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venerdì 17 settembre 2021

IL COMPLOTTO DEI VACCINi ?

 


-         di Giuseppe Savagnone*

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La decisione del governo di rendere obbligatorio, dal 15 ottobre al 31 dicembre, il green pass in tutti i luoghi di lavoro, e dunque in generale sia per i dipendenti che per gli autonomi del settore pubblico come di quello privato, è indicativa della determinazione del premier Draghi, ma anche dell’attuale debolezza delle forze, prima fra tutte la Lega, che, all’interno dello stesso governo, hanno cercato di opporsi, fino all’ultimo, riducendosi adesso a vantare come un loro successo l’aver impedito almeno l’imposizione dell’obbligo vaccinale.

Ma – mentre al livello politico non resta che registrare la verità di quanto osservato da un noto politologo, a proposito della consapevole e rassegnata impotenza di chi si oppone vanamente al capo del governo –, al livello sociale continua la strenua resistenza alla campagna vaccinale da parte di gruppi di opinione che fanno leva, da un lato, sulle paure di una parte importante della popolazione, dall’altra sul rifiuto di misure che vengono ritenute lesive della libertà personale.

Al limite estremo di questo fronte di opposizione, genericamente denominato no vax, stanno i cosiddetti “negazionisti”, disposti a giurare che la pandemia è un’invenzione di oscuri poteri finanziari e che i numeri forniti per dimostrarne l’esistenza sono in realtà inclusivi di decessi dovuti a tutt’altre patologie. Si è parlato, a questo proposito, di una regia sotterranea dei gruppi farmaceutici – i cosiddetti Big Pharma – tesi a lucrare sulla produzione di vaccini, tamponi, mascherine, etc.

Alcuni no vax hanno addirittura ipotizzato l’esistenza di un disegno diabolico per il controllo della popolazione da parte di magnati della finanza, come il miliardario George Soros o il fondatore di Microsoft Bill Gates, accusato di aver ordito l’intera pandemia per impiantare dei micro-chip attraverso l’iniezione di vaccini.

Le prove? Non ce ne sono, ma basta scorrere i social per rendersi conto che basta aver insinuato il sospetto per averlo reso credibile agli occhi di tante persone che vivono nella frustrante certezza di essere state imbrogliate e sfruttate da “qualcuno”. Una logica che si alimenta dello stesso clima che ha generato anche il populismo e la sua indiscriminata diffidenza verso la “casta”.

Un atto d’accusa e la sua smentita

Troviamo molti di questi argomenti, infatti, in bocca alla ex deputata 5stelle Sara Cunial (ora nel Gruppo misto della Camera), famosa per aver definito in passato le vaccinazioni «un genocidio gratuito», la quale ultimamente ha parlato di una «isterica gestione» della pandemia da parte del governo: «Non potete più dire che lavorate per il popolo», ha detto la Cunial nel suo intervento di qualche giorno fa in Parlamento, «perché i membri del CTS, così come gli esperti dei salotti televisivi, sono TUTTI – e dico TUTTI – pagati dalle case farmaceutiche (…). Non potete più dire che siamo in democrazia, perché con le vostre parole e i vostri atti, sta sparendo ogni diritto e libertà e da troppo tempo ormai chi esercita le libertà costituzionali e naturali è colpevolizzato e umiliato (…). Non potete più dire che è per il nostro bene, perché gli italiani non sono mai stati così male (…) Non potete più dire che i vaccini fanno bene perché i report delle autorità sanitarie mondiali che voi censurate ci dicono che i casi di reazioni avverse sono in continuo aumento tra i vaccinati, colpiscono tutti, e soprattutto i giovani (…). Non potete più dire che il green pass migliorerà le nostre vite perché è lo strumento per instaurare definitivamente una dittatura politica fondata sulla paura e su eterne emergenze sanitarie giustificate da basi scientifiche false (…). Non potete più dire che l’Italia è la più brava perché è solo il laboratorio storico degli esperimenti di ingegneria sociale, ed insieme alla Francia, ha la condanna di dover rispondere alle follie delle élite (…). Il tutto con la regia di Soros e Gates».

