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venerdì 12 giugno 2020

L'ACQUA NEL POZZO

Un uomo chiese a un monaco: «Che cosa ti insegna la tua vita di silenzio? »,
 Il monaco, che stava attingendo acqua da un pozzo, gli disse: «Guarda giù nel pozzo! Cosa vedi?». «Non vedo nulla» rispose l’uomo. Passò un po’ di tempo e il monaco gli ripeté: «Guarda ancora! Cosa vedi?». «Ora vedo me stesso: mi specchio nell’acqua». Il monaco concluse: «Quando l’acqua è agitata, non si vede nulla. Ora l’acqua è tranquilla. È questa l’esperienza del silenzio: l’uomo vede se stesso!».
Semplice e illuminante parabola dei padri del deserto, uomini che conoscevano il valore del vero silenzio, dato che vivevano nelle solitudini della Tebaide egiziana: qualsiasi commento risulta inutile tanto la scena è nitida nel suo significato simbolico. 
Vorrei, allora, sottolineare solo un tratto del racconto, quello che descrive l’acqua agitata nella quale non ci si può specchiare né è possibile che in essa si rifletta la luce del cielo. Ebbene, questo è proprio lo stato della nostra vita nella maggior parte dei casi.
Siamo presi da tante cose, afferrati da preoccupazioni e da frenesie. Come diceva san Giacomo nella sua Lettera, «bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite a ottenere, combattete e fate guerra» (4,2). 
L’esistenza si trasforma in un tormento, si è sempre stressati e agitati e soprattutto si sente affiorare spesso il sapore amaro dell’insoddisfazione. 
Gesù nel discorso della Montagna per ben sei volte ripete: «Non affannatevi!» (Matteo 6,25-34) per concludere: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte le altre cose vi saranno date in aggiunta». E il regno di Dio è aperto a chi è semplice e sereno come un bambino (Matteo 18,3).

Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori


sabato 25 febbraio 2017

LE VIE DELLA PROVVIDENZA


"Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia,
e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”
Il Vangelo di domenica 26 febbraio.

Con l’orecchio al cuore di Dio e la mano al ritmo del mondo, il brano evangelico odierno, dinanzi le ansietà della vita che invadono l’animo umano, rammenta all’uomo la necessità di compiere una scelta radicale per Dio, senza riserve o ripensamenti. «Nessuno può servire due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire Dio e mammona». Dio esige un cuore indiviso, il dono totale di sé, l’adesione incondizionata alla sua volontà. Il discepolo che intende orientare la propria vita al servizio di Dio, non può nello stesso tempo attaccare il cuore alla ricchezza, ai beni terreni, al prestigio, al potere.
Così all’uomo disorientato, in preda alle preoccupazioni quotidiane, alla ricerca di un effimero appagamento dei bisogni primari, Gesù rivolge l’invito ad innalzare lo sguardo al cielo per cercare fiduciosamente il volto di quel Dio narrato da Gesù Cristo,  che come un Padre  «sa ciò  di cui abbiamo bisogno»  e che,  come si  prende  cura  degli uccelli del cielo e dei gigli del  campo, così  «fa molto di più per noi».
Con tale invito, Gesù non vuole, certo, favorire il disimpegno o l’apatia, ma piuttosto escludere l’affanno, l’eccessiva preoccupazione per le cose materiali, che impediscono la ricerca del regno e l’abbandono filiale e fiducioso nelle mani del Padre celeste. È come un invitare a vivere da dentro una relazione riuscita, quella per cui tutte le cose che cerchiamo trovano la loro destinazione di fondo.
Non cogliere questo invito significa vivere a partire dall’assillo della paura che attanaglia il cuore dell’uomo. Non è solo la paura di non avere quello che ci è necessario, ma la paura che altri prendano quello che è nostro, per cui la lotta contro la paura si risolve nella diffidenza verso tutti e nella insofferenza verso la vita. Il seguace di Gesù, invece, ha trovato nel regno il suo tesoro e sa schiudere il cuore alla gratitudine e alla condivisione.
È l’annuncio sorprendente e inaspettato del Cielo: l’Eterno si gioca nel tempo, il futuro si gioca nel presente, il domani si prepara nell’oggi: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Cercare il Regno è mettere noi, le nostre cose, la storia stessa nella prospettiva della Promessa. Il tempo presente diviene kairos, momento favorevole, per scorgere l’eternità che si radica nel quotidiano. Matteo insiste su una ricerca attiva del Regno, che diventa impegno per la giustizia.
Quella giustizia che trova il suo fondamento nell’amore per Dio e per il prossimo, e non certo nell’egoismo e nella ricerca idolatrica delle ricchezze. Solo la pratica quotidiana di questa giustizia dà spessore alla vita. E non lascia spazio alla paura per il domani, ma riposa serenamente tra le mani del Dio giusto, misericordioso e provvido.


(tratto da www.tuttavia.eu)