Come essere aperti all'effetto sorpresa della realtà?.
Praticare la gratitudine è un ottimo modo per essere più felici e realizzati.
Essere grati migliora anche la relazione con se stessi e gli altri; e ha effetti benefici sulla nostra salute.
L'infelicità
è carenza di sorprese. La vita ne è piena ma siamo noi a
dormire: l'educazione in fondo è allenamento a star svegli e pronti a
riceverle. Per questo al mattino cerco di inventare un appello diverso per
«ri-svegliare» corpo e anima dei ragazzi. Qualche giorno fa ho fatto ascoltare il
primo movimento del concerto per violino n.1 di Vivaldi: La primavera. Il
famosissimo Allegro, forse il brano più noto al mondo, dura 3 minuti e 20, come
la Donna cannone. I ragazzi l'hanno subito riconosciuto anche se
magari non ricordavano nome e autore. Su una cosa però concordavano tutti: li
aveva messi di buon umore in soli tre minuti. Come ci era riuscito?
Sorprendendoli. La sorpresa è infatti il primo gradino della felicità, purché
per sorpresa non s'intenda la sua riduzione odierna: il bisogno continuo di
choc dopaminergici da post e video per dimenticare quanto siamo insoddisfatti
della vita, «sorprese» che invece di renderci vivi ci addormentano, perché sono
dipendenze. Le vere sorprese (dal latino super prendere:
afferrare dall'alto, esser «elevati», «sollevati») donano invece una leggerezza
che non è fuga ma pieno possesso della vita, liberano perché
«sorprendersi» è fare esperienza della gratuità, cioè, sentire che la vita è
data, gratis, anche nel ripetersi. Un arcobaleno è sempre sorprendente, così
come l'Allegro della Primavera di Vivaldi. Come fare allora a
essere ordinariamente aperti all'effetto sorpresa della realtà senza il quale
esser felici è impossibile?
Vivaldi
Quest'anno quel concerto
di Vivaldi compie 300 anni. Era il 1725 quando ad Amsterdam furono pubblicati
gli spartiti del «Cimento dell'armonia e dell'invenzione», 12 concerti (in
origine una forma musicale in tre tempi in cui il solista
dialoga-contende, con-certa, con gli altri strumenti) per violino
solista e archi, di cui i primi quattro sono le celeberrime Stagioni.
Allora non essendoci supporti di registrazione, la musica rimaneva solo quando
veniva pubblicata e accadeva solo ai più grandi. Eppure, la prima esecuzione
era avvenuta qualche anno prima a Venezia, in un orfanotrofio, «sorprendendo»
tutti. Infatti, Vivaldi, sacerdote cattolico, insegnava violino alle giovani
accolte in una delle istituzioni di carità per orfani e poveri della città:
l'Ospedale della Pietà, specifico per le ragazze, altrimenti destinate alla
strada. In questo contesto venivano educate nel canto e nello strumento (perché
nelle nostre scuole quest'arte indispensabile all'educazione è ridotta al
flauto o alla melodica delle medie?), raggiungendo esiti passati alla storia
(ascoltate lo Stabat Mater o il Gloria di Vivaldi). Vivaldi, detto «il prete rosso», per i capelli o per l'abito indossato da
lui e dalle musiciste, dirigeva le ragazze celate da grate lignee al pubblico
proveniente da tutta Europa (ne parlano anche Goethe e Rousseau) per ascoltarne
l'incanto. Nelle Stagioni in particolare il musicista si era
divertito a imitare i suoni naturali: uccelli, tuoni, cani, foglie, venti
gelidi... tanto da stupire tutti per genialità compositiva, esecutiva e
sociale, un fenomeno unico in un'epoca in cui alle donne era vietato suonare in
chiese e teatri. I miei studenti, benché fossero le 8 del mattino, erano anche
loro «sorpresi», cioè elevati a un livello di vita gioioso e sollevati dalle
zavorre del XXI secolo: facevano esperienza del «gratuito». Il contrario di
questa esperienza è infatti il «dare per scontato», espressione nata per
indicare qualcosa di acquisito (nel senso di acquistato) perché pagato subito a
fronte di uno sconto: saldato vs regalato. Solo l'esperienza della vita data
«gratis» e non «per scontata» (che infatti è diventato sinonimo di: «non mi
sorprende più») provoca risveglio e unione, i due elementi della gratitudine,
senza la quale non è possibile esser felici. Il giorno in cui si dà qualcosa o
qualcuno per scontato finisce la gioia, perché la felicità è tanta quanta lo
stupore: la sorpresa di un volto o un oggetto si spengono.
