UN COMPLEANNO CHE PARLA
- di Alessandro D'Avenia
Il 2 maggio scorso ho
festeggiato 48 anni (e nove mesi) su Terra, io minuscolo corpo terrestre su un
minuscolo corpo celeste tra migliaia di miliardi di un universo tanto antico
quanto nuovo. Infatti alle candeline da spegnere ne
dovremmo aggiungere se non 14 miliardi, gli anni dell'universo per quel ne
sappiamo finora, almeno 4,6 miliardi se partiamo da quando alcuni gas e
polveri cosmiche collassarono dando origine, nella periferia della nostra
galassia, al Sole e alcuni pianeti collegati, di cui uno in condizioni uniche
per la vita (le probabilità erano meno di quelle che uscisse la Divina Commedia
da un sacco con tutte le lettere che la compongono). E se proprio vogliamo
risparmiare sulle candeline, ce ne vorrebbero più o meno 300mila, gli anni
necessari a iniziare la catena di uomini e donne che hanno permesso a due
esponenti della specie sapiens di conoscersi perché venissi alla luce.
Da allora, per 48 volte, il
pianeta ha orbitato attorno a quella stella a 107mila km orari, cioè da 48 anni
faccio il girasole a 30 km al secondo, ma anche il girotondo ogni 24 ore a 1250
km all'ora. Di luce e gioia sono fatti questi infaticabili giri: l'universo ci
porta su una giostra per miliardi di “speciali” (specie uomo) tra i quali però
nessuno ha avuto, ha e avrà mai le mie o le tue impronte digitali e la mia o la
tua iride (unici nella specie). Perché tanto spreco nell'universo?
Il compleanno celebra il
fatto unico di un'esistenza finché questa velocissima roteante unicità sarà
scolpita su una lapide con nome, cognome e due date, nascita e morte. Vorrei
che le mie fossero invertite, morte e nascita, per dire di esser stato non solo
vivente e quindi morente, ma anche vivo e quindi nascente. In questo modo il
trattino tra le date non segnalerà la consueta vittoria dell'entropia sulla
materia-energia, ma la vittoria della luce e della gioia, che accompagnano ogni
nascita e quindi ogni compleanno.
Tutto questo giromondo
solare e girotondo terrestre ha permesso all'unione irripetibile di carne e
spirito di cui sono fatto di leggere Dante, guardare Venezia, ascoltare
Beethoven, immergermi nelle acque solcate da Ulisse e assaggiarne la complessa
storia in reperti come cannoli e malvasie, e poi di passeggiare su ghiacciai,
vulcani, cime, boschi, deserti e spiagge... tutto un girare per abbracciare,
baciare, accarezzare, stupirsi, piangere, curare, ridere e tutte le azioni che
consentono alla voce di farsi verbo: voce del verbo amare. Racconto del
compleanno non in preda a febbri autocelebrative da fobia del tempo che passa -
che poi in realtà è il tempo che noi passiamo per bene (come i pomodori per la
salsa) - ma perché chi e cosa posso essere e fare, seppur in una infinita
irripetibile limitata piccolezza, posso esserlo e farlo solo io, nel bene e nel
male.
Lo scriveva Nietzsche:
«Nessuno può gettare sopra il fiume della vita il ponte sul quale tu devi
passare», passare per andare dove? Siamo nel 2025 a motivo di un compleanno,
quello di Cristo, ma siamo anche nel 48, anzi nel 49 dopo me: l'età del mondo
che solo io posso intrecciare con l'età dei mondi di voi lettori, altrettanto
unici e irripetibili. Non è delirio di onnipotenza, ma ammissione di impotenza:
mi rattrista rendermi conto, di compleanno in compleanno, della mia
inadeguatezza di fronte al miracolo del mondo e dei mondi possibili, quanto e
quanti ne perdo per mancanza d'attenzione, d'amore e di coraggio, perché come
diceva Ray Bradbury (quello di Fahrenheit 451) con parole da fisico
quantistico: «Per giungere ai fatti, dobbiamo prima avere l’entusiasmo di
cercarli».
Ma questo entusiasmo a volte
si appanna perché proprio la nostra unicità può diventare isolamento anziché
benedizione, per infedeltà a noi stessi, per il male che facciamo o che
subiamo. E allora fermo di fronte alle rose appena fiorite sul balcone dopo un
inverno di immobilità, ho chiesto loro: come devo vivere la mia vita? I fusti,
le spine e le foglie, smaltati dal Sole, hanno taciuto così: «Ricordati di
vivere e portane il peso. Sei girasole (quattro stagioni l'anno servono a
sapere che dentro al tempo lineare c'è quello circolare fatto di riposo e
rinascita) e sei girotondo (quanta gioia ancora da vivere! Quel sentiero nel
bosco credi di conoscerlo? E il volto di tua moglie?). E allora dopo un 48 fai
di più, fai un 49. Più degli anni di vita festeggia la vita negli anni: quanto
rinasci o nasci del tutto».
Ho risposto alle rose così
silenziosamente eloquenti che noi però moriamo. Loro mi hanno mostrato allora i
petali disposti nella spirale di Fibonacci (il rapporto tra due petali
adiacenti è costante, 1,1618: la cosiddetta «costante di Dio»), grazie a cui il
Sole fa un capolavoro di luci e ombre, tanto che, ignaro del perché ultimo, chi
ama dona rose. Le corolle davanti a me tacevano ancora più forte: «Non aver
paura. Fai come noi, una cosa bella ogni quattro stagioni, fino alla fine,
anche se nessuno se ne accorge.
Comunque vada, sei la costante di Dio».
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