a cercare la felicità -
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SILVIA GUZZETTI
- Intervista a Sir Antony Seldon
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«Misurare la felicità è difficile e, per
questo motivo, si tende a non farlo e a dimenticare quanto sia importante per
la nostra vita. È molto più facile calcolare il prodotto interno lordo di un
Paese, il numero di merci che vengono prodotte oppure il rendimento scolastico
degli alunni attraverso voti e esami».
Sir
Anthony Seldon è una delle figure più importanti del movimento britannico per
il benessere. Storico contemporaneo britannico, autore di oltre quaranta
volumi, tra i quali biografie di John Major, Tony Blair, Gordon Brown, David
Cameron e Theresa May, Seldon ha fondato, insieme a Lord Layard, 'Action for
happiness', una charity, con lo scopo di promuovere la felicità in tutto il
mondo, che ha 330mila membri in 190 Paesi e come patrono il Dalai Lama.
Quando
parliamo è il quinto anniversario della morte della moglie Joanna, conosciuta a
Oxford, durante l’ultimo anno di università. «Eravamo in vacanza con un gruppo
di amici sulle colline sopra Firenze e ci siamo innamorati. Adoravamo l’Italia
ed abbiamo avuto un matrimonio molto felice, durato trentaquattro anni. Era una
persona molto più intelligente di me, una scrittrice, una poetessa
e un’insegnante, ma ha sacrificato la sua carriera per curare i
nostri tre figli e la casa», ricorda con un po’ di rimpianto.
«Il suo sacrificio mi ha consentito di concentrarmi sulla mia
carriera. Adesso so
che
è sbagliato dare più importanza al lavoro rispetto alla famiglia e agli amici,
ai rapporti che contano davvero nella vita. È la trappola nella quale
cadono molte persone di successo che vengono sradicate da queste relazioni così importanti. Certo è
possibile essere al potere e mantenersi equilibrati come dimostra, per esempio,
Angela Merkel, ma non è facile».
Quindici
anni fa sir Anthony è stato scelto come preside della prestigiosa scuola
privata 'Wellington college', nel sud d’Inghilterra, e risale ad allora il suo
interesse per il tema del benessere.
«Mi
ero accorto che gli alunni, benché figli di genitori molto ricchi,
erano spesso infelici e ho cominciato a studiare la scienza della felicità,
quello che medicina e psicologia ci dicono sull’argomento e a leggere i libri
dell’americano Martin Seligman», racconta. «Ho scoperto che, per una buona
qualità della vita, occorre coltivare relazioni con famigliari e amici,
occuparsi bene del proprio corpo, facendo sport e mangiando bene, dare un
significato a quello che si fa e coltivare attività che ci piacciono. I soldi
non aiutano ad essere felici. Una passeggiata all’aria aperta. Partecipare a un
coro. Incontrare gli amici. Tutte queste esperienze ci rendono felici ma non costano
nulla. Per questo ho motivo ho avviato, per la prima volta nel Regno Unito,
classi di felicità. Per insegnare ai giovani a coltivare quello che conta
davvero nella vita. Purtroppo, è molto difficile inserire queste lezioni nel programma
scolastico».
Secondo
l’esperto è importante avere indici, nei vari Paesi, per misurare
il benessere e cruciale è anche il rapporto 'World
Happiness
Report', usato da governi e istituzioni internazionali di 156 Paesi. È un modo
per mantenere, in cima alle nostre priorità, la qualità della vita. «Se i
nostri figli sono sottoposti in continuazione alla pressione degli esami, senza
che si possano rilassare con lo sport, la musica o gli amici o la meditazione o
se lavoriamo ventiquattrore su ventiquattro la nostra salute mentale ne
soffrirà – sottolinea –. È importante che i politici parlino di più di qualità
della vita e che la promuovano, investendo, per esempio, nella prevenzione
anziché soltanto nella cura delle malattie». Una parola conclusiva il guru della
felicità la spende per la religione. «Chi crede e chi segue un codice morale è
spesso più felice di chi fa il male e sarà sempre così. Per crescere nella
vita bisogna coltivare la nostra dimensione interiore e chi cerca di fare del
bene, aiuta gli altri, coltiva l’onestà avrà una vita migliore».
www.avvenire.it
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