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venerdì 19 agosto 2022

PASSIONE, CONDIVISIONE E VICINANZA

Il Papa al Meeting: condivisione e vicinanza, questo il compito dei cristiani

Messaggio di Francesco a firma del Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin per l’apertura della 43.ma edizione della kermesse di Comunione e Liberazione, il 20 agosto, dal titolo “Una passione per l’uomo." Il testo racchiude un appello alla comunità cristiana ad alimentare l’amicizia sociale non "dando lezioni dal balcone", ma "scendendo in strada sostenuti da una speranza affidabile”

 -di Gabriella Ceraso – Città del Vaticano

 Nel centenario della nascita del fondatore di Comunione e liberazione, il Servo di Dio Luigi Giussani, rivive nell’edizione del Meeting 2022 il suo “zelo apostolico”, tutto racchiuso nelle parole da lui pronunciate nel 1985 che danno il tema di questi cinque giorni di incontri, dibattiti, spettacoli e arte sui temi della fede, sulla politica e l'attualità internazionale: “Il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è nato come passione per l’uomo. […] L’amore all’uomo, la venerazione per l’uomo, la tenerezza per l’uomo, la stima assoluta per l’uomo”.

 Parola chiave "passione"

Eccola la parola chiave, il tema, ”la Passione per l’uomo”, che anche il Papa pone al centro della riflessione firmata dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e indirizzata al vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi, e che si trasforma in un appello ai cristiani di oggi: nel clima del "tutti contro tutti" riscoprire la via dell' "l'attenzione d'amore" agli altri, della vicinanza, della ricerca del bene, quale condizione per essere pienamente noi stessi e portare frutti". "L'incontro con l'altro è essenziale".

A volte - si legge nel testo - sembra che la storia abbia voltato le spalle a questo sguardo di Cristo sull’uomo e Papa Francesco lo ha sottolineato più volte. “La fragilità dei tempi in cui viviamo” è anche “credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva” ed è “anche l’aspetto più penoso dell’esperienza di tanti che hanno vissuto la solitudine durante la pandemia o che hanno dovuto abbandonare tutto per sfuggire alla violenza della guerra”.

Come il buon samaritano, come Cristo: amare ciascuno

Ecco allora che la parabola del buon samaritano è oggi più che mai una parola-chiave, in profonda assonanza con il tema del Meeting, perché da una parte mostra il bisogno che c'è in ogni uomo della "misericordia di Dio e della sua delicatezza", dall'altra incarna la “passione incondizionata per ogni fratello e sorella che si incontra lungo il cammino”, che non è  “solo generosità” ma – nella descrizione di Papa Francesco – è “riconoscere Cristo stesso in ogni fratello abbandonato o escluso”. Chi crede è chiamato ad avere lo stesso sguardo, la stessa passione di Cristo, che ha amato ciascuno senza nessuna esclusione: un “amore gratuito, senza misura e senza calcoli.” Ma – ci chiediamo – “tutto ciò non potrebbe apparire una pia intenzione, rispetto a quanto vediamo accadere oggi?”.

La strada della fraternità non è disegnata sulle nuvole

Come è possibile guardare a chi ci sta accanto come un bene da rispettare, in un mondo che oggi mette “tutti contro tutti” e dove a prevalere sono “gli egoismi e gli interessi di parte”, con la pandemia e la guerra che ci hanno portato indietro rispetto al progetto di una umanità solidale? Tenendo presente che – si legge nel messaggio – “la strada della fraternità non è disegnata sulle nuvole, ma attraversa i tanti deserti spirituali presenti nelle nostre società” e che proprio nel deserto – come diceva Benedetto XVI – “si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere, Francesco indica la via: “Il nostro impegno  - si legge nel Messaggio  - non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza” “ non un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi. Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona" e del desiderio di cercare il suo bene.  "Recuperare questa consapevolezza è decisivo". È l’altro dunque, l’incontro con l’altro, - ancora una volta nelle parole di Papa Francesco - “la condizione per diventare pienamente noi stessi e portare frutto”

L'amicizia sociale, frutto del donarsi agli altri

Donarsi agli altri costruisce quell’"amicizia sociale" che il Papa raccomanda nel suo messaggio: è fraternità aperta a tutti, è “abbraccio che abbatte i muri e va incontro all’altro nella consapevolezza di quanto vale ogni singola concreta persona, in qualunque situazione si trovi. Un amore all’altro per quello che è: creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza, dunque dotata di una dignità intangibile, di cui nessuno può disporre o, peggio, abusare”.