La gratitudine
Allora non è la
felicità a renderci grati, ma è la gratitudine a renderci felici. Ci sono
persone che, pur avendo tutto, non sono felici, e persone che, avendo poco, lo
sono. Come mai? La differenza sta nella pratica (è un'azione) della
gratitudine, che rende capaci di ricevere l'istante come un dono, cosa che
purtroppo spesso ci riesce solo quando perdiamo qualcosa o qualcuno (chi ha
sofferto per amore o per un lutto lo sa). Questo significa che la capacità
di sorprendersi è in noi: è interiore e va allenata. Infatti tradizioni
spirituali e filosofiche millenarie e molto diverse tra loro invitano a
svegliarsi e vegliare, e non perché ci vogliano insonni e ansiosi come accade
oggi salvo poi invocare un po' di mindfulness a buon mercato, ma perché ci vogliono
grati, cioè felici. Il cristianesimo dovrebbe produrre un'etica della gioia (la
parabola delle vergini addormentate che devono partecipare alla festa lo
racconta bene), perché tutto è grazia per chi ha fiducia (fede) nella vita che
è infatti «eucarestia» (in greco «ringraziamento»), rito nel quale la vita
stessa di Dio è data gratis, risolto spesso in una pratica da sbrigare. Ma
torniamo alle sorprese: possono riguardare anche cose brutte o consuete, perché
ciò che conta è che stanno capitando a noi che siamo liberi, cioè capaci di
decidere che cosa farci. Il problema non è il cosa accade ma il che cosa ci
faccio. Ad esempio: che cosa ci fa un geniale musicista con delle ragazze
abbandonate? Le fa diventare una Primavera immortale: Anna Maria della Pietà - violinista, clavicembalista e
compositrice - fu la solista più celebrata dell’Ospedale della Pietà,
a lei Vivaldi dedicò 28 concerti per violino, molti venivano a Venezia solo per
ascoltarla (dopo la morte del maestro, fu lei a dirigere); Chiara della Pietà, detta «la meraviglia di Venezia» per la
versatilità, suonava tutti gli strumenti a corda e a fiato; per Candida
della Pietà, nota per purezza ed estensione di voce, Vivaldi scrisse arie con
l’indicazione specifica «per Candida»; Apollonia della Pietà, per lei il
maestro compose i suoi concerti per fagotto, strumento raro all’epoca ma che
lei maneggiava come nessuno; di Barbara e Pellegrina della Pietà, cantanti
soliste, le cronache riferiscono che «i forestieri, udendo le loro voci,
giuravano di trovarsi in paradiso». Per queste ragazze senza cognome se non
l’appellativo «della Pietà» la musica fu salvezza e riscatto. Chi le aveva
ascoltate senza vederle dietro le paratie di legno, quando poi le incontrava di
persona si stupiva di trovarsi davanti popolane non troppo aggraziate e dai
modi semplici. Una vera «sorpresa». La tomba della felicità è il «dato per
scontato» o «dato per scartato». Chi dà per «scontato» o «scartato» non riceve,
chi non riceve non è grato, chi non è grato non è felice. E la scuola è proprio
il luogo in cui si impara a essere sempre aperti alla vita, dove ci si allena
quindi a essere, in sequenza: svegli, sorpresi, grati, felici, vivi. A
cominciare dall'appello o da un po' di buona musica. Magari un Allegro di
Vivaldi.
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