sabato 26 agosto 2023

PER UNA PATERNITA' AUTENTICA

Giovani alla ricerca 

di «paternità» autentica

-         di Paolo Giulietti *

 Ho vissuto la Gmg con i miei giovani, condividendo con loro quasi tutto, momenti quotidiani e straordinari. Sintetizzare l’esperienza non è facile, perché esistono grandi differenze tra i percorsi umani e spirituali di ciascuno di essi.

Confesso però di essere rimasto molto colpito dall’impatto delle parole di papa Francesco su di loro: discorsi semplici, elementari, quasi da catechismo della prima comunione: «Gesù ti vuole bene, non ti giudica, cammina con te sempre, ti aiuta a impegnarti per fare della tua vita qualcosa di bello, nonostante tutto». Parole – si direbbe – banali, eppure accolte con grande attenzione e anche commozione. Parole evidentemente desiderate, perché rare, espressione di una paternità affettiva e incoraggiante di cui le nuove generazioni mostrano di avere un disperato bisogno. Riporto quindi da Lisbona l’impressione di una diffusa orfanità umana e spirituale di tanti ragazzi e ragazze, in alcuni soggetti addirittura sconcertante. Che manchino gli adulti lo si vede da tante piccole cose, relative alla gestione quotidiana, alle reazioni dinanzi alle difficoltà, all’andamento delle relazioni... Lo si coglie nei racconti di ciò che vivono a scuola, in famiglia, in parrocchia... dove è forte – anche se non sempre consapevole – la percezione di essere, da parte degli adulti, più giudicati che accompagnati, più intrattenuti che educati, più blanditi che amati; di avere più complici infidi che padri affidabili. Lo si coglie nel sorprendente attaccamento alle figure adulte capaci di incarnare una paternità autentica, anche e forse soprattutto nel richiamare esigenze e responsabilità. Questa Gmg ci ha mostrato che camminare con i giovani implica saper incarnare la proposta cristiana in uno stile di autentica vicinanza e dedizione e con parole che vadano al cuore, poiché nascono da un’effettiva comunicazione. Appunto da padri.

Tutto questo è molto sfidante, perché chiede alle nostre comunità – non solo agli “addetti ai lavori” – di recuperare un’attitudine generativa che culturalmente appartiene sempre meno a noi adulti, anche nella Chiesa. Il frutto dell’individualismo imperante, infatti, non può che essere la sterilità, perché ogni forma di generazione comporta una qualche abdicazione rispetto alla sovranità dell’ego. L’individualismo si esprime a volte anche come difesa “corporativa” di interessi, tradizioni, modi di fare... sui quali ci si adagia, anche nelle parrocchie, ma che non risultano accoglienti o interessanti per le nuove generazioni.

Papa Francesco richiama da tempo la necessità di diventare quel “villaggio educante” di cui i giovani hanno bisogno per trovare la propria strada nel mondo. La semplicità delle sue parole e del suo stile ci interpella a divenire capaci di una siffatta paternità.

 È evidente che la comunità cristiana deve fare seriamente i conti con una società non più cristiana, in cui si assiste a un processo di “esculturazione” della fede (Hervieu-Léger). È però altrettanto evidente che il linguaggio della prossimità, della dedizione e del disinteresse continua ad avere un impatto decisivo sui giovani, capace di far emergere la convenienza con l’umano della proposta cristiana. In estrema sintesi, la Gmg è un evento in cui la Chiesa vive per una decina di giorni mettendo i giovani al centro, cioè, investendo tempo, soldi, competenze, attenzioni… tutti su di loro. Ma – mutatis mutandis – non dovrebbe essere sempre e dovunque così?

*Arcivescovo di Lucca

www.avvenire.it


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