martedì 22 luglio 2025

SANT'AGOSTINO MAESTRO E ORATORE

 


Sant’Agostino, 

maestro di scuola, 

di fede e oratore cristiano



-di p. Giuseppe Oddone*

 Elezione di Leone XIV: un invito ad avvicinarci a Sant’Agostino

 E’ stato eletto Papa l’8 maggio 2025 il Card. Robert Francis Prevost, ex generale dell’Ordine degli Agostiniani dal 2001 al 2013, poi vescovo missionario in Perù nella diocesi di Chiclayo dal 2014 al 2023; infine è stato richiamato a Roma da Papa Francesco nel gennaio del 2023 e nominato Prefetto del Dicastero dei Vescovi, Presidente della Pontificia commissione dell’America Latina e creato Cardinale il 20 settembre del 2023. Ha preso il nome di Leone XIV. L’elezione a Sommo Pontefice di un figlio spirituale di Sant’Agostino rappresenta un invito ad approfondire il legame profondo e significativo che egli ha con questo Santo. E’ un’affinità interiore che si è manifestata subito in vari aspetti: prima di tutto come religioso, perché la sua formazione spirituale si è ispirata e continua ad ispirarsi direttamente alla vita, agli scritti e alla spiritualità del grande Dottore della Chiesa, che ha posto l'accento sulla vita comune, la ricerca di Dio, l’interiorità, l'amore fraterno e il servizio alla Chiesa. Prima di diventare Papa, come superiore generale, P. Robert Francis Prevost è stato moderatore e responsabile dell'Istituto Patristico Augustinianum di Roma. Questo istituto è un centro di studi di altissimo livello specializzato nella patristica, con un’attenzione particolare alle opere e alla spiritualità di Sant'Agostino. Nei primi anni del suo sacerdozio, dopo la sua formazione accademica, dal 1988 al 1999, l’attuale Papa è stato formatore di seminaristi in Perù, nella diocesi di Trujillo, ed insegnante di Diritto canonico, Patristica e Morale, attualizzando la figura di Sant’Agostino come maestro. Lo stemma episcopale e papale di Leone XIV è tipicamente agostiniano: sotto la tiara papale e le due chiavi, una color oro e l’altra color argento, segni del potere papale, lo scudo araldico è diviso trasversalmente in due parti: sopra in campo azzurro un giglio, simbolo tradizionale della Vergine Maria, sotto in campo bianco il rosso libro, che rappresenta sia la parola di Dio sia le opere di Sant’Agostino; il libro è sormontato da un cuore rosso porpora coronato di fiamme e trafitto da una freccia. E’ un chiaro riferimento alla Sacra Scrittura e alla sua interpretazione allegorica che fa riferimento al cuore umano bersaglio dell’amore di Dio: Lam. 3,1: “Posuisti quasi signum ad sagittam” (Mi hai posto come un bersaglio per la tua saetta) e alle Confessioni IX,2,3 “Sagittaveras tu cor meum charitate tua” (Hai saettato il mio cuore con il tuo amore). Anche il motto episcopale e papale di Papa Leone è tratto da Sant’Agostino ed allude al mistero della Chiesa come Christus totus, corpo mistico di Cristo: In Illo Uno Unum (Esposizione sul Salmo 127,3) ossia “in quell’Uno (Cristo) siamo una cosa sola”. Con queste parole, Agostino sottolinea l'unità dei cristiani in Cristo, nonostante la loro molteplicità. Questo motto è un chiaro segno dell'influenza agostiniana sul suo pontificato e sulla sua visione della Chiesa. Anche quando si è presentato alla loggia di San Pietro ha citato un'altra celebre frase agostiniana, che ha fatto da sfondo a tutto il suo discorso: Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. E’ tratta da un discorso di Agostino, che riassume il suo metodo pastorale e che è opportuno citare nella sua completezza: “Nel momento in cui mi dà timore l'essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell'incarico ricevuto, questo della grazia, quello è occasione di pericolo, questo di salvezza”. (Sermo 340,1).

Agostino maestro di scuola

 Agostino nacque a Tagaste, nell'attuale Algeria, nel 354 d.C. La sua formazione iniziale fu di tipo grammaticale e retorica, discipline fondamentali nell'istruzione romana dell'epoca che orientava all’attività politica e forense. Fin da giovane, mostrò una spiccata intelligenza e un'innata attitudine per la lingua latina, distinguendosi per la sua capacità di comprendere e manipolare il linguaggio con giochi di parole, con parallelismi ed antitesi, con rime ed assonanze, con le clausole musicali e ritmiche per concludere un periodo, con la padronanza dei vari stili oratori, con l’attenzione al pubblico a cui si rivolgeva. Studiò i manuali dei grandi retori latini, in particolare di Cicerone e di Quintiliano, amò in particolare il poeta Virgilio, assorbendone lo stile e la profondità di pensiero. Questa base classica, sebbene inizialmente rivolta a una carriera laica, si rivelò fondamentale per la sua futura attività di insegnante prima e poi di predicatore e scrittore, fornendogli gli strumenti per esprimere concetti complessi con chiarezza ed efficacia. Scrisse lui stesso da vescovo un completo trattato di retorica, il De doctrina christiana, rivolto in particolare a tutti coloro che nella Chiesa hanno compiti di insegnamento e di predicazione. Dopo i primi studi ampliò la sua formazione a Tagaste e Madaura e la completò a Cartagine.

