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di Walter Ricciardi
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La
scorsa settimana i Centers for Disease Controls (Cdc) degli
Stati Uniti d’America hanno diffuso internamente un documento sullo stato della
pandemia che non ha avuto tutta l’attenzione che meritava. La prima
rilevazione, la più nota, riguarda la contagiosità della variante Delta, oggi
largamente dominante, che risulta più trasmissibile dei virus che causano Mers,
Sars, Ebola, il comune raffreddore e l’influenza stagionale e paragonabile al
virus che causa la varicella. Non è una buona notizia. La carica virale di
Delta risulta fino a mille volte superiore rispetto al virus di Wuhan il che
significa che la presenza di un soggetto infetto all’interno di un ambiente
chiuso in prossimità di un soggetto suscettibile, cioè non protetto dalla
vaccinazione, equivale a trasmissione certa. Questa considerazione apre scenari
inquietanti per la riapertura delle scuole, ed è per questo che i Cdc ora
raccomandano, oltre che la vaccinazione in tutti i soggetti al di sopra dei 12
anni, anche l’uso delle mascherine per tutti i bambini al di sopra dei due
anni.
La
seconda considerazione riguarda la possibilità che le persone immunizzate
possano trasmettere l’infezione alle persone non vaccinate. Questa viene
considerata una possibilità non trascurabile, ed è per questo che anche i
soggetti vaccinati devono indossare le mascherine in ambienti chiusi e quando
non sia possibile garantire la distanza di sicurezza. «Data la maggiore
contagiosità e l’attuale copertura vaccinale, l’uso universale delle mascherine
è essenziale per ridurre la trasmissione della variante Delta», afferma il
documento. I dati presentati confermano l’esistenza di un rischio maggiore di
ricovero e morte per i gruppi di età più avanzata rispetto a quelli più
giovani, indipendentemente dallo stato di vaccinazione. I Cdc sottolineano
comunque che si deve «continuare a evidenziare la comprovata efficacia dei
vaccini nel prevenire malattie gravi e morte, pur riconoscendo che le infezioni
più lievi potrebbero non essere così rare e che gli individui vaccinati stanno
trasmettendo il virus». «Sebbene sia raro, riteniamo che a livello individuale
le persone vaccinate possano diffondere il virus, motivo per cui abbiamo
aggiornato la nostra raccomandazione» Il documento chiarisce infatti che la
vaccinazione fornisce una protezione sostanziale contro il virus, ma afferma
anche che bisogna migliorare le comunicazioni sul rischio individuale tra i
vaccinati perché quel rischio dipende da una serie di fattori, tra cui l’età e
la presenza di un sistema immunitario compromesso, i quali potrebbero
necessitare di una dose aggiuntiva. In effetti, Israele e la Gran Bretagna,
Paesi che erano partiti per primi con una campagna di vaccinazione di massa e
che hanno negli ultimi mesi registrato un enorme aumento dei casi hanno già
attivato il processo per la somministrazione di una terza dose ai soggetti più
anziani.
Quali
sono le implicazioni di questo importante documento per il nostro Paese? Innanzitutto,
bisogna accelerare ed estendere la campagna di vaccinazione, solo così potremo
limitare il numero di infezioni e il conseguente carico di ospedalizzazione e
decessi. L’adozione diffusa del Green pass ha, sotto questo punto di vista, due
obiettivi principali: il primo è quello di garantire ai soggetti vaccinati, che
anche in Italia sono oggi la maggioranza, libertà di movimento in condizioni di
sicurezza e quindi anche di svolgere tutte le attività sociali e produttive che
tengono a galla l’economia del Paese. Il secondo è quello di dare una
"spinta gentile" a coloro che esitano a vaccinarsi, non perché siano
ideologicamente contrari ai vaccini (questi non sono più del 3%), ma perché
scarsamente informati e/o motivati.
L'altra
priorità è la scuola, che va riaperta in sicurezza, ma che per questo necessita
di attenzioni che vanno oltre i semplici auspici. I percorsi verso e dalla
scuola vanno resi sicuri con il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblici e
con l’accesso reso possibile solo con il Green pass e, oltre alle mascherine,
alla distanza di sicurezza e all’igiene delle mani e degli ambienti va
monitorata e ventilata l’aria con appositi strumenti tecnologici: non è
possibile né sufficiente farlo solo con l’apertura delle finestre, soprattutto
nella stagione fredda.
I
Cdc chiudono il loro documento con una frase precisa e allarmante: con la
variante Delta è «cambiata la guerra». Fortunatamente i vaccini ci proteggono
ancora da malattia grave e morte, ma la protezione contro l’infezione si è
attenuata e se non agiremo in modo più deciso e coordinato a livello
internazionale, vaccinando tutta la popolazione mondiale, prima o poi emergerà
un’ulteriore variante che ci costringerà a ripartire da capo.
L’anno
scorso, di questi tempi, sostenevo che la guerra contro la pandemia era appena
cominciata e se l’avessimo paragonata alla Seconda guerra mondiale ci saremmo
trovati nel 1941 e non nel 1945. Quello che però ci differenzia rispetto alla
dinamica di una guerra mondiale è che un conflitto distruttivo tutti desiderano
che finisca quanto prima possibile, adoperandosi al meglio degli strumenti
disponibili per concluderlo e limitare i danni. Questa pandemia rappresenta
invece un inedito rispetto a tutta la storia umana precedente: pur avendo gli
strumenti tecnologici e organizzativi per porvi fine vi è una considerevole
fetta di popolazione che, più o meno consapevolmente, sta adoperandosi per
prolungarla, con tutto il carico di sofferenze e morte che questo prolungamento
comporta. La variante Delta sta mettendo alla prova la nostra razionalità e
capacità decisionale, ci induce a non ripetere gli stessi errori già fatti
l’anno scorso, ci impone di prendere decisioni rapide e responsabili. Sono
certo che, almeno nel nostro Paese, lo faremo.
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