Affermazioni che trovano una implicita risposta nelle dichiarazioni fatte qualche giorno fa dal notissimo virologo Anthony Fauci, consigliere medico della Casa Bianca, sia durante la presidenza Trump che sotto quella Biden, il quale ha espresso il suo pieno apprezzamento per la gestione della pandemia da parte del nostro Paese: «L’Italia», ha detto Fauci «è stata uno dei Paesi colpiti più severamente dal Covid-19 e dal vostro Paese abbiamo imparato molto. Siete all’avanguardia e nei vaccini siete più avanti degli Usa».

Con tutto il rispetto per la laurea in chimica industriale della Cunial, il parere di Fauci – del resto in linea con quella del Comitato tecnico scientifico (il CTS da lei accusato di essere al soldo delle case farmaceutiche) e della stragrande maggioranza della comunità scientifica – mi sembra più convincente delle sue indimostrate affermazioni.

Le cure domiciliari ignorate

C’è poi chi, propriamente parlando, non contesta i vaccini, ma sottolinea la prioritaria importanza di cure domiciliari che permetterebbero di affrontare la pandemia senza impegnarsi a fondo, come si sta facendo, nella campagna vaccinale. In prima linea su questa linea è l’associazione Ippocrate, che in questi giorni ha tenuto un convegno in Senato, grazie all’appoggio di esponenti della Lega, come la senatrice Roberta Ferrero.

La tesi del convegno, espressa dalla stessa Ferrero in apertura, è che il coronavirus è «una malattia curabilissima», come sostiene il fondatore, Mauro Rango, che per la verità non è un medico, ma un cooperatore e un esperto di scienze sociali e diritti umani. Tra i farmaci indicati ci sono l’ivermectina, che al momento non è autorizzata da nessuna agenzia del farmaco come cura Covid ma solo come antiparassitario (infatti viene usato per cavalli e mucche) e l’idrossiclorochina, di cui attualmente la comunità scientifica sostiene il non utilizzo, sia come profilassi sia come terapia.

Non ho la competenza per valutare la validità o meno di queste cure. Però mi fido dei medici che hanno combattuto, rischiando la vita e spesso perdendola, per curare i loro pazienti e che, implicitamente, vengono accusati di aver lasciato morire decine di migliaia di persone solo nel nostro Paese! – milioni nel mondo – perché ignoranti o, peggio, in malafede. Di fronte ad essi e agli scienziati che si sono pronunziati contro queste cure, non mi basta il parere di un esperto di scienze sociali, come Rango, e di una ex campionessa di ciclismo, come la Ferrero. E nemmeno quello dei medici che fanno parte di “Ippocrate”, della cui buona fede non dubito, ma che dovrebbero dare maggiori prove di quello che affermano.

In ogni caso, vale il vecchio detto che “prevenire è meglio che curare”. Qualche sia il valore di queste cure, esse non dovrebbero essere invocate contro i vaccini.

 

Il problema della libertà violata

Si discosta da questa linea una frangia importante di oppositori al green pass che motiva la sua contestazione non con una critica ai vaccini in quanto tali, ma alle limitazioni che ne derivano per la libertà personale.

È su questa linea il recente intervento di due noti filosofi italiani, Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, i quali denunciano il concreto pericolo che l’introduzione del green-pass come “lasciapassare”, praticamente obbligatorio, da ottenere vaccinandosi, dia luogo alla «discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B», creando una situazione che è tipica dei regini totalitari. Si tratterebbe, aggiungono, di «un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica».

«Nessuno invita a non vaccinarsi!», precisano gli autori dell’intervento. Ma, spiegano, non si può demonizzare chi, tenendo gli effetti ancora in larga misura ignari del vaccino, preferisce non farlo.

Ancora più sfumata la posizione di un notissimo storico, Alessandro Barbero, la cui adesione a un manifesto di centinaia di docenti universitari contro il green pass negli atenei ha suscitato molte polemiche. In un’intervista, Barbero ha chiarito di essere addirittura favorevole all’obbligo vaccinale e di contestare il green pass solo perché la ritiene una misura ipocrita, a cui il governo ricorre perché non ha il coraggio di assumersi la responsabilità di imporre a tutti i vaccini.

