sabato 30 gennaio 2021

DON BOSCO. VICINANZA, CREATIVITA', CARITA'


 Vicinanza, creatività, carità: si declina così la risposta salesiana al tempo della pandemia. Forte e aderente al magistero di Papa Francesco, la famiglia di Don Bosco per voce del Rettore Maggiore attraversa l'oggi cercando la luce e la speranza e continuando a formare i giovani ai valori più alti per avere un futuro migliore

 -Gabriella Ceraso - Città del Vaticano 

 Tutto pronto a Torino per le celebrazioni che porteranno a domenica 31 gennaio, festa di San Giovanni Bosco, quest'anno anche in diretta Tv per quanti, in ragione dell'emergenza sanitaria non potranno raggiungere le Chiese per le Messe. A Torino punto di riferimento sarà la Basilica di Maria Ausiliatrice, alle 9.30, dove a presiedere sarà l’arcivescovo Cesare Nosiglia, e a Roma la Basilica del Sacro Cuore di Gesù dove il Rettor Maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, celebrerà la Messa. A lui abbiamo chiesto di guardare il mondo di oggi con gli occhi di Don Bosco, "padre e maestro della gioventù", e di riflettere su temi forti quali la fratellanza, l'educazione, i giovani e la sfida della pandemia che ha travolto anche le opere salesiane presenti in 132 Paesi di 5 continenti. Oltre 100 i religiosi morti, eppure anche da questo, come chiede pure il Papa, ne è nata un'esperienza dai tratti tipicamente salesiani: creatività, vicinanza e sorriso.

Come la realtà di oggi interpella la spiritualità salesiana? Con quali priorità nella crisi economica, nell'isolamento creato dalla pandemia, nelle nuove forme di comunicazione anche religiosa, si muovono i salesiani?

R. - In quest'anno trascorso abbiamo cercato di rispondere alla realtà che ci si è presentata, ispirandoci innanzitutto al nostro carisma, a partire dal garantire la nostra presenza, certo con le regole che oggi dobbiamo rispettare e responsabilmente. Ho detto sempre ai sacerdoti, in questo tempo, che nulla poteva costringerci alle chiusure, non potevamo cioè rinunciare alla creatività e ad essere vicini alle famiglie dei nostri ragazzi. Quindi vicinanza, attraverso iniziative concrete rivolte alle persone più in difficoltà. E in secondo luogo, come sempre accade all'inizio dell'anno, ci siamo dati un orientamento: per il 2021 è "Mossi dalla speranza". Dunque, anche sorretti dalla guida di Papa Francesco, dalle sue parole, vogliamo puntare alla speranza, altrimenti la vita perde la sua dinamica e la sua aderenza alla realtà.

La vostra presenza missionaria nel mondo è filo che tesse ovunque fraternità e carità, qualcosa di molto vicino al tema chiave di Francesco "Fratellanza" la parola chiave. Questo è stato l'anno della enciclica "Fratelli tutti" e tra poco saranno due anni dalla Dichiarazione di Abu Dhabi. Che valore date, come figli di Don Bosco, alla parola "Fratellanza"?

R. - Potete immaginare la nostra condivisione e l'adesione con tutto il cuore al magistero del Papa, sia per la sua freschezza pastorale sia perché è nella tradizione salesiana di Don Bosco essere sempre di sostegno al Papa, a tutti i Papi. Ecco, è nel solco di questa sintonia che abbiamo preso a cuore la proposta della Fratellanza. Per noi la "fratellanza" è la grande porta che ci apre il cuore e che permette, nei nostri spazi educativi, di seminare amicizia, di avere rapporti di grande rispetto e accoglienza - qualità primarie del nostro carisma - ma è anche ciò che ci permette di cercare sempre, come educatori, la giustizia. Per noi "fratellanza" è espressione di solidarietà e carità, è poter dire al cuore dei giovani che un mondo migliore è possibile, un mondo più giusto non è un'utopia. Noi crediamo che giorno dopo giorno possiamo costruirlo. E allora, facciamo proprio il termine "fratellanza" e lo plasmiamo traducendolo in senso educativo e questo prende forma ovunque, e ha successo anche là dove i cattolici sono una minoranza, perchè non è un discorso solo religioso. 

I giovani e l'educazione, campo per eccellenza dei salesiani. Che lettura dare al disagio che registriamo in questi mesi: dalle resse per strada in tempi di lockdown, alle giovanissime vittime dei videogames e dei social ormai nuovi compagni di vita, fino ai femminicidi che arrivano a coinvolgere gli adolescenti in modo anche brutale?

