non sanno ragionare:
la "colpa" della scuola
Perché per Paolo Crepet i
giovani d'oggi "non sanno ragionare" e qual è la "colpa"
della scuola: cos'ha detto il noto psichiatra e sociologo
- di Camilla Ferrandi
In un’epoca in cui la tecnologia avanza molto
velocemente e l’intelligenza artificiale è ormai parte della quotidianità di
ciascuno, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha lanciato
un nuovo allarme sui giovani: “Non sanno più ragionare“. Una
provocazione? Forse. Ma soprattutto un invito a riflettere su dove stiamo
andando come società. Il professore ha poi indagato le responsabilità: a suo
parere, la “colpa” è anche della scuola.
Per Crepet i giovani non
sanno più ragionare: qual è la colpa della scuola
Secondo Paolo Crepet “i
giovani non sanno più ragionare”, come ha sottolineato in un’intervista a Il
Resto del Carlino. Ma di chi è la responsabilità? A suo avviso, la “colpa”
è sia della tecnologia, che “non insegna a pensare ma a consumare”, sia
della scuola,
che “dovrebbe far ragionare, invece si limita a far ripetere“, ha
affermato lo psichiatra.
I giovani di oggi, a suo
avviso, crescono in un sistema educativo che privilegia la memorizzazione
rispetto alla comprensione, la performance rispetto
alla riflessione. In un contesto simile, il pensiero critico, quello che nasce
dal dubbio, dalla domanda, dalla curiosità, viene per lui soffocato.
Il risultato? Una
generazione che, pur essendo immersa nella tecnologia, per Crepet non conosce
davvero il mondo in cui vive: “La generazione Z non sa cosa siano le
gigafactory, non sa da dove nasce ciò che usa. Eppure, vive dentro quel
sistema. È un mondo che si illude di essere verde, ma non lo è: è nero, perché
del futuro
dei ragazzi non importa nulla a chi lo governa”, ha evidenziato
Crepet.
Perché l’IA è una
minaccia per Paolo Crepet
L’altro grande bersaglio
di Crepet è l’intelligenza
artificiale. E non perché sia di per sé negativa, ma perché, ha spiegato,
se non governata rischia di diventare uno strumento di controllo “sottile e
pericoloso”. “Non è un oggetto che compri o rifiuti. È qualcosa che ti
guida, che ti spiega perché devi comprare questo o quello, che ti induce un
pensiero”, ha affermato l’esperto.
Per Crepet, il problema
non è solo tecnologico, ma “antropologico”, perché “stiamo parlando di come
cambia l’essere umano, non di un accessorio tecnologico”. E ha aggiunto: “Non
pensiamo più come una volta, ma non perché qualcuno ce lo impedisca: il punto è
che questo qualcuno non è più un umano, è una macchina“.
L’IA, secondo Crepet,
rischia di sostituire la capacità di giudizio: se ci affidiamo troppo agli
algoritmi, smettiamo di porci domande, di cercare alternative, di esercitare la
nostra libertà. Per lo psichiatra, una società che delega il pensiero a una macchina,
è una società che rinuncia alla propria autonomia.
Infine, Crepet ha detto
che l’IA è sia “la nuova frontiera” che una “minaccia“:
da un lato “permette progressi straordinari, anche in medicina”, dall’altro è
un acceleratore di disuguaglianze. Come ha spiegato, le tecnologie più avanzate
richiedono enormi quantità di energia e risorse, che non tutti i Paesi possono
permettersi. Da qui il suo avvertimento: “Le differenze tra chi ha acqua,
energia e tecnologia e chi non ne ha saranno ancora più profonde”.
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