Poi Agostino intraprese la carriera di maestro di retorica e iniziò la sua attività di insegnante: essa durò 13 anni dal 373 al 386 prima a Tagaste, poi a Cartagine, all'epoca una delle città più importanti dell'Impero Romano, dove operò per diversi anni. Qui la sua reputazione crebbe rapidamente, attirando numerosi studenti. Tuttavia, insoddisfatto della condotta morale dei suoi allievi e della superficialità dei suoi colleghi, decise di trasferirsi. La tappa successiva fu Roma, dove sperava di trovare studenti più disciplinati e un ambiente più stimolante. Sebbene la sua esperienza romana non fosse del tutto priva di delusioni, essa costituì un periodo di ulteriore crescita professionale. La sua ricerca di un incarico più prestigioso lo portò infine a Milano, che all'epoca era la capitale di fatto dell'Impero d'Occidente. Qui nel 384 d.C. ottenne la cattedra di retorica imperiale, quella più prestigiosa fra tutte. Il suo periodo come insegnante in questa città non solo affinò le sue doti oratorie, ma gli permise anche di approfondire le dinamiche della comunicazione e dell'apprendimento. Milano si rivelò un punto di svolta decisivo nella sua vita. Entrò in contatto con il vescovo Ambrogio; fu profondamente influenzato dalle sue prediche e dalla sua profondità intellettuale e nel 387 Agostino si convertì al cristianesimo e ricevette il battesimo.

Agostino maestro di fede e oratore cristiano

Divenuto cristiano e successivamente sacerdote e vescovo, Agostino ripensò al suo insegnamento. Confessò di aver venduto nel passato una vittoriosa loquacità e di aver servito alla vanità. Sentì l’esigenza di ridimensionare gli ideali di quella scuola di cui era stato discepolo e maestro, di mettersi al servizio non della vanità e del successo mondano, ma della verità; propose un nuovo modello di maestro e di oratore con un bagaglio culturale desunto non solo dalle discipline retoriche, ma soprattutto dalla fede e dalla Sacra Scrittura. In questa prospettiva il maestro cristiano ha come compito principale di illuminare la mente, di penetrare il cuore dell’allievo o dell’ascoltatore, di suscitare la fede. Per tale motivo egli deve fare prima l’esperienza di ascesa a Dio: un viaggio interiore, una navigazione, una corsa, una salita sulla scala degli esseri fino a toccare personalmente Dio in Gesù Cristo, Verbo di Dio. Ma il Verbo è disceso a noi nel mistero della creazione, dell’incarnazione, della sacra scrittura, della Chiesa, dei poveri, continua a scendere nell’insegnamento cristiano e nella predicazione. Il maestro o l’oratore cristiano, talora con una personale sofferenza ma sempre nella carità, deve farsi piccolo con i piccoli, adattarsi al loro linguaggio e alla loro comprensione. Tra il maestro ed il discepolo, tra il predicatore e l’oratore deve crearsi una forma di inabitazione reciproca che sviluppa un intimo scambio di sentimenti e di concetti. E’ l’amore di Cristo che si è umiliato fino alla morte in croce l’anima e lo stimolo di ogni insegnamento e di ogni predicazione: tutti, maestro ed alunni, predicatori ed uditori, siamo suoi condiscepoli. Cristo ha rivoluzionato anche il linguaggio, che deve essere essenzialmente umile, perché è un messaggio di salvezza rivolto a tutti gli uomini, specialmente agli ultimi e agli emarginati, descritti solitamente nella retorica tradizionale pagana con un linguaggio sprezzante e caricaturale.

L’oratore cristiano e la distinzione dei tre stili

 Agostino riconosce l'importanza e la necessità del sermo humilis per la predicazione cristiana. L’idea principale è che il discorso umano deve riflettere la parola del Dio vivente, che scende e penetra come una spada fino alle midolle dell’anima e come un aratro affonda nel campo del cuore. Tuttavia, egli non rinnega la retorica, ma la cristianizza. Per lui, la bellezza e l'efficacia del linguaggio non sono fini, ma strumenti al servizio della verità divina. Egli riprende pertanto la distinzione tradizionale della retorica classica: lo stile semplice se devi insegnare, lo stile medio o temperato se vuoi dilettare e piacere all’uditorio, lo stile sublime se devi persuadere. Tuttavia, un predicatore efficace deve essere in grado di passare agilmente da uno stile all'altro a seconda dell'argomento e dell'effetto desiderato sull'uditorio. Tutti i sermoni di Agostino manifestano questa flessibilità, e dimostrano come la retorica, lungi dall'essere una tecnica vuota, può essere un veicolo potente per la verità e la salvezza. Un predicatore o uno scrittore cristiano deve essere in grado di variare il suo stile a seconda dell'obiettivo. Le sue proposte possono valere anche per l’insegnante che si trova davanti a classi diverse o in particolari situazioni emotive.

