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mercoledì 27 maggio 2020

IN CAMMINO VERSO IL DOMANI. La pandemia e il futuro dell'educazione.


L'INSEGNAMENTO NEL TEMPO DELLA PANDEMIA
.... E DOPO?

 L’Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici (UMEC-WUCT) ha dato avvio a una serie di seminari telematici su tematiche afferenti l’educazione nel tempo della pandemia e le prospettive per il futuro. Ogni seminario coinvolge insegnanti (dalla scuola materna all’università) di varie parti del mondo. Il dibattito viene introdotto dal presidente dell’Unione, Bourdeaud’hui, e concluso dall’Assistente E. dell’Unione, l’Arcivescovo Dollman. Valori, progettualità, scambio di esperienze caratterizzano ogni incontro.

 di Giovanni Perrone*

Il virus è arrivato come un improvviso terremoto che ha sconquassato il mondo intero, mettendo in crisi le molteplici certezze sulle quali credevamo fondato il nostro futuro. Esso ha evidenziato la nostra fragilità, provocando il repentino crollo dei ponti e la frana delle autostrade sulle quali eravamo abituati a correre coi nostri potenti mezzi e talora con la nostra sprezzante arroganza ed autosufficienza.
Alcuni hanno subito compreso la gravità della situazione, altri hanno fatto la politica dello struzzo, altri si sono illusi e sono rimasti alla finestra … Eppure, alcune avvisaglie c’erano state e diverse “profezie” erano state considerate folli voci di Cassandre.
L’isolamento al quale siamo stati costretti ci ha disorientato e messo in crisi, ci ha obbligati a rinunciare ai molteplici impegni assunti, ad interrogarci per cercare vie alternative, a mettere in atto risorse sconosciute. L’inimmaginabile è diventato concretezza quotidiana. Abbiamo dovuto sperimentare nuovi modi di relazionarci e di apprendere. Scuole, università, insegnanti, genitori sono stati obbligati ad agire diversamente dal solito, e in ciò hanno mostrato un generoso impegno, nonostante la quotidiana fatica dell’insegnamento a distanza. Anche gli alunni hanno dovuto adattarsi ad insolite forme di segregazione e di apprendimento.
Ora ci attende il domani. Non possiamo illuderci che si chiuda il sipario per riaprirsi sul mondo che fu. Siamo tutti chiamati a guardare oltre l’orizzonte, valorizzando ciò che abbiamo appreso e impegnandoci nel saper gestire il nuovo che avanza.
Monsignor Zani, nei giorni scorsi, ha evidenziato che “questa pandemia ha causato altre pandemie: la pandemia sociale e la pandemia economica, ma soprattutto una pandemia di cui si parla poco: cioè la pandemia educativa, che è molto grave. Come afferma Papa Francesco, l'istruzione richiede mente, cuore e mani e attraverso l'istruzione a distanza poniamo l'accento sulla mente, ma mancano il cuore e le mani”. Come fare interagire l’opportunità di valorizzare, nella maniera più opportuna,  l’istruzione a distanza con la necessaria relazionalità “in presenza” che coinvolge anche il cuore e le mani? Come riportare bambini, ragazzi e giovani al centro dell’attenzione educativa?
L’istruzione a distanza ha favorito in gran parte le famiglie e i ragazzi benestanti, ma sicuramente ha danneggiato i più svantaggiati e poveri, provocando o accrescendo varie forme di emarginazione. Ci domandiamo: “Come permettere la crescita di una società e di una scuola più inclusiva, ove ognuno trovi pieno spazio per valorizzarsi ed essere valorizzato? Come superare (sia nell’insegnamento in aula sia in quello a distanza) le varie forme di svantaggio e di emarginazione? Come organizzare le scuole, le università, i vari spazi interni ed esterni, i tempi per garantire a ciascuno sicurezza e qualità di insegnamento e apprendimento?
Occorrerà saper coniugare l’insegnamento e la didattica a distanza e in presenza con la pedagogia e la didattica di prossimità (P. Moliterni) e sviluppare creatività, competenza e lungimiranza, uscendo fuori da schemi rigidi, sovranisti, ripetitivi. La vita, infatti, è un’avventura, un cammino verso sempre nuovi orizzonti e mete elevate, ricco di scoperte, incontri, rischi, conquiste e sconfitte, incertezze, dialoghi e silenzi, fatica e riposo, meraviglia e contemplazione. Il cammino di Gesù con gli apostoli ci è di esempio e di incoraggiamento.
