Domenica
4 Agosto 2024
Commento
al brano del Vangelo
Gv 6,24-35
Questa
domenica prosegue la lettura del sesto capitolo del Vangelo secondo Giovanni, che alcuni studiosi
definiscono “il discorso eucaristico”. Gesù, infatti, ci prende per mano e
dalla moltiplicazione dei pani giunge a
parlare di sé come pane della vita, capace di saziare l’anelito di infinito che
portiamo nel cuore. Soffermiamoci in particolare su due passaggi.
Primo:
perché cerco Gesù? Nel Vangelo la folla insegue Gesù e quasi lo rimprovera per essere andato altrove dopo
aver moltiplicato i pani. Gesù ne svela
il motivo: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete
mangiato di quei pani e vi siete
saziati». Ecco il rischio: cercare il Signore soltanto per avere
benefici materiali o per risolvere i
nostri guai, oppure seguirlo soltanto finché ci
dà quel che chiediamo.
È
vero, spesso lo cerchiamo nell’ora del bisogno; molti se ne fanno una colpa ma Gesù di certo non se ne stupisce,
anzi, è una benedizione cercarlo
nell’ora dell’afflizione! Significa che, finalmente, iniziamo a capire che da soli non ce la facciamo, che
abbiamo bisogno del suo aiuto. Il
problema è se poi non facciamo il salto di qualità, aprendoci ad una relazione vera con Lui, decidendoci a
seguirlo. Come ci ha ricordato papa
Francesco: «tra le tante tentazioni ce n’è una che potremmo chiamare tentazione idolatrica. È quella che ci spinge
a cercare Dio a nostro uso e consumo,
per risolvere i problemi, per avere grazie a Lui quello che da soli non riusciamo ad ottenere, per
interesse. Ma in questo modo la fede
rimane superficiale e anche – mi permetto la parola –
miracolistica: cerchiamo Dio per
sfamarci e poi ci dimentichiamo di Lui quando siamo sazi.
Al
centro di questa fede immatura non c’è Dio, ci sono i nostri bisogni… è giusto presentare al cuore di Dio
le nostre necessità, ma il Signore, che
agisce ben oltre le nostre attese, desidera vivere con noi anzitutto una
relazione d’amore. E l’amore vero è disinteressato, gratuito: non si ama per ricevere un favore in cambio!
Questo è interesse». Perciò Gesù ci
esorta: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il
Figlio dell’uomo vi darà». C’è un cibo
che rimane per la vita eterna che Gesù dona: è la Sua Parola che ci insegna ad amare, è la sua Presenza che ci
dona la grazia di amare, è la grazia dello Spirito Santo che illumina il nostro
cammino e ci aiuta a scegliere ciò che
vale, perché in fondo soltanto l’amore rimane, ed è soltanto l’amore che potremo portare con noi
nell’aldilà. Chiediamoci dunque: io per
cosa cerco il Signore? Gli chiedo un cuore nuovo? Di rendermi capace di amare, di sopportare, di
sostenere, di capire?
Secondo:
la prima opera da fare è credere. La folla chiede cosa debba compiere per fare le opere di Dio. Vi è qui
la nostra tendenza: fare. Ridurre la
fede al fare. Pensare che la fede consista in opere sociali, in iniziative pastorali… No, le opere servono,
certo, ma non si parte dal nostro fare,
ma dal lasciare fare a Dio! A generazioni intere abbiamo trasmesso una fede fatta di precetti, di cose
da fare e soprattutto da non fare, di
divieti, di sforzi per meritare le grazie… fallendo miseramente. Non si parte da noi ma da Dio, dal far
esperienza del suo amore, della sua
potenza. Infatti, Gesù dice: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Si parte da qui,
dall’accogliere Gesù.
Cercoiltuovolto
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