Lo stile umile o semplice

L’oratore cristiano utilizza prevalentemente lo stile semplice quando insegna e presenta ai credenti i misteri della fede o spiega la Sacra Scrittura. Esso esige un tono familiare e discorsivo che annulli le distanze e sia attento alle reazioni emotive. Agostino cerca anche di instaurare un dialogo con l’uditorio, di renderlo attore e non solo ascoltatore, talvolta addirittura dialoga con i personaggi del Nuovo Testamento di cui si sta parlando, come Pietro, Paolo, Marta, Zaccheo. Vi è poi l’aspetto dialettico e argomentativo, che risveglia l’attività dell’intelligenza, presentando con chiarezza di linguaggio e semplicità la verità di fede e risolvendo le difficoltà, prevalentemente per i credenti nella linea del crede ut intelligas: un invito ad accendere la propria fede per poter comprendere. Per Agostino la fede potenzia l’intelligenza. Lo stile semplice si avvale in particolare della sentenza, ossia di una frase inaspettata, acuta e penetrante, sostenuta da un’intensa emozione, che avvicina i due poli opposti, il tempo e l’eternità, la miseria e la misericordia, la sofferenza terrena e la beatitudine celeste, il peccato e la grazia, l’uomo e Dio. Lo stile medio o temperato Agostino apprezza anche lo stile medio, che era molto ricercato dai suoi ascoltatori. Esso ha la finalità di piacere agli ascoltatori e di dilettare e viene proposto particolarmente nel celebrare le feste cristiane: il mistero della Trinità, l’Incarnazione con il rapporto tra la natura umana e divina in Cristo, la nascita di Gesù, la sua vita terrena, la passione, la resurrezione, la bellezza del creato. Questo stile non ha una sua funzione autonoma, come per gli oratori pagani e i sofisti, ma è sempre al servizio dello stile semplice che insegna, o dello stile sublime che persuade. Nel creare bellezza e diletto lo stile medio si avvale di alcune tecniche di cui Agostino è insuperabile maestro e modello: il parallelismo di struttura e di pensiero, le figure di ritmo e di suono con allitterazioni e assonanze, le antitesi che sono nella struttura stessa della fede cristiana, le gradazioni, in genere con periodi semplici e brevissimi che martellano con insistenza un’idea, si richiamano a vicenda e si imprimono nella memoria per le clausole ritmiche e per la rima e portano l’uditore a passare dal diletto esteriore alla verità espressa nel mistero cristiano. Lo stile sublime Quando l’oratore cristiano deve convertire o stimolare all’amore di Dio e dei fratelli o al dolore per gli scandali nella Chiesa adotta una nuova forma di stile, lo stile sublime. Esso presuppone un’intensa carica emotiva, una sofferenza interiore davanti agli errori di cristiani coinvolti nell’avarizia, nella lussuria, nello scandalo. Nello stile sublime è essenziale l’ardore dell’animo: gli ornamenti retorici non sono direttamente ricercati, ma nascono dall’impeto emotivo. In genere si ricorre quasi senza accorgersene a figure di pensiero come a interrogative incalzanti e spezzate, ad apostrofi agli ascoltatori, a illuminanti metafore, ad esempi del passato, ad accumulazione di termini con enumerazioni e paradossi, in alcuni casi ad ironia sferzante, ma anche ad anafore ed epifore, cioè a periodi che incominciano e finiscono con la stessa parola; importante è ricostruire e demolire i meccanismi psicologici di difesa che l’uditore inconsciamente vive. Agostino ricorre allo stile sublime in alcuni suoi sermoni, in particolare quando cerca senza acidità moralistica ma con fraternità di distogliere i cristiani dall’avarizia, dall’adulterio, dai disordini sessuali, dalla piaga della prostituzione e degli spettacoli immorali, proponendo e demolendo le motivazioni degli ascoltatori che ritenevano questo un segno di civiltà e di libertà. Egualmente con intensa carica emotiva, con un ritmo spezzato come in un singhiozzo, Agostino si rivolge ai suoi fedeli e a coloro che avevano cercato riparo nella provincia d’Africa, parlando della distruzione di Roma del 410 per opera di Alarico, e mostrando la falsità delle obiezioni di coloro che davano la colpa ai cristiani di questa enorme sventura, segno della decadenza dell’impero. Occorre tuttavia aggiungere che un buon oratore cristiano sa variare gli stili all’interno del suo discorso e passare da uno stile ornato ed empatico, prevalentemente nell’esordio, allo stile semplice nel presentare la verità cristiana, per arrivare allo stile sublime nel persuadere gli ascoltatori a vivere concretamente la loro fede. Un’ultima osservazione agostiniana: per essere un buon oratore cristiano, prima devi essere un orante, perché nelle mani di Dio siamo noi e i nostri discorsi. È lo Spirito di Dio che “in quell’ora”, l’ora del nostro discorso ai fratelli, interviene nelle parole dell’oratore e le rende efficaci.

 *A.E. nazionale AIMC e UCIIM

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