la politica
educa i giovani
- di
Giuseppe Savagnone
Un aspetto trascurato
Un
aspetto della politica che raramente viene preso in considerazione è la
sua ricaduta sul piano educativo. Non mi riferisco qui all’influsso
intellettuale delle ideologie, ormai in profonda crisi.
Ma
già Aristotele aveva osservato che nella sfera morale l’educazione alle virtù –
oggi parliamo preferibilmente di valori – non dipende tanto da “prediche”
astratte, quanto dall’esempio che viene dall’ambiente in cui si cresce e si
vive.
Di
questo ambiente vitale fa parte la politica. Di politica e delle scelte di
coloro che la gestiscono parlano ogni giorno i quotidiani e i notiziari
radiofonici e televisivi. E i protagonisti della vita pubblica
rappresentano inevitabilmente dei modelli etici.
Ciò
vale per tutti, ma in particolare per i giovani, che inevitabilmente vedono nel
successo di un personaggio politico la conferma del sistema valoriale a cui i
suoi comportamenti si ispirano. Naturalmente parliamo qui dei leader
riconosciuti dai mezzi di comunicazione e dall’opinione pubblica come
espressioni della nostra civiltà e del nostro costume. È improbabile che
si guardi a Putin o a Xi Jinping come a modelli etici.
Trump
e Callicle
E
perciò in primo luogo la domanda che ci poniamo riguarda il presidente del
paese che dalla fine della seconda guerra mondiale costituisce il punto di
riferimento non solo politico, ma anche culturale, dell’Occidente. Quali
valori suggerisce il modo di Donald Trump di intendere e di vivere la politica?
Il
Tycoon lo ha dichiarato, fin dalla sua campagna elettorale: il suo obiettivo è
quello di “Rendere di nuovo grande l’America”. L’elemento, però,
che differenzia la sua politica da quella dei suoi predecessori – i quali, pur
senza dirlo così apertamente, perseguivano lo stesso obiettivo – è che essi
ritenevano di poterlo conciliare con l’idea di un bene comune più ampio,
inclusivo di quello degli altri paesi disposti a camminare sulla via della
democrazia.
Per
Trump, invece, il primato degli interessi degli Stati Uniti comporta,
inesorabilmente, la loro affermazione illimitata, a spese anche di quanti
erano stati finora amici o almeno alleati dell’America.
Il
punto è che, per il presidente americano, il bene non è un valore integralmente
umano – comprensivo, perciò, della dimensione morale e di quella
relazionale – , destinato perciò ad accrescersi se condiviso, ma
tende a identificarsi con gli “interessi,” in primo luogo con quelli
rappresentati dalla ricchezza e dal potere. Perciò, come di qualunque
realtà materiale, per assicurarne una quota maggiore agli Stati Uniti si deve
inevitabilmente ridurre quella degli altri.
Questo
atteggiamento competitivo esige il ricorso alla forza, anche in violazione di
tutte le regole. Trump, a proposito del diritto internazionale, mostra di
condividere (probabilmente senza saperlo) la tesi che Platone mette in
bocca a Callicle, quando, nel Gorgia, replica
agli argomenti di Socrate che difende il valore imprescindibile della
legge morale e giuridica: «Io credo che ad inventare la legge sia stata la
massa dei deboli. Dunque, a proprio favore i deboli pongono le
leggi (…), dicono che è brutto e ingiusto mettersi al di sopra degli altri
(…). E la loro mira – a mio parere – sta nell’ottenere l’uguaglianza, pur
essendo più deboli (…). Ma mi pare che la natura stessa mostri che giusto è che
chi è migliore abbia più di chi è peggiore e chi è più potente abbia più di chi
è meno potente (…), che il più forte domini il più debole e abbia più di lui
(…). Ma, ne sono convinto, se nascesse un uomo dotato di una natura
forte quanto occorre, allora essa scuoterebbe da sé tutte queste
remore, le spezzerebbe e si ribellerebbe ad esse, calpesterebbe le
nostre scritture, i nostri incantesimi e i nostri sortilegi e le nostre
leggi» .
