maestro di scuola,
di fede e oratore cristiano
-di p. Giuseppe Oddone*
Elezione di Leone XIV: un invito ad
avvicinarci a Sant’Agostino
E’ stato eletto Papa l’8 maggio 2025 il Card.
Robert Francis Prevost, ex generale dell’Ordine degli Agostiniani dal 2001 al
2013, poi vescovo missionario in Perù nella diocesi di Chiclayo dal 2014 al
2023; infine è stato richiamato a Roma da Papa Francesco nel gennaio del 2023 e
nominato Prefetto del Dicastero dei Vescovi, Presidente della Pontificia
commissione dell’America Latina e creato Cardinale il 20 settembre del 2023. Ha
preso il nome di Leone XIV. L’elezione a Sommo Pontefice di un figlio
spirituale di Sant’Agostino rappresenta un invito ad approfondire il legame
profondo e significativo che egli ha con questo Santo. E’ un’affinità interiore
che si è manifestata subito in vari aspetti: prima di tutto come religioso,
perché la sua formazione spirituale si è ispirata e continua ad ispirarsi
direttamente alla vita, agli scritti e alla spiritualità del grande Dottore
della Chiesa, che ha posto l'accento sulla vita comune, la ricerca di Dio,
l’interiorità, l'amore fraterno e il servizio alla Chiesa. Prima di diventare
Papa, come superiore generale, P. Robert Francis Prevost è stato moderatore e
responsabile dell'Istituto Patristico Augustinianum di Roma. Questo istituto è
un centro di studi di altissimo livello specializzato nella patristica, con
un’attenzione particolare alle opere e alla spiritualità di Sant'Agostino. Nei
primi anni del suo sacerdozio, dopo la sua formazione accademica, dal 1988 al
1999, l’attuale Papa è stato formatore di seminaristi in Perù, nella diocesi di
Trujillo, ed insegnante di Diritto canonico, Patristica e Morale, attualizzando
la figura di Sant’Agostino come maestro. Lo stemma episcopale e papale di Leone
XIV è tipicamente agostiniano: sotto la tiara papale e le due chiavi, una color
oro e l’altra color argento, segni del potere papale, lo scudo araldico è
diviso trasversalmente in due parti: sopra in campo azzurro un giglio, simbolo
tradizionale della Vergine Maria, sotto in campo bianco il rosso libro, che
rappresenta sia la parola di Dio sia le opere di Sant’Agostino; il libro è
sormontato da un cuore rosso porpora coronato di fiamme e trafitto da una
freccia. E’ un chiaro riferimento alla Sacra Scrittura e alla sua
interpretazione allegorica che fa riferimento al cuore umano bersaglio
dell’amore di Dio: Lam. 3,1: “Posuisti quasi signum ad sagittam” (Mi hai
posto come un bersaglio per la tua saetta) e alle Confessioni IX,2,3 “Sagittaveras
tu cor meum charitate tua” (Hai saettato il mio cuore con il tuo amore).
Anche il motto episcopale e papale di Papa Leone è tratto da Sant’Agostino ed
allude al mistero della Chiesa come Christus totus, corpo mistico di
Cristo: In Illo Uno Unum (Esposizione sul Salmo 127,3) ossia “in quell’Uno
(Cristo) siamo una cosa sola”. Con queste parole, Agostino sottolinea l'unità
dei cristiani in Cristo, nonostante la loro molteplicità. Questo motto è un
chiaro segno dell'influenza agostiniana sul suo pontificato e sulla sua visione
della Chiesa. Anche quando si è presentato alla loggia di San Pietro ha citato
un'altra celebre frase agostiniana, che ha fatto da sfondo a tutto il suo
discorso: Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. E’ tratta da un
discorso di Agostino, che riassume il suo metodo pastorale e che è opportuno
citare nella sua completezza: “Nel momento in cui mi dà timore l'essere per
voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con
voi sono cristiano. Quel nome è segno dell'incarico ricevuto, questo della
grazia, quello è occasione di pericolo, questo di salvezza”. (Sermo 340,1).