Nel quotidiano peregrinare occorre sapersi orientare e riorientare, interrogarsi e interrogare, valutare e discernere, evitando sirene e “pifferai magici”. Una buona vita è, infatti, quella vissuta “con gli altri e per gli altri, in istituzioni buone” (P. Ricoeur).  La pandemia ha messo in risalto l’attaccamento degli uomini alla vita e ha risvegliato l’esistenza di uno slancio universale verso la vita buona vissuta in società ben governate (E. Banywesize).
 E’, infatti, un quotidiano e prioritario impegno per la scuola promuovere la buona vita!
Quasi sempre le strutture scolastiche sono state luogo privilegiato del “fare scuola” e le occasionali uscite dalla scuola sono state vissute come momenti di evasione. Eppure i territori ove viviamo sono ricchi di risorse stimolanti e di alto valore educativo. Perché non valorizzare, ad esempio, i boschi, i musei, i monumenti, gli spazi cittadini ecc...  come luoghi di apprendimento, di relazionalità positiva e di crescita? Perché non trovare modalità efficaci per esplorare il territorio più prossimo? Perché non incontrare i ragazzi all’aria aperta, trovando responsabilmente le situazioni più opportune? ….. Nel mondo ci sono molte buone esperienze in tal senso.
La formazione a distanza ci permette di interagire con colleghi di realtà molto lontane dalla nostra. E’  bello incontrarsi, conoscersi, confrontarsi. In questi mesi le varie istituzioni offrono molte buone occasioni di scambi via web. Perché non proseguire il cammino, mettendo in rete università, scuole, insegnanti, alunni, genitori e favorendo un proficuo dialogo?
L’UMEC-WUCT continuerà ad operare in questo senso. Ciò non vorrà dire metter fine agli incontri internazionali, preziosa occasione di relazioni e  di maturazione, ma iniziare cammini comuni che facciano interagire gli scambi a distanza con gli incontri “de visu”.
Lo stesso per gli alunni, che avranno l’opportunità di confrontarsi con coetanei di altre città, nazioni, realtà diverse, non solo per conoscersi, ma per condividere esperienze e progetti. E così via.
Quando torneremo a scuola dobbiamo valorizzare ciò che questi faticosi mesi di isolamento fisico ci hanno insegnato. È stato, infatti, un periodo di “distanziamento fisico” che però ci ha fatto riflettere sulla necessità di uscire dalle nostre “tane”, dal nostro piccolo mondo - talora auto-referente – per aprirci agli altri, superando meschine frontiere, stereotipi e pregiudizi. Responsabilità e intraprendenza debbono sostituirsi a superficialità, paura e disorientamento. 
Papa Francesco ci ricorda che «se abbiamo potuto imparare qualcosa in tutto questo tempo è che nessuno si salva da solo. Le frontiere cadono, i muri crollano e tutti i discorsi integralisti si dissolvono dinanzi a una presenza quasi impercettibile che manifesta la fragilità di cui siamo fatti …. Pensiamo al progetto di sviluppo umano integrale a cui aneliamo, che si fonda sul protagonismo dei popoli in tutta la loro diversità …. per una famiglia umana unita nella ricerca dello sviluppo umano integrale. Ecco l’alternativa della civiltà dell’amore, fondata su una comunità impegnata di fratelli».
Ciò presuppone una nuova mentalità che sappia trasformare e fare interagire i sistemi educativi nazionali, garantendo “equità, inclusione, qualità e apprendimento per tutta la vita” (UNESCO – Obiettivi 2030), favorendo sistemi educativi resilienti e flessibili, nella consapevolezza che facciamo parte di un unico ecosistema (Laudato si’) ove ogni persona è arricchita dal rapporto con gli altri, e ogni altro – chiunque egli sia – è un prezioso dono fattoci dal Creatore, perciò fraternità, solidarietà, sussidiarietà, responsabilità non sono vuote parole, ma modi comuni dell’operare e del rapportarci, criteri fondanti del nuovo umanesimo per il quale serve un nuovo patto educativo, così come ci ricorda sovente Papa Francesco.
Sta per iniziare l’anno di riflessione sulla “Laudato sì” e nel prossimo ottobre ci sarà un evento mondiale (anch’esso in rete) sul patto globale dell’educazione. Sono queste occasioni per noi tutti (istituzioni, insegnanti, educatori) per interrogarci e riflettere al fine di progettare il nuovo cammino che ci attende.
Siamo grati a tutti coloro che con il loro generoso impegno hanno garantito e garantiscono vitalità alla nostra Unione. Con l’aiuto di tutti, e la piena valorizzazione di ogni risorsa, desideriamo promuovere altri webinar, evitando ogni forma di autoreferenza o di sterili protagonismi.
Ognuno sappia fare proposte ed assumere adeguati impegni. Buon cammino!

