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di Giuseppe Savagnone*
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La decisione del governo di rendere
obbligatorio, dal 15 ottobre al 31 dicembre, il green pass in tutti i luoghi di
lavoro, e dunque in generale sia per i dipendenti che per gli autonomi del
settore pubblico come di quello privato, è indicativa della determinazione del
premier Draghi, ma anche dell’attuale debolezza delle forze, prima fra tutte la
Lega, che, all’interno dello stesso governo, hanno cercato di opporsi, fino
all’ultimo, riducendosi adesso a vantare come un loro successo l’aver impedito
almeno l’imposizione dell’obbligo vaccinale.
Ma – mentre al livello politico non
resta che registrare la verità di quanto osservato da un noto politologo, a
proposito della consapevole e rassegnata impotenza di chi si oppone vanamente
al capo del governo –, al livello sociale continua la strenua resistenza alla
campagna vaccinale da parte di gruppi di opinione che fanno leva, da un lato,
sulle paure di una parte importante della popolazione, dall’altra sul rifiuto
di misure che vengono ritenute lesive della libertà personale.
Al limite estremo di questo fronte di
opposizione, genericamente denominato no vax, stanno i cosiddetti
“negazionisti”, disposti a giurare che la pandemia è un’invenzione di oscuri
poteri finanziari e che i numeri forniti per dimostrarne l’esistenza sono in
realtà inclusivi di decessi dovuti a tutt’altre patologie. Si è parlato, a
questo proposito, di una regia sotterranea dei gruppi farmaceutici – i
cosiddetti Big Pharma – tesi a lucrare sulla produzione di
vaccini, tamponi, mascherine, etc.
Alcuni no vax hanno addirittura
ipotizzato l’esistenza di un disegno diabolico per il controllo della
popolazione da parte di magnati della finanza, come il miliardario George Soros
o il fondatore di Microsoft Bill Gates, accusato di aver ordito l’intera
pandemia per impiantare dei micro-chip attraverso l’iniezione di vaccini.
Le prove? Non ce ne sono, ma basta
scorrere i social per rendersi conto che basta aver insinuato il sospetto per
averlo reso credibile agli occhi di tante persone che vivono nella frustrante
certezza di essere state imbrogliate e sfruttate da “qualcuno”. Una logica che
si alimenta dello stesso clima che ha generato anche il populismo e la sua
indiscriminata diffidenza verso la “casta”.
Un atto d’accusa e la sua smentita
Troviamo molti di questi argomenti,
infatti, in bocca alla ex deputata 5stelle Sara Cunial (ora nel Gruppo misto
della Camera), famosa per aver definito in passato le vaccinazioni «un
genocidio gratuito», la quale ultimamente ha parlato di una «isterica gestione»
della pandemia da parte del governo: «Non potete più dire che lavorate per
il popolo», ha detto la Cunial nel suo intervento di qualche giorno fa in
Parlamento, «perché i membri del CTS, così come gli esperti dei salotti
televisivi, sono TUTTI – e dico TUTTI – pagati dalle case farmaceutiche (…).
Non potete più dire che siamo in democrazia, perché con le vostre parole e i
vostri atti, sta sparendo ogni diritto e libertà e da troppo tempo ormai chi
esercita le libertà costituzionali e naturali è colpevolizzato e umiliato (…). Non
potete più dire che è per il nostro bene, perché gli italiani non sono mai
stati così male (…) Non potete più dire che i vaccini fanno bene perché i
report delle autorità sanitarie mondiali che voi censurate ci dicono che i casi
di reazioni avverse sono in continuo aumento tra i vaccinati, colpiscono tutti,
e soprattutto i giovani (…). Non potete più dire che il green pass migliorerà
le nostre vite perché è lo strumento per instaurare definitivamente una
dittatura politica fondata sulla paura e su eterne emergenze sanitarie
giustificate da basi scientifiche false (…). Non potete più dire che l’Italia è
la più brava perché è solo il laboratorio storico degli esperimenti di
ingegneria sociale, ed insieme alla Francia, ha la condanna di dover rispondere
alle follie delle élite (…). Il tutto con la regia di Soros e Gates».
Affermazioni che trovano una
implicita risposta nelle dichiarazioni fatte qualche giorno fa dal notissimo
virologo Anthony Fauci, consigliere medico della Casa Bianca, sia durante la
presidenza Trump che sotto quella Biden, il quale ha espresso il suo pieno
apprezzamento per la gestione della pandemia da parte del nostro Paese:
«L’Italia», ha detto Fauci «è stata uno dei Paesi colpiti più severamente dal
Covid-19 e dal vostro Paese abbiamo imparato molto. Siete all’avanguardia e nei
vaccini siete più avanti degli Usa».
Con tutto il rispetto per la laurea
in chimica industriale della Cunial, il parere di Fauci – del resto in linea
con quella del Comitato tecnico scientifico (il CTS da lei accusato di essere
al soldo delle case farmaceutiche) e della stragrande maggioranza della
comunità scientifica – mi sembra più convincente delle sue indimostrate
affermazioni.