Uno specchio per guardare noi stessi e rimetterci in discussione

Ho cercato di ricostruire questa mappa dei “no vax” e/o “no green-pass” perché sono convinto che sia giusto conoscere le loro ragioni e le loro proposte, ma anche perché francamente quanto ne emerge mi sembra confermare la ragionevolezza della linea che il governo, d’accordo col Parlamento, sta seguendo. Dove “ragionevolezza” non vuol dire indiscutibilità – per questo è bene ascoltare anche chi non è d’accordo –, tanto meno verità assoluta. Siamo su un terreno inesplorato – questo spiega tante divergenze (ma per lo più su aspetti particolari) anche fra gli scienziati –, che non abbiamo scelto noi, e su cui però bisogna in qualche modo muoversi, in una direzione o nell’altra. Il parere di uno scienziato stimato come Fauci conforta nell’idea che si stia andando nella direzione giusta. 

Personalmente non credo che la libertà sia minacciata dai sacrifici che le vengono chiesti, in nome del bene comune, dall’autorità che è preposta a guidare il Paese. Solo una concezione individualista di essa può portare a una ribellione contro misure sanitarie che mirano a evitare una catastrofe sanitaria ed economica. La pandemia ci sta costringendo a prendere coscienza di quanto tale concezione sia diffusa fra di noi e forse dentro noi stessi. E ce ne sta mostrando i limiti meglio di qualsiasi confutazione astratta.

 

*Pastorale Scolastica, Diocesi Palermo

www.tuttavia.org

 

lunedì 9 agosto 2021

SCUOLA. MISURE PER LA RIAPERTURA

 

Scuola, dal Consiglio dei Ministri via libera alle misure per la riapertura in presenza. Ok da Regioni e Enti locali al Piano operativo per le scuole Bianchi: “Al lavoro da mesi, per la ripresa stanziati oltre 2 miliardi”

 Via, il 6 agosto, in Consiglio dei Ministri, al pacchetto di norme per la riapertura della scuola in presenza. Dal green pass per i docenti, all’uso della mascherina, alle regole per il distanziamento, il decreto approvato dal governo individua le principali misure per il rientro in aula, che saranno accompagnate da un apposito Piano operativo predisposto dal Ministero dell’Istruzione. Il Piano ha avuto, sempre ieri, l’ok di Regioni, Comuni e Province, in Conferenza Unificata, e sarà inviato alle Istituzioni scolastiche insieme ad uno specifico Protocollo di sicurezza per il settore scuola.

“Il Ministero è al lavoro da mesi per la ripartenza di settembre - chiarisce il Ministro Patrizio Bianchi -. Da febbraio abbiamo sempre guardato a questo obiettivo e ci siamo impegnati costantemente per raggiungerlo, in collaborazione anche con le Regioni e gli Enti locali, che ringrazio. Abbiamo stanziato oltre 2 miliardi per il rientro in sicurezza - prosegue Bianchi - compresi 270 milioni per l’edilizia scolastica leggera e l’affitto di spazi ulteriori per la didattica. Fondi che distribuiremo, per la prima volta, tenendo conto in via prioritaria della quantità di alunni presenti sui territori e delle classi numerose”.

Le decisioni del governo

Il decreto legge approvato oggi prevede che nell’anno scolastico 2021/2022 l’attività scolastica e didattica della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della secondaria di primo e secondo grado dovrà essere svolta in presenza. La misura è derogabile con provvedimenti dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome esclusivamente nelle zone arancioni e rosse, solo in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità e per singole istituzioni scolastiche o per quelle presenti in specifiche aree territoriali. Il confine della deroga, dunque, risulta essere ben delineato.

Restano il metro di distanza e l'uso delle mascherine. Dove le condizioni strutturali-logistiche degli edifici scolastici non consentono il distanziamento di sicurezza interpersonale di un metro, è previsto sempre l’obbligo delle mascherine. Queste ultime non dovranno essere indossate dai bambini di età inferiore ai sei anni e dai soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso di questi dispositivi. Resta ferma, come lo scorso anno, l’impossibilità di accedere o permanere nei locali scolastici in caso di sintomatologia respiratoria o temperatura corporea che supera i 37,5°.

Tutto il personale scolastico dovrà possedere il Green pass, che costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle prestazioni lavorative. Il mancato rispetto del requisito è considerato assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza, il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso. Questa disposizione non si applica al personale che, per motivi di salute, è esente dalla campagna vaccinale secondo i criteri indicati dal Ministero della Salute. I lavoratori fragili sono tutelati. Il Green pass non è previsto per studenti e studentesse.

