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mercoledì 3 marzo 2021

LA MALDICENZA E' COME UN FILO


 L'EQUILIBRIO 

NON ESISTE PROPRIO

 - Riccardo Maccioni

A volte la differenza tra il parlare bene e la maldicenza è sottile come un filo invisibile. Per passare dalla parte sbagliata della riva basta un aggettivo infelice, una virgola, un silenzio che sa di condanna. Succede se la bontà resta senza allenamento, quando, da equilibristi quali siamo un po’ tutti, ci si sporge troppo sul bordo del pericolo con il rischio, presto o tardi, di finirci dentro. Gli esperti dell’animo umano e delle sue distorsioni sono chiari: più della caduta la colpa sta nell’esporsi alla possibilità di scivolare, quella che comunemente chiamiamo tentazione. Il desiderio di apparire migliori di come siamo, la brama di salire ancora un po’ nella scala del potere, la 'necessità' di tarpare le ali a chi volerebbe più in alto di noi. E il 'parlare bene', nel senso di trovare vocaboli forbiti e immagini affascinanti, non è affatto un antidoto, anzi spesso apre le porte al 'parlare male' che vuol dire denigrare, insultare, calunniare. Costruire delle storie così verosimili da sembrare vere, accusare l’altro dei comportamenti sbagliati che teniamo noi, chiamare  male il bene e viceversa. L’indugiare nella maldicenza, nel chiacchiericcio cattivo, tante volte insomma è un vulnus colto, di persone intelligenti, capaci di costruire un ordito maligno, una ragnatela in grado di soffocare anche i migliori, se non sono altrettanto scaltri.

Il pensiero va al grande Barcellona, 'più di un club calcistico', come recita il suo motto, il cui ex presidente Josep Maria Bartomeu, ieri è stato arrestato insieme all’attuale direttore generale, al capo dell’ufficio legale e all’ex responsabile del personale. L’accusa, ma vale per tutti la presunzione d’innocenza, è pesante: si sarebbero avvalsi di una società esterna per diffondere sui social commenti negativi nei confronti dei giocatori, e non solo, contrari alla linea della dirigenza. Tra di loro Piqué e lo stesso Messi, proprio il grande Messi. Non potendolo colpire sotto il profilo tecnico si sarebbe puntato a svilire il suo attaccamento alla maglia, l’unico patrimonio che non sfuma, in quanto sentimentale e non commerciabile, di una società sportiva.

L’effetto, come si ricorderà dal clima velenoso dei mesi scorsi, è stato devastante: crollo di credibilità del club, diminuzione del valore economico degli atleti, sconcerto, rabbia, nel migliore dei casi distacco da parte dei tifosi. Se infatti ogni colpa del singolo ha anche ricadute su chi gli vive accanto e lo frequenta, quello del parlare male è per così dire un peccato particolarmente sociale. Basta pensare ai muri di sospetto e incomunicabilità che dividono tante famiglie o alle spaccature interne a comunità religiose malate di carrierismo. Il Papa ne parla spesso, l’ultima volta domenica all’Angelus, e usando parole forti, fortissime.

Il pettegolezzo uccide, ha sottolineato in più di un’occasione, paragonando la lingua a una spada affilata, intrisa di veleno. La prevenzione allora è nel fare un passo indietro, nel rifiuto a dialogare con il male, nel silenzio, nel digiuno suggerito per questa Quaresima: dalla maldicenza, dal pettegolezzo. Dall’esporsi all’uso di parole anche apparentemente buone, per fare, consapevoli o no, il male. Perché la colpa non è cadere ma camminare sul filo, da equilibristi precari quali siamo, senza rete di protezione. Prima o dopo si scivola giù.

 www.avvenire.it

 

domenica 6 settembre 2020

LA "PEDAGOGIA DEL RECUPERO"