*Segretario Generale UMEC-WUCT





venerdì 6 marzo 2020

NON ISOLATEVI. PROSSIMITÀ VUOL DIRE FELICITA'

“Giovane, dico a te, alzati!” è il titolo del Messaggio per la 35.ma Giornata mondiale della  gioventù che sarà celebrata a livello diocesano il 5 aprile prossimo, Domenica delle Palme. Francesco sprona ragazze e ragazzi a non estraniarsi dalla vita, ma a farne qualcosa di bello per il mondo e la Chiesa.

di Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Lo schermo dello smartphone per filmare magari anche un dramma rimanendo al di qua senza coinvolgersi, una specie di sipario calato sul cuore. L’happy hour da godersi “tenendosi a distanza”, la vita “distratta” presa dal lato di chi guarda senza vedere. La ricetta della felicità per tanti giovani, che dentro però sanno di “morte”, per noia e per depressione, per scelte che rendono apatici. E dalla parte opposta il dinamismo del Vangelo, lo stile di Gesù che passa, guarda la gente, si commuove, si coinvolge, tocca, ama e sana.
Lo sguardo attento
Francesco scrive ai giovani per la Giornata mondiale della gioventù diocesana il primo di due messaggi che separano dal prossimo incontro internazionale di Lisbona 2022. Scrive ispirandosi alla Christus vivit, l’Esortazione pubblicata a suggello del Sinodo del 2018. E com’è nel suo stile quando si rivolge ai ragazzi, le parole passano con grande energia dall'individuare con schiettezza gli angoli bui e le trappole dell’esistenza a indicare la luce di chi, sentendosi amato da Cristo, cade e si rialza ma comunque non smette di amare. A dimostrazione il Papa analizza nei singoli gesti il comportamento che Gesù tiene nei riguardi della vedova di Nain, quando gli accade di incrociare la piccola folla che sta portando alla sepoltura l’unico figlio della donna. “Gesù – nota – ferma il corteo funebre. Si avvicina, si fa prossimo”. Ma prima ancora, si ferma a osservare la scena “con sguardo attento e non distratto”, scorge lo strazio della donna, ne ha pietà.
Mali di vivere
“E il mio sguardo, com’è? Guardo con occhi attenti, oppure come quando sfoglio velocemente le migliaia di foto nel mio cellulare o i profili social?”. Anche Francesco scruta atteggiamenti e stili di vita dei giovani, rilevando una tendenza in tanti “a lasciarsi vivere”, a stare da parte. “Intorno a noi, ma a volte anche dentro di noi – scrive – incontriamo realtà di morte: fisica, spirituale, emotiva, sociale. Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è qualcosa che possiamo fare per riportare vita?”. Ci sono giovani, dice, “morti perché hanno perso la speranza”, colpiti dalla depressione, “chi vivacchia nella superficialità”, chi si mette in pericolo “con esperienze estreme”, chi mendica qualche gratificazione spicciola, “chi pensa soltanto a fare soldi e a sistemarsi”, chi soffre per un fallimento personale. “A lungo andare – afferma – comparirà inevitabilmente un sordo malessere, un’apatia, una noia di vivere, via via sempre più angosciante”.
Il valore di farsi prossimi
Davanti a questi percorsi di morte interiore, Gesù indica strade di vita. Che passano, sostiene Francesco, per l’apertura agli altri, specie se in difficoltà. La commozione che Gesù prova nel vedere la vedova e suo figlio senza vita “lo rende partecipe della realtà dell’altro. Prende su di sé la miseria dell’altro. Il dolore di quella madre diventa il suo dolore. La morte di quel figlio diventa la sua morte”. Ecco la verità-paradosso che il Vangelo insegna e il Papa ripete ai giovani: “Se saprete piangere con chi piange, sarete davvero felici”. Se saprete farvi prossimi come prossimo si fa Cristo con la donna e il ragazzo del Vangelo, “che era morto per davvero” ed “è tornato in vita perché è stato guardato da Qualcuno che voleva che vivesse. Questo – assicura il Papa – può avvenire ancora oggi e ogni giorno”.
La parola che fa rinascere
La parola di Gesù supera le frasi motivazionali – il Papa le definisce “magiche” – che oggi, sottolinea, “vanno di moda e dovrebbero risolvere tutto: ‘Devi credere in te stesso’, ‘Devi trovare le risorse dentro di te’ (…) Ma tutte queste sono semplici parole e per chi è veramente ‘morto dentro’ non funzionano. La parola di Cristo è di un altro spessore, è infinitamente superiore. È una parola divina e creatrice, che sola - insiste - può riportare la vita dove questa si era spenta”. In un’epoca in cui spesso “c’è ‘connessione’ ma non comunicazione”, in cui ci sono “giovani isolati e ripiegati su mondi virtuali", Francesco ripete le parole di Gesù al ragazzo sul feretro: “Alzati!”. “È un invito – spiega – ad aprirsi a una realtà che va ben oltre il virtuale. Ciò non significa disprezzare la tecnologia, ma utilizzarla come un mezzo e non come un fine. “Alzati” significa anche “sogna”, “rischia”, “impegnati per cambiare il mondo”, riaccendi i tuoi desideri, contempla il cielo, le stelle, il mondo intorno a te”.
“Fatevi sentire”
“Se Gesù fosse stato uno che si fa gli affari suoi, il figlio della vedova non sarebbe risuscitato”, ricorda il Papa di aver sentito dire da un giovane. E conclude: “Quali sono le vostre passioni e i vostri sogni? Fateli emergere, e attraverso di essi proponete al mondo, alla Chiesa, ad altri giovani, qualcosa di bello nel campo spirituale, artistico, sociale. Vi ripeto nella mia lingua materna: hagan lìo! Fatevi sentire!”.





