Servono più genitori ed educatori
e meno psichiatri
di
Anna Spena
Bellezza, denaro, morte, corpi, vecchiaia, attesa, le
droghe che sono una maschera. Lo psichiatra racconta con onestà gli adolescenti
di oggi. «La soluzione migliore per lavorare con loro è accettare e dire che
non sappiamo chi sono. E aggiungo: essere adolescenti significa, prima di
tutto,"essere contro". Preoccupatevi quindi di quelli che non hanno
conflitti»
Vittorino Andreoli,
psichiatra, è intervenuto durante il seminario “Adolescenti e dipendenze”
organizzato dalla Fondazione
Exodus di don Mazzi. Andreoli restituisce un’immagine degli adolescenti
inedita. E per farlo parte della dipendenza: «Il problema della
dipendenza è grande. Ma per parlarne dovremmo partire dalla nostra vita e della
società, solo così possiamo capire quella dei nostri figli».
Chi sono gli
adolescenti di oggi?
Non c’è nessuna
dottrina in grado di spiegare chi è l’adolescente. Vive dentro la società ma
muta continuamente. La soluzione migliore per lavorare con loro è accettare e
dire che non sappiamo chi sono, solo cosi potremmo conoscerli meglio. Poi,
bisogna guardare all’adolescenza nel mondo e nell’ambiente. Non è possibile
separare i ragazzi, decontestualizzarli. Mi chiedete chi sono gli adolescenti?
Per me giovani che vivono in un’età difficile ma piena di fascino e che
meritano di essere non aiutati ma capiti. Io non ho formule, sia chiaro, ma
solo alcune considerazioni.
Quali?
La prima – fondamentale – è che l’adolescenza non è una malattia. Sembrerà
banale sottolinearlo, ma ormai c’è la tendenza a considerarla tale appena si
presenta un problema, anche minimo. L’adolescenza è una fase dell’esistenza che
ha delle caratteristiche precise. Come la vecchiaia d’altronde, che pure è una
fase straordinaria dell’esistenza con caratteristiche proprie da cui non
bisogna scappare, anzi bisogna viverle perché hanno grande senso e valore nel
mondo sociale. Ecco la vecchiaia c’entra molto con l’adolescenza. Questi
giovani hanno bisogno dei vecchi, del rapporto con i nonni: perché la figura
del nonno rappresenta la storia e bisogna far sentire all’adolescente che anche
lui si inserisce in una storia, e la storia si capisce solo in relazione a chi
è più grande. Adolescenza e vecchiaia non sono diversissime tra loro.
In alcuni
adolescenti la bellezza è diventata un trauma. Se non sei bello sei da buttare.
Da cosa è
caratterizzata questa età?
Essere adolescenti
significa, prima di tutto, essere contro. E questo dipende da una percezione
del mondo che vorrebbero diverso. Ma non perché non gli piaccia la famiglia, la
mammà, il papà, o la casa. Ma perché in qualche modo devono trovare un
equilibrio, una sincronia tra il loro mondo che sta cambiando e quello che
hanno attorno. “Sono contro” perché non si sentono più simmetrici:
l’adolescenza è una metamorfosi. E sono conviti che sia il modo a dover
cambiare e non loro ad aspettare di cambiare, di trasformarsi appunto.
Non sanno
aspettare?
Bisogna amarla
l’attesa. Oggi, e questo non riguarda più solo gli adolescenti, nessuno sa più
aspettare. Si vuole tutto subito. Invece l’attesa vuol dire poter vedere che
cos’è la crescita, la curiosità. Attesa significa saper immaginare. Quello che
dobbiamo insegnare è la pazienza. Ma “essere contro” non significa conflitto,
non è una patologia. Abbiamo considerato il conflitto una patologia per molti
anni. Senza accettare che esiste anche un conflitto positivo, che alla fine è
quello che si verifica con più frequenza negli anni dell’adolescenza. “Essere
contro” è fondamentale, preoccupatevi di quelli che non hanno conflitti.
Quali sono le
altre possibilità?
Poi ci sono le
adolescenze difficili e quelle malate, ma non sono la regola. È questo che
dobbiamo capire.