“ …. Per correggere il fratello che ha sbagliato, Gesù suggerisce una pedagogia del recupero. E sempre la pedagogia di Gesù è pedagogia di recupero; Lui sempre cerca di recuperare, di salvare. E questa pedagogia di recupero è articolata in tre passaggi. In primo luogo dice: «Ammoniscilo fra te e lui solo» (v. 15), cioè non mettere in piazza il suo peccato. Si tratta di andare dal fratello con discrezione, non per giudicarlo ma per aiutarlo a rendersi conto di quello che ha fatto. Quante volte noi abbiamo avuto questa esperienza: qualcuno viene e ci dice: “Ma, senti, tu in questo hai sbagliato. Tu dovresti cambiare un po’ in questo”. Forse all’inizio ci arrabbiamo, ma poi ringraziamo, perché un gesto di fratellanza, di comunione, di aiuto, di recupero.
E non è facile mettere in pratica questo insegnamento di Gesù, per diverse ragioni. C’è il timore che il fratello o la sorella reagisca male; a volte manca la confidenza sufficiente con lui o con lei… E altri motivi. Ma tutte le volte che noi abbiamo fatto questo, abbiamo sentito che era proprio la strada del Signore.
Tuttavia, può avvenire che, malgrado le mie buone intenzioni, il primo intervento fallisca. In questo caso è bene non desistere e dire: “Ma si arrangi, me ne lavo le mani”. No, questo non è cristiano. Non desistere, ma ricorrere all’appoggio di qualche altro fratello o sorella. 
Gesù dice: «Se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni» (v. 16). Questo è un precetto della legge mosaica (cfr Dt 19,15). Sebbene possa sembrare contro l’accusato, in realtà serviva a tutelarlo da falsi accusatori. Ma Gesù va oltre: i due testimoni sono richiesti non per accusare e giudicare, ma per aiutare. “Ma mettiamoci d’accordo, tu ed io, andiamo a parlare a questo, a questa che sta sbagliando, che sta facendo una figuraccia. Ma andiamo da fratelli a parlargli”. Questo è l’atteggiamento del recupero che Gesù vuole da noi. Gesù infatti mette in conto che possa fallire anche questo approccio – il secondo approccio - con i testimoni, diversamente dalla legge mosaica, per la quale la testimonianza di due o tre era sufficiente per la condanna.
In effetti, anche l’amore di due o tre fratelli può essere insufficiente, perché quello o quella sono testardi. In questo caso – aggiunge Gesù –, «dillo alla comunità» (v. 17), cioè alla Chiesa. In alcune situazioni tutta la comunità viene coinvolta. Ci sono cose che non possono lasciare indifferenti gli altri fratelli: occorre un amore più grande per recuperare il fratello. Ma a volte anche questo può non bastare. E dice Gesù: «E se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano» (ibid.). Questa espressione, in apparenza così sprezzante, in realtà invita a rimettere il fratello nelle mani di Dio: solo il Padre potrà mostrare un amore più grande di quello di tutti i fratelli messi insieme. Questo insegnamento di Gesù ci aiuta tanto, perché - pensiamo ad un esempio - quando noi vediamo uno sbaglio, un difetto, una scivolata, in quel fratello o quella sorella, di solito la prima cosa che facciamo è andare a raccontarlo agli altri, a chiacchierare. E le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa. 
Il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare. Il chiacchiericcio è una pesta più brutta del Covid!
Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere. È l’amore di Gesù, che ha accolto pubblicani e pagani, scandalizzando i benpensanti dell’epoca. Non si tratta perciò di una condanna senza appello, ma del riconoscimento che a volte i nostri tentativi umani possono fallire, e che solo il trovarsi davanti a Dio può mettere il fratello di fronte alla propria coscienza e alla responsabilità dei suoi atti. Se la cosa non va, silenzio e preghiera per il fratello e per la sorella che sbagliano, ma mai il chiacchiericcio…. “









mercoledì 30 gennaio 2019

IL PETTEGOLEZZO E LA CALUNNIA, mali da estirpare

IL PETTEGOLEZZO, 
TRA MALIZIA E SUPERFICIALITA’
La nuova opera di don Leoluca Pasqua [1]

