sabato 14 gennaio 2023

ECCE AGNUS

 
+ Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 1,29-34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

- Commento di Paolo Curtaz

 Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui.

È la prima azione che Gesù compie nel Vangelo di Giovanni. Gesù cammina, è il viandante deciso a condividere con ogni uomo un tratto di strada. E viene incontro, viene verso Giovanni il Battista, viene verso di me.

Come abbiamo celebrato in questo breve tempo di Natale appena trascorso, per ricordarci che Dio si è fatto vicino, ci raggiunge, ci insegue.

Noi cerchiamo colui che ci cerca. Ma non ce ne accorgiamo. Perciò necessitiamo di battisti che ce lo indichino. Perciò la Chiesa è (dovrebbe tornare ad essere) la comunità di battisti che indica ad altri il Signore che passa. Perciò, colmi di gratitudine, salutiamo nel suo percorso Benedetto Papa, riservato e forte cercatore di Dio, credibile testimone di Cristo.

Giovanni battezzatore vede Gesù che viene verso di lui e riconosce in lui non solo più il penitente che si mischia alla folla, il solidale che condivide la condizione di fragilità e pena di ogni umano. Vede il lui l’agnello che porta su di sé il peso del peccato.

Ecce agnus

Ecco l’agnello che toglie il peccato del mondo. La voce, ora, è a servizio della Parola. Gesù è l’agnello. Non un leone, non un drago, non una vipera.

Un agnello mite e senza pretese. E tutte le idee di Dio che lo mostrano come un orribile mostro sono visoni demoniache da cancellare e dimenticare.

Un agnello come i tanti sacrificati duranti gli olocausti al tempio. Come i tanti agnelli ancora oggi sacrificati nei nuovi templi dell’interesse, dell’odio, della sopraffazione. Milioni di vittime innocenti. Solidale per sempre, Gesù si schiera al fianco di chi è solo. E toglie, cancella, elimina il peccato del mondo.

Il sacrificio, nelle religioni, consiste nell’immolare qualcosa a Dio. Qui, invece, è Dio ad immolarsi per noi. Non chiede sacrifici (cosa che continuiamo a pretendere da chi amiamo), ma rende sacro (da sacrum facere) ogni gesto.

L’uomo non riesce ad evitare il male, la parte oscura e meschina di sé, la asseconda, se ne fa affascinare, ne resta impigliato.

L’agnello porta il peccato, lo toglie, lo cancella, lo redime. Non i peccati, quelli piccoli o grandi che possiamo commettere e che inevitabilmente commettiamo. Ma il peccato. Quella distanza che ci allontanava inesorabilmente da Dio. Il peccato non esiste più. Nulla ci può più separare da Dio. Perché questa distanza è stata colmata. Qualunque cosa accadrà in questo anno appena iniziato, Dio la userà per salvarmi.

Ignoranza

Io non lo conoscevo, ripete per due volte un assorto e stupito Giovanni Battista. Ha passato la vita a preparare la strada al Messia, al giustiziere, al vendicatore e restauratore. Ma ora la sua idea su Dio è stravolta. Ammette di non sapere. Di non avere compreso.

Credeva di sapere, credeva di credere, credeva di conoscere. Tutta la sua vita si era consumata intorno a quell’attesa, a quella preparazione, a quell’incontro. Tutta la sua credibilità, che attirava folle dalla lontana Gerusalemme, che sapeva tenere testa alle spie inviate dal Sinedrio per metterlo in difficoltà, era fondata su quella coerenza radicale, quasi indisponente, brutale.

L’ultimo dei profeti, il più grande, il più epico, il più irraggiungibile, ora è spiazzato. Perché solo i grandi uomini accettano di farsi mettere in discussione anche quando credono di sapere. E magari sanno veramente.

Eppure, ammette, non gli importa di apparire stolto e di esplicitare un errore o una debolezza.

Io non lo conoscevo.

Ammette che esiste un prima, un avanti che il Nazareno conosce e lui non ancora.  Così è la nostra vita di ricerca. Così inizia questo tempo donato da Dio.Senza sapere. Anche se già sappiamo. Senza sederci sulle certezze acquisite, sulle cose donate e imparate, senza voler apparire arrivati o sapienti. La vita di fede è un già e non ancora. Una caccia al tesoro iniziata qui e spostata nell’Eterno. Dio sa stupirci, se lo lasciamo fare.

Ho visto.

La conoscenza di Dio nasce sempre da un’esperienza. il vedere non è solo un distratto guardare estetico, curioso, superficiale. È l’atteggiamento di chi si pone davanti alla vita con mille domande, ma non per il piacere di ascoltare il suono della propria voce, ma nella consapevolezza che o siamo cercatori o non siamo.

Ho visto, dice Giovanni. Abbiamo visto un Dio che diventa bambino, che ribalta le nostre prospettive, che colma le nostre stalle, che si rivolge agli sconfitti della storia. Abbiamo visto, se non ci siamo lasciati sopraffare dall’inutile buonismo che emoziona e non converte, se non ci siamo lasciati avvelenare dalla disperazione di chi ha vissuto questo giorni da solo.

 È questo il cristianesimo: lo stupore di un Dio che prende l’iniziativa, che annulla le distanze, senza porre condizioni, senza chiedere nulla in contraccambio.

 Ho visto e ho testimoniato.

Nel vangelo di Giovanni, il cui autore, è bene ricordare, era uno dei due discepoli del Battista che ha seguito il Maestro, il profeta non è un precursore ma un testimone.

Possiamo testimoniare solo se sperimentiamo, non per sentito dire. Possiamo testimoniare solo se ammettiamo di non conoscere e ci poniamo all’ascolto, se ammettiamo di non conoscere a sufficienza. Giovanni testimonia che ha scoperto in Gesù il Figlio di Dio.

Non il Messia vendicatore, non un grande uomo, non un profeta o un guru, non un autore spirituale. Il Figlio di Dio, qualunque cosa questa affermazione significhi. La comunità cristiana nascente che racconta questo episodio, mentre Giovanni scrive, ancora non ha sviscerato le conseguenze di questa affermazione. Dell’alta montagna ancora intravvede solo l’alta cima innevata. Ancora deve salire. Ma la direzione è quella. E il Gesù Figlio di Dio è colui che papa Benedetto ha costantemente annunciato, lontano dal cedimento alla logica del mondo, lontano da chi pensa di rendere gradevole il cristianesimo dilavandolo.

Io vi rendo testimonianza. Io, Paolo. Irrequieto per grazia. Cercatore per passione.

Ho visto e ho testimoniato nella mia vita intensa, complessa, contradditoria, densa, misteriosa, che Gesù è il Figlio di Dio. E ancora vivo per capire la profondità di ciò che ho visto e che ancora devo capire.

 Paolo Curtaz

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