Questo
passo esprime bene la portata educativa della questione. Socrate è stato
un educatore di giovani, come lo erano i sofisti, che miravano a formare le
nuove generazioni proponendosi di insegnare loro ad affrontare la vita come
realmente è. Platone impersona in Callicle la posizione di questi
ultimi. Ma il dibattito del Gorgia si è prolungato nei
secoli e le prese di posizione di Trump dimostrano che dura fino ad oggi.
Al
di là delle leggi
Sulla
linea di Callicle il presidente si è posto quando ha dichiarato senza mezzi
termini, fra lo sbalordimento generale, di volersi annettere, anche con la
forza, la Groenlandia, che appartiene alla Danimarca, con la sola
giustificazione che ciò è nell’interesse degli Stati Uniti.
Calpestando
così apertamente tutte le regole del diritto internazionale e tutti gli accordi
(la Danimarca è un membro della NATO dunque, per statuto, un alleato che gli
Stati Uniti dovrebbero difendere in caso di attacco esterno!). La forza al
posto del diritto, l’interesse particolare dell’America – il solo che
conti – che cancella bene e il giusto.
Nella
stessa prospettiva Trump – sempre in nome della sua interpretazione economica
degli interessi degli Stati Uniti – ha rivoluzionato le regole e violato
tutti gli accordi riguardanti il commercio internazionale, utilizzando lo
strapotere economico del suo paese per imporre agli altri, anche agli amici e
agli alleati, le sue decisioni in materia di dazi.
Non
per far nascere un nuovo ordine, ma col chiaro intento di evidenziare, con la
stessa imprevedibilità delle sue scelte, il proprio assoluto potere rispetto a
qualunque ordine.
La
stessa pretesa di onnipotenza ha ispirato l’annuncio del Tycoon a un mondo
incredulo del suo progetto di trasformare Gaza in un resort turistico
di lusso, cacciando coloro che lo abitano.
Anche
questa volta, come per i dazi, non si è trattato solo di minacce, perché,
proprio grazie all’appoggio politico e militare di Trump, il premier israeliano
Netanyahu ha potuto rompere la tregua che a gennaio aveva accettato e
riprendere, con una violenza più cieca e disumana di prima, il massacro
sistematico dei civili palestinesi, per convincerli ad andarsene “liberamente”
dalla loro terra.
Questo
esercizio illimitato della forza per garantire l’inizio di una «età dell’oro»
degli Stati Uniti si sta realizzando non solo nella politica
internazionale, ma anche nei confronti degli immigrati irregolari – 11 milioni
– presenti negli Stati Uniti, che Trump sta sradicando con la forza dal tessuto
sociale in cui ormai erano inseriti per deportarli in paesi che, a suon di
dollari, convince ad accoglierli, in condizioni spesso disumane.
Una
violenza così evidente da suscitare la protesta ufficiale dei vescovi degli
Stati Uniti, molti dei quali erano stati favorevoli alla sua elezione.
Rientra
in questa spregiudicata volontà di potenza la pretesa del Tycoon di
piegare anche la realtà alla propria volontà. Come gli antichi sofisti,
anche Trump pensa che il vero coincida con ciò che egli ritiene e
dichiara tale.
I
giornali americani hanno fatto l’elenco lunghissimo delle sue clamorose
menzogne, sia prima che dopo la sua elezione. Che non incrinano, anzi
consolidano il suo trionfo.
Un
capovolgimento della realtà peraltro confortato dalla proposta, avanzata dal
Pakistan e sostenuta da Netanyahu, di conferire al presidente americano il
premio Nobel per la pace.
L’impotenza
culturale e politica dell’Europa
Questa
è la lezione che viene ai giovani della massima autorità politica del mondo
democratico. Ma a renderla pienamente convincente è la debolezza
delle alternative.