Ne uccide più la lingua che la spada!” (Sir 8,18). Maldicenza e pettegolezzo vengono da lontano. Purtroppo, fanno parte dell’agire umano, condizionando negativamente le persone e la società. Sono tarli che, più o meno lentamente, provocano gravi danni e finanche annientano la persona e  distruggono le istituzioni e le comunità.
Papa Francesco ha molto a cuore il problema. Sin dall’inizio del suo servizio apostolico sovente ha condannato chi parla male degli altri. Egli non tollera il perfido “venticello” della calunnia. «Se parli male del fratello, uccidi il fratello. Ogni volta che lo facciamo, imitiamo il gesto di Caino, il primo omicida della storia» ha detto. Ancora: «Non ci sono chiacchiere innocenti. Quando usiamo la lingua per parlare male del fratello o della sorella, la usiamo per uccidere Dio. Meglio mordersi la lingua. Ci farà bene: la lingua si gonfia e non si può parlare, così non si possono fare chiacchiere». 
L’Autore del libro, padre Leoluca Pasqua, ha curato numerose e pregevoli pubblicazioni su attuali tematiche spirituali e sociali. Anche quest’ultima opera, di facile e piacevole lettura, è frutto delle sue riflessioni e delle esperienze vissute nelle comunità in cui ha prestato servizio.
Egli scandaglia le cause e le dinamiche del pettegolezzo e le dannose conseguenze che esso provoca nella persona e nella società. Non si ferma a esaminare gli aspetti negativi ma, con sapienza e saggezza pastorale, esalta la virtù della prudenza e favorisce la comprensione dei rimedi, nonché delle strategie virtuose (pazienza, sdrammatizzazione, bene-dizione) per vincere questo dannoso modo di pensare e agire.
L’ultima parte dell’opera presenta brani scelti tratti dagli insegnamenti di santi e dello stesso papa Francesco.
Di fronte al calunnioso e talora rissoso spettegolare dei nostri tempi, di fronte al martellante ping-pong e alle continue esternazioni dei mille personaggi che invadono i mezzi di comunicazione che disorientano il nostro pensare ed agire quotidiano e guastano le relazioni umane, di fronte all’autoreferente, strumentale,  arrogante, malvagio o superficiale uso di maldicenze e fake-news, l’Autore lamenta la crisi della parola:  siamo vittime di turbolente tempeste di parole prive di parola. C’è un mitragliar di chiacchiere, urlate o accuratamente e maliziosamente sparse sottovoce come malefica zizzania, dette a sproposito, che provocano frastuono, malumori, disinformazione, litigiosità, confusione e divisione.
E’ una crisi dovuta principalmente alla mancanza di silenzio e di riflessione. “E’ nel silenzio il luogo in cui la parola acquista tutta la sua potenza e diventa capace di essere vera, piena, precisa e significativa”, scrive l’Autore. Egli ci invita a vedere ed apprezzare/esaltare il bene che c’è nell’altro, a potenziare in noi e nell’ambiente ove operiamo le virtù del silenzio riflessivo, del discernimento, del parlar pensoso e responsabile, della caritatevole e saggia correzione fraterna, del ben-volere piuttosto che del mal-volere. L’educazione al bene-dire/volere inizia nella famiglia, si rafforza nella scuola e nelle istituzioni, si fa virtuoso esercizio quotidiano per divenire stile del vivere personale e sociale.
E’ una chiamata al coraggioso personale e comunitario impegno volto a sconfiggere - come scrive don Leoluca Pasqua - “questa vera e propria piaga sociale che ha bisogno di essere risanata per avviare nuovi percorsi comunicativi, dove il parlare non diventi uno sparlare o la curiosità di intromettersi nella vita dell’altro o il prurito di comunicare a tutti i costi qualche notizia, possa lasciare spazio alla riservatezza e, perché no, al silenzio caritatevole”.
La lettura dell’opera può essere una preziosa occasione di riflessione e maturazione per ogni persona e per ogni comunità.
Giovanni Perrone  [2]


[1]  Leoluca Pasqua (nato nel 1967), dopo aver conseguito la laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università di Udine, ha studiato Teologia alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia. Sacerdote della Diocesi di Palermo, già esorcista e parroco, attualmente è padre spirituale nel Seminario Arcivescovile di Palermo e Vicario Episcopale. Tra le sue pubblicazioni: L’inganno della magia. Come liberarsi dai falsi profeti (2007), La preghiera che libera. Ostacoli, deviazioni e tendenze magiche nella preghiera cristiana (2007); Lottare per vivere. Il combattimento spirituale (2008); Dal Rancore al perdono (2015); Fatta per amore. La correzione fraterna (2016). Diverse opere sono state tradotte in varie lingue.

[2]  Segretario generale UMEC-WUCT, Unione Mondiale Insegnanti Cattolici