È questa amicizia sociale che, come credenti, siamo invitati ad alimentare con la nostra testimonianza: ed è questa amicizia sociale che il Papa invita i partecipanti al Meeting a promuovere. Accorciare le distanze, abbassarsi a toccare la carne sofferente di Cristo nel popolo. “Quanto bisogno hanno gli uomini e le donne del nostro tempo di incontrare persone che non impartiscano lezioni dal balcone, ma scendano in strada per condividere la fatica quotidiana del vivere, sostenute da una speranza affidabile!”. Questo è il compito storico dei cristiani: al Meeting Francesco chiede di cogliere questo appello "continuando a collaborare con la Chiesa universale sulla strada dell’amicizia fra i popoli, dilatando nel mondo la passione per l’uomo".

 

Vatican News

 

MESSAGGIO DEL PAPA

 

mercoledì 25 agosto 2021

VIVERE SENZA PAURA NELL'ETA' DELL'INCERTEZZA


 

È possibile solo se il nostro cuor è pieno di qualcuno

L’autore commenta il dialogo tra J. Carrón, C. Taylor e R. Williams avvenuto  al Meeting

 - di Eugenio Mazzarella 

 “Vivere senza paura nell’età dell’incertezza” è stato il tema e il titolo del coinvolgente dialogo, moderato da Monica Maggioni, cui hanno dato vita, nella cornice del Meeting, Julián Carrón, docente di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione; Charles Taylor, professore emerito di filosofia alla McGill University, Montreal, vincitore del Premio Ratzinger 2019; e Rowan Williams, professore emerito di pensiero cristiano contemporaneo, alla University of Cambridge, già arcivescovo di Canterbury. Ma più che tre illustri pensatori, come ci dicono queste note biografiche, chi li ha ascoltati ha ascoltato tre uomini, che, senza conoscersi, hanno speso una vita a sforzarsi di non sbagliare le domande: su sé stessi, sulla vita, sul loro tempo. 
A non mettere da parte, nel mondo conclamato dell’homo faber che è il nostro mondo, la domanda di senso dell’umano e sull’umano. In buona sostanza il filo conduttore della domanda religiosa, del senso religioso, che come ha insegnato don Giussani, intride l’anima, la coscienza di ogni uomo, anche di chi quella domanda fugge. A loro che a questa domanda – che è una domanda non facile: chi si fa abitare da questa domanda, deve accettare di fare entrare in casa sua, dentro di sé, avere sul tavolo di gioco di ogni giorno lo scacco del male e della morte, e tuttavia continuare a dare le carte del gioco della vita – non sono fuggiti, Monica Maggioni ha chiesto se innanzi tutto si può davvero vivere senza paura nell’età dell’incertezza che viviamo. 
Un’incertezza che in un mondo scristianizzato, secolarizzato, dove non siamo più “educati”, cioè tirati fuori da noi, alla fiducia in Dio (Taylor), dove il nemico che ci disarma prima ancora di ogni difficoltà è la “divisione” da Dio (Williams), tanto da mettere a repentaglio la stessa lealtà dell’umano verso se stesso, la lealtà di accettare la sfida dell’irriducibilità ultima della persona (Carrón), ci mette di fronte a una scelta: o la “paralisi” difensiva nell’io, che arma (spesso tragicamente anche in senso letterale) ogni egoismo (singolo e collettivo), ovvero scegliere le reti fiduciali della relazione umana a reggere le sfide ineludibili dell’evidenza – nella paura – dell’insufficienza del Sapiens alle sfide del mondo; che “il sapere (la techne) è di molto più debole della necessità” (Eschilo, Prometeo; detto attribuito dalla tradizione a Prometeo, che fa di lui il primo filosofo, e non solo il primo tecnologo). Di questa “debolezza” strutturale dell’umano, abbiamo capito ancora qualcosa nell’ultima sua “congiuntura” storica ed esistenziale: la pandemia. Ma a queste reti fiduciali è fondamentalmente affidarsi, sul modello di un bambino impaurito che si rifugia tra le braccia della madre, al maternage creaturale del divino “sentito” dalla coscienza religiosa. Alla fede in Qualcosa che è più forte di noi che ci sta accanto. Per i cristiani questo maternage divino ha il volto e la parola rasserenanti di Cristo che ci parla nella barca in tempesta della vita (Carrón). 
 In buona sostanza alla domanda della Maggioni, Carron, Taylor, Williams, hanno risposto nello stesso senso: nell’età dell’incertezza si può vivere senza paura, senza paralizzarsi nella paura (che è un frenetico attivismo difensivo di sé, che ci rende ciechi alle ragioni degli altri), se ci affidiamo a una certezza creduta: credere non riempie la testa, ma il cuore sì, e solo un cuore pieno della fede in qualcosa o qualcuno ti fa reggere anche una testa piena di dubbi. È un’evidenza elementare dell’esperienza. I cristiani l’hanno declinata credendo in Qualcuno (Cristo) in cui si raccoglie ogni qualcosa del mondo, anche quel qualcosa che noi siamo. Una declinazione antropologica dell’esperienza che noi cristiani dovremmo saper vedere, e forse rivendicare, come la scelta migliore, perché è la scelta dell’inclusione di tutti e tutto nel Cuore divino che regge il mondo. Una scelta che fondamentalmente resta l’unica alternativa allo scambio proposto e perorato dal Grande Inquisitore tra le sicurezze del Potere e l’esposizione alla pienezza della vita, nel suo bene e nel suo male, della “libertà” del cristiano, sostenibile solo in Cristo e con Cristo. Una seduzione, però insincera, perché il Potere è sempre in sé un abbandono della tua verità. Nella “libertà” cristiana è antropologicamente cifrata la barca del principium individuationis, ciò che fa umano l’umano. 
Una barca che per tenere il mare ha bisogno del governo del Maestro interiore; e non può essere tirata a secco sulla riva, perché significa tirarla fuori dalla vita, dalla sua vera libertà di navigarsi, di liberare nel mondo, nell’essere, qualcosa o qualcuno che continui la creazione iniziata da un Altro. In questo dialogo che si è potuto ascoltare il punto che non rasserena è proprio la scristianizzazione in essere nell’età dell’incertezza. Per due motivi: perché riguarda noi, la civilizzazione cristiana, e minando il fondamento creduto della nostra fede, Cristo, e quel che ci ha detto, ci rende i più incerti tra gli incerti nel mondo della globalizzazione che avanza; e perché riguarda gli altri, cioè la debolezza della nostra testimonianza alle altre civilizzazioni, per quel che potremmo dare come seme, se non di fede, di riflessività umana alla loro (a noi comune) umanità. Ma questo chiederebbe un altro dialogo.

