Tokyo 2020. Più diversi, più uniti, più vincenti.
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- di Alberto Caprotti, inviato a Tokyo
Trentotto medaglie. Più di Los Angeles, più di Roma. Era un altro mondo quello del 1932, ma era un’altra Italia anche quella del 1960. Piuttosto è questa del 2021 la nazione che nella sua diversità è molto simile a quella che dovrebbe essere, ai Giochi ma anche fuori. Perché ora è più veloce e più azzurra questa Italia che vince, mischiata e scattante, capace di far accadere cose che non puoi nemmeno immaginare.
L’atletica italiana poi è fantascienza pura, bianca e nera,
un’alchimia fresca e naturale con i suoi cinque ori tutti insieme,
nell’edizione più partecipata della storia ma anche la più sudata, chiusa e
indecifrabile. La marcia che si prende tutto, lo sprint sottratto al resto del
mondo, il salto mai così alto, la 4x100 addirittura, in un crescendo da
stropicciarsi gli occhi. Difficile dire quanto abbia inciso sul boom azzurro il
Covid, che comunque da noi ha picchiato più duro che altrove. Difficile
valutare se è la pandemia che a livello mondiale ha mescolato il mazzo e
distribuito carte nuove, oppure se davvero come sembra c’è una rinascita forte
dello sport che negli ultimi anni ci ha regalato solo briciole, e spesso
neppure quelle.
Resta il fatto che al di là delle medaglie, sono tanti gli azzurri che
hanno superato i loro primati, personali e di squadra. E questo annulla i
confronti con il resto del mondo che corre e salta e restituisce allo sport
italiano meriti oltre qualunque considerazione. Solo una vale comunque: che
intercultura e meticciato pagano, aggiungono e non tolgono, regalano traguardi
mai visti prima. Mischiati siamo più forti, l’Italia si "stringe a
coorte" allargandosi, lo sport è l’esempio e la strada.
Così, come chi le ha vissute 61 anni fa sa esattamente cosa stesse
facendo il pomeriggio in cui Livio Berruti vinse i 200 metri col record del
mondo, è certo che molti ricorderanno a lungo cosa facevano la mattina in cui
Tamberi e Jacobs si sono abbracciati allo stadio olimpico di Tokyo. O il giorno
in cui due ragazzi dalla pelle bianca e due dalla pelle scura vincevano la
staffetta più veloce: 4 italiani, niente di più, niente di meno.
Forse dimenticherà invece – ed è un peccato – che l’Italia a questi
Giochi ha rischiato di venirci senza inno e senza bandiera, perché a
bisticciare con la politica siamo sempre bravissimi. E magari ricorderà con
rammarico anche che i prossimi, fra tre anni, con un movimento sportivo così
bello e forte, dovrà andare a disputarli a Parigi quando aveva l’opportunità di
fabbricarseli in casa. Roma 2024, l’Olimpiade non l’ha voluta. Così è, anche se
a qualcuno non pare.
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