Agostino maestro di
scuola
Agostino nacque a Tagaste, nell'attuale
Algeria, nel 354 d.C. La sua formazione iniziale fu di tipo grammaticale e
retorica, discipline fondamentali nell'istruzione romana dell'epoca che
orientava all’attività politica e forense. Fin da giovane, mostrò una spiccata
intelligenza e un'innata attitudine per la lingua latina, distinguendosi per la
sua capacità di comprendere e manipolare il linguaggio con giochi di parole,
con parallelismi ed antitesi, con rime ed assonanze, con le clausole musicali e
ritmiche per concludere un periodo, con la padronanza dei vari stili oratori,
con l’attenzione al pubblico a cui si rivolgeva. Studiò i manuali dei grandi
retori latini, in particolare di Cicerone e di Quintiliano, amò in particolare
il poeta Virgilio, assorbendone lo stile e la profondità di pensiero. Questa
base classica, sebbene inizialmente rivolta a una carriera laica, si rivelò
fondamentale per la sua futura attività di insegnante prima e poi di
predicatore e scrittore, fornendogli gli strumenti per esprimere concetti
complessi con chiarezza ed efficacia. Scrisse lui stesso da vescovo un completo
trattato di retorica, il De doctrina christiana, rivolto in particolare
a tutti coloro che nella Chiesa hanno compiti di insegnamento e di
predicazione. Dopo i primi studi ampliò la sua formazione a Tagaste e Madaura e
la completò a Cartagine.
Poi Agostino intraprese
la carriera di maestro di retorica e iniziò la sua attività di insegnante: essa
durò 13 anni dal 373 al 386 prima a Tagaste, poi a Cartagine, all'epoca una
delle città più importanti dell'Impero Romano, dove operò per diversi anni. Qui
la sua reputazione crebbe rapidamente, attirando numerosi studenti. Tuttavia,
insoddisfatto della condotta morale dei suoi allievi e della superficialità dei
suoi colleghi, decise di trasferirsi. La tappa successiva fu Roma, dove sperava
di trovare studenti più disciplinati e un ambiente più stimolante. Sebbene la
sua esperienza romana non fosse del tutto priva di delusioni, essa costituì un
periodo di ulteriore crescita professionale. La sua ricerca di un incarico più
prestigioso lo portò infine a Milano, che all'epoca era la capitale di fatto
dell'Impero d'Occidente. Qui nel 384 d.C. ottenne la cattedra di retorica
imperiale, quella più prestigiosa fra tutte. Il suo periodo come insegnante in
questa città non solo affinò le sue doti oratorie, ma gli permise anche di
approfondire le dinamiche della comunicazione e dell'apprendimento. Milano si
rivelò un punto di svolta decisivo nella sua vita. Entrò in contatto con il
vescovo Ambrogio; fu profondamente influenzato dalle sue prediche e dalla sua
profondità intellettuale e nel 387 Agostino si convertì al cristianesimo e
ricevette il battesimo.
Agostino maestro di fede
e oratore cristiano
Divenuto cristiano e
successivamente sacerdote e vescovo, Agostino ripensò al suo insegnamento.