Il Ministro Patrizio Bianchi ricorda che “il mondo della scuola è quello che ha reagito di più e più prontamente all’appello alla vaccinazione” e ringrazia “l’85% del personale scolastico che si è vaccinato”.

La somministrazione dei pasti nelle scuole dovrà essere effettuata da personale anch’esso dotato di Green pass che indossi dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Si prevede inoltre una maggiore tutela legale per il personale scolastico che, nell’adempimento dei doveri d’ufficio, debba trovare soluzione a problemi tecnico scientifici di particolare difficoltà.

Il Piano scuola

Le scuole riceveranno un apposito Piano operativo predisposto dal Ministero, approvato ieri in Conferenza Unificata, insieme ad un Protocollo di sicurezza dedicato al settore scolastico. Somministrazione dei pasti, cura degli ambienti, la conferma della figura del referente Covid, le regole relative all’educazione fisica, all’utilizzo delle palestre, alle assemblee studentesche, a studentesse e studenti con disabilità sono alcuni dei temi toccati dal Piano che consente alle scuole di organizzare le loro attività per il prossimo anno e tiene conto delle indicazioni del Comitato tecnico scientifico dello scorso 12 luglio.

Documenti Allegati

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/scuola-dal-consiglio-dei-ministri-via-libera-alle-misure-per-la-riapertura-in-presenza-ok-da-regioni-e-enti-locali-al-piano-operativo-per-le-scuole-bi

sabato 7 agosto 2021

VACCINI E POLITICA


I VACCINI E LA DIMENSIONE ETICA DELLA POLITICA

 

Il paradosso di cui si tace

Mentre nei Paesi occidentali si litiga sul diritto di non vaccinarsi – i giornali sono pieni delle polemiche su questo punto –, al resto del mondo viene di fatto negato il diritto di vaccinarsi. È il paradosso evidenziato da una presa di posizione dell’Oms – l’Organizzazione mondiale della sanità –, che proprio in questi giorni ha fatto alle nazioni ricche la proposta di ritardare la somministrazione della terza dose dei vaccini, per cederne una parte a quelle povere, che non sono state finora in grado di garantire ai loro abitanti neppure la prima dose.

La richiesta – peraltro subito respinta su entrambe le sponde dell’Atlantico – si collocava in un contesto in cui i Paesi industrializzati già da tempo si sono accaparrati l’80% delle dosi disponibili. Una mossa preventiva che ha creato una evidente disparità.

E tuttavia il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, nella sua ultima dichiarazione, non ha insistito su questo punto, riconoscendo la legittimità della preoccupazione dei governi occidentali di garantire la salute dei loro cittadini. «Però» – ha aggiunto – «non possiamo accettare che Paesi che hanno già utilizzato la maggior parte dei vaccini vogliano utilizzarli ancora di più, mentre le popolazioni più vulnerabili del mondo continuano a rimanere senza protezione».

Sta di fatto che nei Paesi ricchi è già vaccinata il 51% della popolazione, a fronte dell’1,36% dei Paesi poveri. In tutta l’Africa, solo il Marocco dispone di vaccini per più del 20% della popolazione. Negli altri Stati africani, secondo i dati dell’Unicef, non si arriva neppure al 5%. In alcuni, come il Mali, il Chad e il Congo, si è addirittura al di sotto dell’1%.

Sono cifre impressionanti, indice di una disparità che nessun argomento può giustificare. La rivista «Nature» ha previsto che la maggior parte degli abitanti dei Paesi poveri potrà accedere al vaccino solo fra due anni. Se tutto va bene… E Ma di tutto questo i nostri giornali e le nostre televisioni non parlano, o parlano pochissimo.

A completare questo quadro inquietante, arriva adesso la notizia che le multinazionali farmaceutiche produttrici di Pfizer e Moderna – ovviamente appartenenti al quel mondo ricco che non si preoccupa delle sorti di quello povero – hanno chiesto e ottenuto dall’Unione Europea un consistente incremento di prezzo sui loro vaccini. Ogni dose di Pfizer passerà da 15 a 19,50 euro, mentre ogni dose di Moderna da 19 a 21 euro.