Il
mondo occidentale, con tutta la sua storia democratica, non trova in se
stesso le risorse culturali – prima che politiche ed economiche – per
affrontarlo e additare una alternativa.
L’Europa,
che dovrebbe essere la custode delle radici valoriali della nostra civiltà, da
tempo le ha smarrite, per consegnarsi a una frammentazione spirituale che
rispetta, giustamente, le diversità, ma non riesce a ricondurle a una
prospettiva unitaria. Esattamente come avviene nell’ambito politico.
Da
qui anche l’incapacità dell’Occidente di schierarsi risolutamente a
difesa di quelli che un tempo erano i suoi valori. Primo fra tutti, il rispetto
della persona umana, solennemente sancito nelle dichiarazioni dei diritti.
Emblematica,
già prima dell’ascesa al potere di Trump, la complice inerzia di fronte allo
spaventoso massacro perpetrato da Israele a Gaza e quotidianamente
registrato dalle notizie e dalle immagini di giornali e telegiornali.
Un’Europa
che celebra ogni anno con commozione la memoria delle innocenti vittime della
Shoah, continua da diciotto mesi a non muovere un dito per fermare
il nuovo Olocausto che si sta verificando sotto i suoi occhi, anche solo
fermando il flusso di armi fornite allo Stato ebraico.
Senza
per questo rinunziare, quando invece si tratta della giusta difesa del popolo
ucraino, a invocare a gran voce il diritto e la giustizia. Clamoroso
doppio standard che mette in dubbio la serietà degli ideali dichiarati e fa il
gioco della spregiudicatezza di Trump.
Ancora
più evidente è il cedimento alla logica del Tycoon nell’atteggiamento
verso i migranti, che vede il Vecchio Continente, un tempo aperto
all’accoglienza – come è nella storia delle sue origini e nella sua tradizione
cristiana – , al pari degli Stati Uniti, e ora, al pari degli Stati Uniti,
sempre più ripiegata su se stessa, in nome dei suoi “interessi”, e sempre più
indifferente alle drammatiche esigenze degli esseri umani che vengono a cercare
alle sue frontiere una vita migliore.
Un
messaggio nella bottiglia
Rappresenta
bene questa paralizzante contraddizione dell’Europa la posizione della nostra
presidente del Consiglio, che non perde occasione per ribadire la sua fedeltà
ai valori cristiani, che nei suoi discorsi non manca mai di ribadire il
primato della persona umana, e che al tempo stesso, non solo si dichiara in
profonda sintonia con Trump, ma ne segue di fatto le orme.
A
cominciare dalla sua politica nel Medio Oriente: l’Italia, come per la verità
ha fatto in passato, continua a rifiutarsi di sostenere ogni tentativo di
fermare Israele nella sua politica criminale (il termine è della Corte Penale
Internazionale). Ma anche per quanto riguarda le politiche migratorie, il
nostro governo si vanta di essere per tutta l’Europa un modello di
chiusura e di deportazione.
Callicle
trionfa e i giovani non possono non registrare che quella indicata da lui è la
via per il successo. Anche oggi, tuttavia, Socrate continua a testimoniare che
un’alternativa esiste, se non per il successo, almeno per restare umani. Egli
continua a farlo nella esperienza degli operatori umanitari che spendono la
vita per palestinesi e migranti, nel coraggio dei giornalisti che sfidano
– , rischiando anche la vita – le censure e il silenzio dei governi
e della maggior parte della stampa, nelle prese di posizione dei giudici
che negli Stati Uniti, ma anche in Italia, cercano di opporsi all’arbitrio del
potere.
Anch’essi
sono, a modo loro, con i loro limiti, con i loro errori, degli educatori.
La loro voce, è vero, assomiglia a quella del naufrago che consegna il suo
messaggio in una bottiglia gettata in mare.
Ma
basta perché non sia spenta la speranza e che ci sia chi lo raccoglie.
Nessun commento:
Posta un commento