giovedì 24 gennaio 2019

PAPA FRANCESCO: COMUNIONE O LIKE?

Dalla connessione alla comunione. 
 Dalla menzogna alla verità. 
Dal “like” all’“amen”. 

Papa Francesco sceglie la dimensione del “passaggio” come centro del suo Messaggio per la 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, intitolato “Siamo membra gli uni degli altri (Ef 4,25). Dalle community alle comunità” e diffuso oggi, come da tradizione, nella solennità di San Francesco di Sales». A spiegarlo è Massimiliano Padula, presidente del Copercom, il Coordinamento delle associazioni per la comunicazione.
«Il Pontefice – osserva Padula – ci regala una riflessione illuminata sulla nostra identità in Rete. Un’identità spesso disumanizzata che ci espone a derive come “la disinformazione, la distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito”. E che si traducono in fenomeni devianti come il cyberbullismo e gli eremiti sociali.
Ma la rete non è soltanto questo – aggiunge il Presidente – e Francesco ce lo spiega quando cita San Paolo e la sua metafora del corpo e delle membra. Essere membri gli uni degli altri significa abbandonare le tentazioni della menzogna e far prevalere la verità. In tutti gli spazi e tempi della nostra esistenza compresi quelli online. Per questo – continua Padula – Francesco ci richiama a riflettere continuamente su chi siamo in rete attraverso la scoperta dell’altro “in modo nuovo, come parte integrante e condizione della relazione e della prossimità”».

«Soltanto così – conclude il Presidente del Copercom – la connessione digitale potrà tradursi in autentica comunione da proiettarsi anche nel web sociale che, come ci ricorda il Papa, è “complementare all’incontro in carne ed ossa”, perché “vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro”».   

                                         PER LA 53ma GIORNATA MONDIALE