori (36,7%): genitori che provano a tenere sotto
controllo il consumo mediale, ma in una situazione spesso di tensione. •
Disarmati (24,4%): genitori che rilevano il conflitto, ma non provano a
intervenire attraverso la contrattazione o le regole. • Accompagnatori (15,7%):
sono le situazioni in cui non si registra una percezione di conflitto, mentre
ci sono regole d’uso; • Liberi battitori (23,2%): i genitori che non rilevano
problemi e non ritengono di porre regole d’uso. “Il forte controllo non si
traduce in intervento educativo se rimane una strategia di delega con cui il
genitore che si riconosce incapace di educare prova a fare in modo che un
filtro o delle regole lo facciano al suo posto”, scrive il pedagogista Stefano
Pasta nel capitolo 5 del Report. “È il rischio che corrono alcuni – non tutti –
“domatori”. Idealmente, quando la famiglia è fortemente educativa, non ha
bisogno di controllare ma piuttosto di “accompagnare”, un atteggiamento
educativo che indica la strada, fornisce dei suggerimenti, ma non si
sostituisce al figlio, e sa assumersi il rischio di lasciare che poi questo si
sperimenti. Non è il permissivismo di chi lascia che il figlio faccia qualsiasi
esperienza, ma piuttosto orienta e, prima di lasciare provare, fornisce dei
criteri e agisce mediazione attiva”. Mentre il Report CISF registra una sorta
di “normalizzazione” dell’uso del digitale, la percezione dell’IA (elaborata
attraverso l’AI Homing Index) rimane più confinata e non sempre ordinaria. Tra
gli indicatori, l’eccezione è data dall’uso di ChatGPT, che cresce sensibilmente
(+15,3%), fino a riguardare quasi i due terzi delle famiglie (58,4%) con almeno
un minore. Si presuppone che questo consumo riguardi la quotidianità
informativa delle vite dei ragazzi, ma anche l’utilizzo con implicazioni
scolastiche.
CONCLUSIONI
“Il fragile domani” non è
solo questione personale o individuale, ma riguarda la qualità di vita, la
coesione sociale e il benessere dell’intera collettività. Proponiamo qui in
sede conclusiva, senza pretese di sistematicità, una prima lista di possibili
risposte alla generica domanda “Che fare?”.
Dal punto di vista
dell’individuo, “l’indagine conferma che in questa
contemporaneità non mancano certo elementi di complessità e criticità, di
fronte ai quali i progetti di vita, i desideri e i bisogni delle persone non
sono affatto scontati né lineari. Ciò peraltro costringe ciascuno a fare i
conti con la responsabilità di rimodulare le proprie scelte e i propri progetti
di vita in termini propositivi, mettendo in gioco i propri talenti, ma anche
andando alla ricerca di risorse esterne senza farsi bloccare da un eventuale
inciampo. Certo, i problemi non se li augura nessuno; ma nessuna difficoltà,
nemmeno la più complessa, può diventare obiezione alla reazione, o peggio alibi
per la resa”, scrive Francesco Belletti, direttore CISF. Dal punto di vista
delle relazioni familiari, “non si può dimenticare che le famiglie vivono oggi
nel contesto culturale della società post-familiare, che sempre meno ne
valorizza il ruolo sociale e istituzionale. Dalle relazioni familiari è quindi
legittimo aspettarsi protezione, promozione, libertà e appartenenza (e ciò è
responsabilità diretta di ciascuna famiglia), ma questo non può più essere dato
per scontato, e implica un gigantesco compito sociale, sia educativo verso le
famiglie che di accompagnamento e sostegno nelle diverse fasi e passaggi
critici della vita familiare, senza dimenticare la disponibilità di un supporto
professionale vero e proprio”, prosegue Belletti.
Dal punto di vista della
società, “le reti comunitarie sono certamente fattori
protettivi e promozionali del benessere, ma questo esige un doppio movimento,
da parte delle persone e da parte del contesto esterno, di riconoscimento
reciproco e di assunzione di responsabilità. Per questo sarà interessante
verificare se i Centri per la famiglia previsti su tutto il territorio
nazionale dall’ultimo Piano nazionale per la famiglia saranno in grado di
promuovere nuove relazioni di cittadinanza attiva, più che offrire nuovi
servizi professionali”. Dal punto di vista del contesto e delle policies,
avverte il direttore del CISF, “nelle società occidentali ci si aspetta che il
benessere delle persone non sia solo un bene privato, a carico delle singole
persone, ma sia “anche” parte del bene comune.
Tra i diversi “compiti operativi” per l’intervento pubblico, oggi
necessari, si possono citare ad esempio lo sviluppo dei servizi consultoriali,
il rafforzamento dei servizi psichiatrici, la promozione di spazi relazionali
per famiglie e giovani. Serve però anche una condivisione complessiva di valori
e stili operativi, per far sì che l’intervento pubblico generi in modo virtuoso
il bene obiettivo. Nella società contemporanea nemmeno l’intervento pubblico
più consolidato può illudersi di “risolvere” da solo, ma deve agire – con il
massimo possibile di qualità e di risorse – all’interno di un più ampio
processo societario, in cui tutti gli attori generino un “valore aggiunto” di
benessere per ogni persona e di bene comune per tutti”.