Confessò di aver venduto nel passato una vittoriosa loquacità e di aver servito
alla vanità. Sentì l’esigenza di ridimensionare gli ideali di quella scuola di
cui era stato discepolo e maestro, di mettersi al servizio non della vanità e
del successo mondano, ma della verità; propose un nuovo modello di maestro e di
oratore con un bagaglio culturale desunto non solo dalle discipline retoriche,
ma soprattutto dalla fede e dalla Sacra Scrittura. In questa prospettiva il
maestro cristiano ha come compito principale di illuminare la mente, di
penetrare il cuore dell’allievo o dell’ascoltatore, di suscitare la fede. Per
tale motivo egli deve fare prima l’esperienza di ascesa a Dio: un viaggio
interiore, una navigazione, una corsa, una salita sulla scala degli esseri fino
a toccare personalmente Dio in Gesù Cristo, Verbo di Dio. Ma il Verbo è disceso
a noi nel mistero della creazione, dell’incarnazione, della sacra scrittura,
della Chiesa, dei poveri, continua a scendere nell’insegnamento cristiano e
nella predicazione. Il maestro o l’oratore cristiano, talora con una personale
sofferenza ma sempre nella carità, deve farsi piccolo con i piccoli, adattarsi
al loro linguaggio e alla loro comprensione. Tra il maestro ed il discepolo,
tra il predicatore e l’oratore deve crearsi una forma di inabitazione reciproca
che sviluppa un intimo scambio di sentimenti e di concetti. E’ l’amore di
Cristo che si è umiliato fino alla morte in croce l’anima e lo stimolo di ogni
insegnamento e di ogni predicazione: tutti, maestro ed alunni, predicatori ed
uditori, siamo suoi condiscepoli. Cristo ha rivoluzionato anche il linguaggio,
che deve essere essenzialmente umile, perché è un messaggio di salvezza rivolto
a tutti gli uomini, specialmente agli ultimi e agli emarginati, descritti
solitamente nella retorica tradizionale pagana con un linguaggio sprezzante e
caricaturale.
L’oratore cristiano e la
distinzione dei tre stili
Agostino riconosce l'importanza e la necessità
del sermo humilis per la predicazione cristiana. L’idea principale è che
il discorso umano deve riflettere la parola del Dio vivente, che scende e
penetra come una spada fino alle midolle dell’anima e come un aratro affonda
nel campo del cuore. Tuttavia, egli non rinnega la retorica, ma la
cristianizza. Per lui, la bellezza e l'efficacia del linguaggio non sono fini,
ma strumenti al servizio della verità divina. Egli riprende pertanto la
distinzione tradizionale della retorica classica: lo stile semplice se devi
insegnare, lo stile medio o temperato se vuoi dilettare e piacere all’uditorio,
lo stile sublime se devi persuadere. Tuttavia, un predicatore efficace deve
essere in grado di passare agilmente da uno stile all'altro a seconda
dell'argomento e dell'effetto desiderato sull'uditorio. Tutti i sermoni di
Agostino manifestano questa flessibilità, e dimostrano come la retorica, lungi dall'essere
una tecnica vuota, può essere un veicolo potente per la verità e la salvezza.
Un predicatore o uno scrittore cristiano deve essere in grado di variare il suo
stile a seconda dell'obiettivo. Le sue proposte possono valere anche per
l’insegnante che si trova davanti a classi diverse o in particolari situazioni
emotive.
Lo stile umile o semplice
L’oratore cristiano
utilizza prevalentemente lo stile semplice quando insegna e presenta ai
credenti i misteri della fede o spiega la Sacra Scrittura. Esso esige un tono
familiare e discorsivo che annulli le distanze e sia attento alle reazioni
emotive. Agostino cerca anche di instaurare un dialogo con l’uditorio, di
renderlo attore e non solo ascoltatore, talvolta addirittura dialoga con i
personaggi del Nuovo Testamento di cui si sta parlando, come Pietro, Paolo,
Marta, Zaccheo. Vi è poi l’aspetto dialettico e argomentativo, che risveglia
l’attività dell’intelligenza, presentando con chiarezza di linguaggio e
semplicità la verità di fede e risolvendo le difficoltà, prevalentemente per i
credenti nella linea del crede ut intelligas: un invito ad accendere la propria
fede per poter comprendere. Per Agostino la fede potenzia l’intelligenza. Lo
stile semplice si avvale in particolare della sentenza, ossia di una frase
inaspettata, acuta e penetrante, sostenuta da un’intensa emozione, che avvicina
i due poli opposti, il tempo e l’eternità, la miseria e la misericordia, la
sofferenza terrena e la beatitudine celeste, il peccato e la grazia, l’uomo e
Dio. Lo stile medio o temperato Agostino apprezza anche lo stile medio, che era
molto ricercato dai suoi ascoltatori. Esso ha la finalità di piacere agli
ascoltatori e di dilettare e viene proposto particolarmente nel celebrare le
feste cristiane: il mistero della Trinità, l’Incarnazione con il rapporto tra
la natura umana e divina in Cristo, la nascita di Gesù, la sua vita terrena, la
passione, la resurrezione, la bellezza del creato. Questo stile non ha una sua
funzione autonoma, come per gli oratori pagani e i sofisti, ma è sempre al
servizio dello stile semplice che insegna, o dello stile sublime che persuade.
