martedì 11 novembre 2025

INSEGNARE A RAGIONARE

 


Per Crepet i giovani 

non sanno ragionare: 


la "colpa" della scuola


Perché per Paolo Crepet i giovani d'oggi "non sanno ragionare" e qual è la "colpa" della scuola: cos'ha detto il noto psichiatra e sociologo

- di Camilla Ferrandi

 In un’epoca in cui la tecnologia avanza molto velocemente e l’intelligenza artificiale è ormai parte della quotidianità di ciascuno, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha lanciato un nuovo allarme sui giovani: “Non sanno più ragionare“. Una provocazione? Forse. Ma soprattutto un invito a riflettere su dove stiamo andando come società. Il professore ha poi indagato le responsabilità: a suo parere, la “colpa” è anche della scuola.

Per Crepet i giovani non sanno più ragionare: qual è la colpa della scuola

Secondo Paolo Crepet “i giovani non sanno più ragionare”, come ha sottolineato in un’intervista a Il Resto del Carlino. Ma di chi è la responsabilità? A suo avviso, la “colpa” è sia della tecnologia, che “non insegna a pensare ma a consumare”, sia della scuola, che “dovrebbe far ragionare, invece si limita a far ripetere“, ha affermato lo psichiatra.

I giovani di oggi, a suo avviso, crescono in un sistema educativo che privilegia la memorizzazione rispetto alla comprensione, la performance rispetto alla riflessione. In un contesto simile, il pensiero critico, quello che nasce dal dubbio, dalla domanda, dalla curiosità, viene per lui soffocato.

Il risultato? Una generazione che, pur essendo immersa nella tecnologia, per Crepet non conosce davvero il mondo in cui vive: “La generazione Z non sa cosa siano le gigafactory, non sa da dove nasce ciò che usa. Eppure, vive dentro quel sistema. È un mondo che si illude di essere verde, ma non lo è: è nero, perché del futuro dei ragazzi non importa nulla a chi lo governa”, ha evidenziato Crepet.

Perché l’IA è una minaccia per Paolo Crepet

L’altro grande bersaglio di Crepet è l’intelligenza artificiale. E non perché sia di per sé negativa, ma perché, ha spiegato, se non governata rischia di diventare uno strumento di controllo “sottile e pericoloso”. “Non è un oggetto che compri o rifiuti. È qualcosa che ti guida, che ti spiega perché devi comprare questo o quello, che ti induce un pensiero”, ha affermato l’esperto.

Per Crepet, il problema non è solo tecnologico, ma “antropologico”, perché “stiamo parlando di come cambia l’essere umano, non di un accessorio tecnologico”. E ha aggiunto: “Non pensiamo più come una volta, ma non perché qualcuno ce lo impedisca: il punto è che questo qualcuno non è più un umano, è una macchina“.

L’IA, secondo Crepet, rischia di sostituire la capacità di giudizio: se ci affidiamo troppo agli algoritmi, smettiamo di porci domande, di cercare alternative, di esercitare la nostra libertà. Per lo psichiatra, una società che delega il pensiero a una macchina, è una società che rinuncia alla propria autonomia.

Infine, Crepet ha detto che l’IA è sia “la nuova frontiera” che una “minaccia“: da un lato “permette progressi straordinari, anche in medicina”, dall’altro è un acceleratore di disuguaglianze. Come ha spiegato, le tecnologie più avanzate richiedono enormi quantità di energia e risorse, che non tutti i Paesi possono permettersi. Da qui il suo avvertimento: “Le differenze tra chi ha acqua, energia e tecnologia e chi non ne ha saranno ancora più profonde”.

 

 

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