In quanti modi si
può essere contro?
Io ne riconosco tre.
Utilizzando la trasgressione, i ragazzi che seguono le regole e in maniera
ritmica le infrangono per poi rientrarci. Poi si può essere oppositivi.
Oppositivo è il ragazzo che dice sempre no a tutto, dice di no anche quando
vorrebbe dire sì. L’opposizione è una dipendenza al contrario e in questo caso
il ragazzo va aiutato.
Le droghe sono le
maschere che gli adolescenti usano perché non si piacciono, con le droghe
l’adolescente si percepisce diverso
Vittorino
Andreoli
Come si
supportano i ragazzi durante gli anni dell’adolescenza?
Nella nostra società
c’è bisogno di sicurezza. La nostra è la società della paura. Ogni giorno ci
facciamo sollecitare, oltre che da quella esistenziale, anche da tante altre
paure. La paura è uno strumento difensivo che ci permette di riconoscere i
rischi ma noi la stiamo esasperando. E allora come facciamo da insicuri a
supportare gli adolescenti nelle loro insicurezze? Nell’adolescente
l’insicurezza ha una via potentissima e privilegiata.
E il rapporto con
le dipendenze?
Tutto è cambiato e
continua a cambiare velocemente. In 10 anni si sono diffuse altre 600 nuove
sostanze. E il rapporto tra gli adolescenti e le sostanze è molto cambiato.
In che senso?
Partiamo dalla
bellezza, occupiamoci della bellezza. Ormai è diventata un trauma. Una specie
di imperativo. Se non sei bello sei da buttare. Ma sentirsi orrendi è la
condizione più ricorrente nell’adolescenza. Proprio perché è una condizione di
trasformazione. E gli adolescenti non sanno come cambierà il corpo e se sarà
uguale all’immagine stabilita dai giornali di moda. Domina la bellezza di
superficie in questa società dei sacerdoti della dieta. Questa società sta
ossessionando l’adolescenza. Ma la bellezza è un’altra cosa. C’è la bellezza
del modo di fare, del sorriso, dello sguardo. Quindi per evitare che i ragazzi
cadano nel circolo delle dipendenze, la prima cosa, è aiutarli parlando con
loro della bellezza. Discutere con loro su che cos’è essere belli. Altrimenti
si corre il rischio di buttarsi via, e ci sono tanti modi per farlo: usando le
sostanze per non sentirsi più brutti, bere cinque bicchieri di vino alla volta
perché così si sballano e non si sentono più preoccupati per il naso o non so
che cosa. Il secondo tema è il denaro, che è un vero problema per
l’adolescente. Perché se non hai quei venti euro li devi avere, diventa una
questione di vita o di morte, di morte sociale. Poi se non hai denaro e avverti
la bruttezza è difficile girare per strada. Ci sono persone brutte che vogliono
morire e la droga si inserisce in questo malessere per essere la maschera. Le
droghe sono le maschere che gli adolescenti usano perché non si piacciono, con
le droghe l’adolescente si percepisce diverso. Attenua il dolore. La terza
parola è la morte. Non si parla mai di morte, la morte è un tabù. Eppure se
parliamo di morte possiamo spiegare ai ragazzi che cosa significa essere in
questo mondo, e che la vita è un’esperienza straordinaria, basta superare delle
difficoltà e non credere che tutto sia legato al denaro.
Dobbiamo dire della
bellezza di vivere, raccontare la gioia di vivere. L’amore è una grande cosa e
anche il corpo è una cosa meravigliosa, le persone con il corpo si devono amare.
Il corpo l’ha dato il Padreterno quindi basta con questi tabù. Basta vederlo
come qualcosa di osceno. Il corpo è un’espressione straordinaria, gli educatori
la devono raccontare questa cosa ai loro ragazzi. Perché non dire dell’umanità
straordinaria e della bellissima storia di essere amati e che se perdiamo –
attraverso le sostanze – la sensazione della nostra fragilità queste cose non
possiamo ricordarcele.
Testo raccolto
durante il seminario “Adolescenti e dipendenze” organizzato dalla Fondazione
Exodus di don Mazzi
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