Le cure domiciliari ignorate
C’è poi chi, propriamente parlando,
non contesta i vaccini, ma sottolinea la prioritaria importanza di cure
domiciliari che permetterebbero di affrontare la pandemia senza impegnarsi a
fondo, come si sta facendo, nella campagna vaccinale. In prima linea su questa
linea è l’associazione Ippocrate, che in questi giorni ha tenuto un convegno in
Senato, grazie all’appoggio di esponenti della Lega, come la senatrice Roberta
Ferrero.
La tesi del convegno, espressa dalla
stessa Ferrero in apertura, è che il coronavirus è «una malattia
curabilissima», come sostiene il fondatore, Mauro Rango, che per la verità non
è un medico, ma un cooperatore e un esperto di scienze sociali e diritti umani.
Tra i farmaci indicati ci sono l’ivermectina, che al momento non è autorizzata
da nessuna agenzia del farmaco come cura Covid ma solo come antiparassitario
(infatti viene usato per cavalli e mucche) e l’idrossiclorochina, di
cui attualmente la comunità scientifica sostiene il non utilizzo, sia come
profilassi sia come terapia.
Non ho la competenza per valutare la
validità o meno di queste cure. Però mi fido dei medici che hanno combattuto,
rischiando la vita e spesso perdendola, per curare i loro pazienti e che,
implicitamente, vengono accusati di aver lasciato morire decine di migliaia di
persone solo nel nostro Paese! – milioni nel mondo – perché ignoranti o,
peggio, in malafede. Di fronte ad essi e agli scienziati che si sono
pronunziati contro queste cure, non mi basta il parere di un esperto di scienze
sociali, come Rango, e di una ex campionessa di ciclismo, come la Ferrero. E nemmeno
quello dei medici che fanno parte di “Ippocrate”, della cui buona fede non
dubito, ma che dovrebbero dare maggiori prove di quello che affermano.
In ogni caso, vale il vecchio detto
che “prevenire è meglio che curare”. Qualche sia il valore di queste cure, esse
non dovrebbero essere invocate contro i vaccini.
Il problema della libertà violata
Si discosta da questa linea una
frangia importante di oppositori al green pass che motiva la sua contestazione
non con una critica ai vaccini in quanto tali, ma alle limitazioni che ne
derivano per la libertà personale.
È su questa linea il recente
intervento di due noti filosofi italiani, Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, i
quali denunciano il concreto pericolo che l’introduzione del green-pass come
“lasciapassare”, praticamente obbligatorio, da ottenere vaccinandosi, dia luogo
alla «discriminazione di una categoria di persone, che diventano
automaticamente cittadini di serie B», creando una situazione che è tipica dei
regini totalitari. Si tratterebbe, aggiungono, di «un fatto gravissimo, le cui
conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica».
«Nessuno invita a non vaccinarsi!»,
precisano gli autori dell’intervento. Ma, spiegano, non si può demonizzare chi,
tenendo gli effetti ancora in larga misura ignari del vaccino, preferisce non
farlo.
Ancora più sfumata la posizione di un
notissimo storico, Alessandro Barbero, la cui adesione a un manifesto di
centinaia di docenti universitari contro il green pass negli atenei ha
suscitato molte polemiche. In un’intervista, Barbero ha chiarito di essere
addirittura favorevole all’obbligo vaccinale e di contestare il green pass solo
perché la ritiene una misura ipocrita, a cui il governo ricorre perché non ha
il coraggio di assumersi la responsabilità di imporre a tutti i vaccini.
Uno specchio per guardare noi stessi e
rimetterci in discussione
Ho cercato di ricostruire questa
mappa dei “no vax” e/o “no green-pass” perché sono convinto che sia giusto
conoscere le loro ragioni e le loro proposte, ma anche perché francamente
quanto ne emerge mi sembra confermare la ragionevolezza della linea che il
governo, d’accordo col Parlamento, sta seguendo. Dove “ragionevolezza” non vuol
dire indiscutibilità – per questo è bene ascoltare anche chi non è d’accordo –,
tanto meno verità assoluta. Siamo su un terreno inesplorato – questo spiega
tante divergenze (ma per lo più su aspetti particolari) anche fra gli
scienziati –, che non abbiamo scelto noi, e su cui però bisogna in qualche modo
muoversi, in una direzione o nell’altra. Il parere di uno scienziato stimato
come Fauci conforta nell’idea che si stia andando nella direzione giusta.
Personalmente non credo che la
libertà sia minacciata dai sacrifici che le vengono chiesti, in nome del bene
comune, dall’autorità che è preposta a guidare il Paese. Solo una concezione
individualista di essa può portare a una ribellione contro misure sanitarie che
mirano a evitare una catastrofe sanitaria ed economica. La pandemia ci sta
costringendo a prendere coscienza di quanto tale concezione sia diffusa fra di
noi e forse dentro noi stessi. E ce ne sta mostrando i limiti meglio di
qualsiasi confutazione astratta.
*Pastorale
Scolastica, Diocesi Palermo
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