e del lockdown sui disabili intellettivi.
Progetto
di ricerca su un’associazione di volontariato di Formigine (Mo).
- di Anna Cuoghi
Durante
i primi mesi di pandemia, una delle categorie trascurate è stata sicuramente
quella dei disabili e delle loro famiglie. Le istituzioni non si sono
soffermate su cosa facessero le persone disabili lasciate a casa da sole con le
loro famiglie, né cosa succedesse nelle strutture residenziali o nelle case-famiglia,
dove la carenza di personale non ha permesso di accogliere queste persone tutto
il giorno. Per diversi mesi, i laboratori sono rimasti chiusi. La didattica a
distanza con i disabili è complessa e richiede il coinvolgimento delle
famiglie, già in sovraccarico. A causa della chiusura dei centri diurni
e la sospensione di ogni attività quotidiana, le famiglie si sono ritrovate
nuovamente ad interagire giorno e notte con i figli disabili, spesso persone
adulte, ricreando meccanismi di accudimento che sono ricaduti maggiormente
sulle donne, spesso non più giovani.
Questa ricerca è stato ha voluto dar voce a ragazzi “fragili”, poter raccontare, attraverso le loro parole e quelle delle persone che gli sono vicino, i loro vissuti, le emozioni provate durante il primo lockdown, iniziato il 9 marzo e terminato il 18 maggio 2020, e le conseguenze psicologiche che da esso sono derivate. A questo scopo è stato preso in esame un campione formato da 16 giovani italiani con disabilità intellettive e/o disagio sociale e altre comorbilità (9 uomini e 7 donne), di età compresa tra i 16 e i 30 anni, 8 genitori e caregiver, 7 operatori dell’associazione di volontariato #TuttoSiMuove di Formigine, cittadina in provincia di Modena, che opera nel disagio sociale. La tecnica utilizzata è stata quella dello studio di caso, poiché si presta allo studio di unità di analisi ristrette, come singoli soggetti o piccoli gruppi, con caratteristiche di unitarietà e specificità, ed è la strategia migliore per descrivere gli effetti di un evento in contesti reali.
Al fine di raggiungere
l’obiettivo della ricerca, sono state ideate tre interviste semi-strutturate di
natura qualitativa con domande diverse in base ai soggetti a cui erano rivolte:
una è stata sottoposta ai ragazzi con disabilità, che hanno raccontato in prima
persona la loro esperienza; la seconda ai loro genitori, per capire come
abbiano vissuto quel periodo in cui sono stati costretti a vivere insieme ai
loro figli tutto il giorno per un periodo prolungato di tempo, e l’ultima agli
operatori dell’associazione, per sapere se sono rimasti in contatto con gli
utenti e le loro famiglie e se hanno notato dei cambiamenti significativi nei
ragazzi una volta iniziate di nuovo le attività in presenza. ......
Leggi: PANDEMIA E DISABILI INTELLETTIVI
Nessun commento:
Posta un commento