Nel creare bellezza e diletto lo stile medio si avvale di alcune tecniche di
cui Agostino è insuperabile maestro e modello: il parallelismo di struttura e
di pensiero, le figure di ritmo e di suono con allitterazioni e assonanze, le
antitesi che sono nella struttura stessa della fede cristiana, le gradazioni,
in genere con periodi semplici e brevissimi che martellano con insistenza
un’idea, si richiamano a vicenda e si imprimono nella memoria per le clausole
ritmiche e per la rima e portano l’uditore a passare dal diletto esteriore alla
verità espressa nel mistero cristiano. Lo stile sublime Quando l’oratore
cristiano deve convertire o stimolare all’amore di Dio e dei fratelli o al
dolore per gli scandali nella Chiesa adotta una nuova forma di stile, lo stile sublime.
Esso presuppone un’intensa carica emotiva, una sofferenza interiore davanti
agli errori di cristiani coinvolti nell’avarizia, nella lussuria, nello
scandalo. Nello stile sublime è essenziale l’ardore dell’animo: gli ornamenti
retorici non sono direttamente ricercati, ma nascono dall’impeto emotivo. In
genere si ricorre quasi senza accorgersene a figure di pensiero come a
interrogative incalzanti e spezzate, ad apostrofi agli ascoltatori, a
illuminanti metafore, ad esempi del passato, ad accumulazione di termini con
enumerazioni e paradossi, in alcuni casi ad ironia sferzante, ma anche ad
anafore ed epifore, cioè a periodi che incominciano e finiscono con la stessa
parola; importante è ricostruire e demolire i meccanismi psicologici di difesa
che l’uditore inconsciamente vive. Agostino ricorre allo stile sublime in
alcuni suoi sermoni, in particolare quando cerca senza acidità moralistica ma
con fraternità di distogliere i cristiani dall’avarizia, dall’adulterio, dai
disordini sessuali, dalla piaga della prostituzione e degli spettacoli
immorali, proponendo e demolendo le motivazioni degli ascoltatori che
ritenevano questo un segno di civiltà e di libertà. Egualmente con intensa
carica emotiva, con un ritmo spezzato come in un singhiozzo, Agostino si rivolge
ai suoi fedeli e a coloro che avevano cercato riparo nella provincia d’Africa,
parlando della distruzione di Roma del 410 per opera di Alarico, e mostrando la
falsità delle obiezioni di coloro che davano la colpa ai cristiani di questa
enorme sventura, segno della decadenza dell’impero. Occorre tuttavia aggiungere
che un buon oratore cristiano sa variare gli stili all’interno del suo discorso
e passare da uno stile ornato ed empatico, prevalentemente nell’esordio, allo
stile semplice nel presentare la verità cristiana, per arrivare allo stile
sublime nel persuadere gli ascoltatori a vivere concretamente la loro fede.
Un’ultima osservazione agostiniana: per essere un buon oratore cristiano, prima
devi essere un orante, perché nelle mani di Dio siamo noi e i nostri discorsi. È
lo Spirito di Dio che “in quell’ora”, l’ora del nostro discorso ai fratelli,
interviene nelle parole dell’oratore e le rende efficaci.
*A.E. nazionale AIMC e UCIIM
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