martedì 24 agosto 2021

MINISTRO:TUTTI IN CLASSE !


Meeting Rimini: Bianchi (Istruzione), “in aula solo chi può garantire la sicurezza dei ragazzi. Il ritorno sarà in presenza”

 (Da Rimini) “Il Governo sta lavorando per un ritorno in presenza”. L’ha sostenuto il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, presente ieri al Meeting di Rimini per partecipare alla tavola rotonda su “Talk il lavoro che verrà. Imparare a Imparare”. Incontrando i giornalisti il ministro ha dichiarato che per il ritorno in presenza il governo “sta lavorando dalla primavera scorsa. Per questo stiamo investendo oltre due miliardi e regole chiare. Si tornerà a scuola secondo le norme oggi in vigore, d’accordo con il Cts, che dicono che coloro che hanno un green pass saranno presenti nella scuola. Coloro che non ce l’hanno invece saranno sospesi. Si tratta di un sistema facilmente controllabile, chiaro e preciso, grazie al green pass. 
Bambini e bambine, ragazzi e ragazze, tutti a scuola. E questo si può fare con la partecipazione di tutti. Non è solo questione del governo. È tutto il Paese che si rimette in movimento a partire dalla scuola”. Il ministro Bianchi ha aggiunto che il green pass manifesta in maniera palese che “io non penso solo a me, ma penso anche ai ragazzi, ai figli di tutti noi. La persona, l’io di cui si parla qui al Meeting, mi faccio carico delle persone che ho a fianco”. 
Sui trasporti ha aggiunto che “stiamo lavorando moltissimo con tutti gli enti locali per aumentare l’offerta nell’ora di punta del 20%. Tutti stanno lavorando per garantire il massimo”. 
Riguardo l’edilizia scolastica, Bianchi ha affermato che “il Covid ha esasperato situazioni esistenti. Ha messo in evidenza quello che dovevamo sapere. Una dispersione inaccettabile al sud. Ci vogliono spazi adeguati a una didattica che non lasci a casa nessuno. Questo stiamo facendo. 
Quest’anno spenderemo 5 miliardi di fondi europei proprio su questo versante. Non c’è solo il Pnrr, ci sono anche i fondi strutturali. Stiamo lavorando con le Regioni proprio per questo”. In merito alle vaccinazioni dei ragazzi, il ministro ha precisato che “tra i 16 e i 19 anni siamo sopra il 60% di vaccinati. Stiamo facendo un monitoraggio sistematico tra i 6 e i 14 anni. 
Abbiamo fatto un investimento in fiducia e in responsabilità”. E sulle aule a disposizione ha ribadito che le regole da applicare sono quelle stabilite dal Cts: il metro di distanza, le igienizzazioni frequenti, la presenza di insegnanti vaccinati o che possono garantire la sicurezza dei ragazzi e la non presenza di chi non la può garantire. Faremo Interventi mirati e strutturali. 
Nella scuola primaria stiamo scontando la denatalità, con tante classi con meno di 15 alunni. La denatalità è uno degli elementi più critici del nostro Paese. I bambini dovranno tenere la mascherina”. E in conclusione ha sottolineato: “sono le persone che fanno le scuole. Abbiamo fiducia in chi lavora nella scuola, insegnanti, personale, presidi”.