Le logiche della politica attuale

Non sono un “complottista” e non penso che ci siano dietro tutto quello che sta accadendo delle macchinazioni ordite da “oscuri poteri”. Non c’è bisogno di queste ipotesi fantascientifiche per spiegare i paradossi di un pianeta che continua ad essere, anche nei momenti di emergenza come questo, diviso tra ricchi e poveri e in cui i primi prosperano mentre i secondi muoiono. Basta rendersi conto che gli egoismi nazionali e i meccanismi del profitto – quelli sì, internazionali – agiscono inesorabilmente, se lasciati a se stessi, per segnare la disparità tra chi è più forte e chi è più debole. Le motivazioni umanitarie hanno un loro ruolo, soprattutto nei discorsi ufficiali, ma incidono solo nella misura in cui non si pongono in contrasto con gli interessi particolaristici degli Stati più forti.

Questo non annulla, evidentemente, le differenze tra regimi democratici e totalitari, tra Stati che calpestano apertamente i diritti umani e Stati che cercano in qualche modo di tutelarli, anche se tra molte contraddizioni, tra politiche spudoratamente imperialiste e politiche più attente al rispetto dei popoli. Ma queste distinzioni, che sarebbe qualunquistico negare, non impediscono alla politica – almeno a quella che abbiamo sotto gli occhi – di ispirarsi in ultima istanza alla legge del più forte. La verità e la giustizia, nei casi migliori, non sono del tutto ignorate, come non lo è il bene comune, ma solo nella misura in cui non entrano in contrasto con gli interessi di parte.

Per non essere “idioti”

Di questa situazione ci si può rendere conto oppure no. Nella seconda ipotesi ci si può dedicare con totale passione a risolvere i problemi della propria vita – tutelarsi dal contagio, vaccinarsi oppure no, salvaguardare il proprio lavoro nei tempi della pandemia, ecc. – ignari della loro relatività rispetto a quelli di miliardi di persone che vedono messa in gioco la loro sopravvivenza a causa della povertà.

I greci avevano un termine, per indicare le persone che pensano solo alle cose proprie – in greco “idia” –, che è passato nella nostra lingua come un generico insulto, ma che andrebbe recuperato nel suo significato etimologico: “idiotai”, idioti. In questo senso, “idiota” sarebbe colui che crede di potersi salvare da solo, ignorando i problemi degli altri, oppure, come membro di una comunità politica, di poter realizzare gli interessi di quest’ultima senza curarsi di quelli del pianeta.

Se invece ci si rende conto della situazione, l’alternativa è tra rassegnarsi, magari evitando di pensarci – molti lo fanno –, oppure cercare di allargare ad altri la propria consapevolezza che c’è nel mondo attuale qualcosa di profondamente sbagliato, e tentare di creare, insieme, le condizioni per un cambiamento radicale.

È possibile questo? La sola via che vedo è un profondo rinnovamento della politica. A cominciare dal basso. I capi di governo che oggi respingono la proposta dell’Oms di rinviare la terza dose del vaccino per aiutare chi è più povero, non sono, ovviamente, degli egoisti, e forse personalmente praticano forme di carità vero i bisognosi. Ma sanno bene che l’opinione pubblica dei loro Paesi li crocifiggerebbe se essi si preoccupassero. Soprattutto nei Paesi democratici, è il consenso a generare e legittimare il potere politico.

Perciò, se non cambiano la mentalità e gli atteggiamenti pratici degli elettori, non c’è da stupirsi che quelli degli eletti siano quelli che sono. Aristotele pensava che la politica fosse una parte – la più elevata – dell’etica. Dopo Machiavelli, noi abbiamo separato le due cose. Così, oggi molti italiani avrebbero gravi scrupoli morali se, vedendo una persona annegare, non facessero nulla per salvarla, ma apprezzano che il loro governo si accaparri i vaccini, anzi protesterebbero esasperati se decidesse di darne una parte a chi non ne ha.

Il problema dei vaccini ci pone davanti all’urgenza di educare i cittadini a recuperare la dimensione etica della politica. Si scoprirebbe, allora, che la morale non consiste nel sacrificarsi per gli altri, ma nel comprendere che il nostro bene, al di là delle apparenze immediate, non può prescindere da quello altrui. Anche a proposito dei vaccini, è stato osservato che, in un mondo ormai globalizzato, è illusorio credere di salvarsi dal Covid da soli. È interesse anche dei ricchi che i poveri abbiano la possibilità di vaccinarsi.  Forse anche di questo, e non solo della obbligatorietà o meno del vaccino, dovremmo prima o poi avere il coraggio di parlare.

 

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