R. - Una domanda che mi fa veramente molto molto piacere, perchè la realtà che ci sta intorno effettivamente mi colpisce. Sapere di ragazzi vittime di videogiochi, anzi schiavi della rete oppure violenti anche se giovanissimi. Vedo tante situazioni di rischio che mi ricordano la Torino di Don Bosco, anche se con elementi culturali differenti. Dunque quale aiuto, quale risposta dare? Uno dei tratti caratteristici dell'educare con occhi salesiani è la vicinanza alle famiglie, spesso spezzate, e la vicinanza ai ragazzi là dove si trovano, nel loro mondo. Essere presenza educativa in mezzo a loro, una presenza educativa amichevole, proprio come ha fatto Don Bosco a Valdocco andando per le strade e facendosi amico dei ragazzi e poi offrendo loro attività che li coinvolgessero nell'aiuto ai poveri. Importante è coinvolgere soprattutto i ragazzi che non sanno cosa fare della loro vita, che non hanno chiaro il loro cammino: si tratta di offrire loro attività per i poveri, attività che li mettano in collegamento con realtà di amicizia e di comunità, come può essere un oratorio o un centro giovanile. Lo sperimento ogni giorno qui a Roma dove mi trovo.  In una delle prime case di Don Bosco, al Sacro Cuore di Gesù, ci sono tanti giovani, ragazzi e ragazze, che la sera escono per andare a portare cibo, panini, coperte e assistenza umana a chi è in strada. Bene,  la cosa che imparo è questa : quando offriamo ai ragazzi ideali alti e iniziative belle, si apre per loro un mondo così interessante e speciale che fa in modo che altri cammini non siano più possibili. Fare loro proposte positive dunque, quando tutto intorno vivono solo esperienze negative.

L'educazione è un tema centrale anche per il Papa che ha ideato il " Patto globale per l'educazione", ma lo è pure per l'Europa, tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Quale il contributo che i Salesiani possono dare a questo progetto dalle buone pratiche che nel mondo sperimentate anche in contesti difficilissimi?

R. - Vi rispondo umilmente, portandovi il nostro piccolo contributo. Riteniamo, e questa è una verità indiscutibile, che lo strumento più efficace che c'è oggi nel mondo sia l'educazione. Essa è il grande investimento delle nazioni e dei popoli, che garantisce una società migliore e più solida. E lo dico a voce alta e forte. Come famiglia salesiana, crediamo nello strumento dell'educazione e aderiamo pienamente al "Patto educativo globale" lanciato dal Papa, che propone un nuovo sguardo, propone un'apertura agli altri che è l'esatto contrario di quanto vediamo oggi. Il Patto propone un nuovo modo di pensare e di pensarci: seminare questo oggi significa raccogliere frutti nel futuro. Il Patto guarda tantissimo ai rapporti umani e li mette al centro, e questo non si può perdere. Una Europa che ragiona solo in termini economici prima o poi avrà grossi problemi. Una Europa che invece mette diritti e rapporti umani di qualità al centro, raccoglierà frutti in termini di garanzie, democrazia , umanità e rispetto. Di nuovo cito Don Bosco che, quando andava a chiedere aiuto per fare scuola e dare da mangiare ai suoi ragazzi, diceva ai cittadini di Torino: "Se non aiutate oggi questi ragazzi, domani saranno loro che arriveranno a chiedervi con la forza i soldi, minacciandovi". Certo è un'espressione plastica, ma vuol dire che la formazione è un modo di garantire un'altra realtà, più giusta e migliore, e penso che lo sappiamo tutti. Per questo dico che l'adesione al Patto educativo voluto dal Papa mi sembra una brillantissima idea e un'opportunità molto interessante a cui noi aderiamo pienamente.

In questo tempo di pandemia che ha colpito anche la famiglia salesiana come il resto del mondo, il Papa non ci ha fatto mai mancare le sue parole di guida e il suo sguardo interpretativo. Che valore date al magistero Pontificio in questo contesto così drammatico e come lo state vivendo?

R. -In questo tempo di pandemia, posso dire che, anche noi, siamo stati molto colpiti nelle missioni che abbiamo nel mondo. Una tragedia ci ha investito senza fare distinzioni. Come famiglia di Don Bosco abbiamo perso finora 102 salesiani, specie in Europa e in America e non si tratta solo di anziani. Tante volte abbiamo perso giovani confratelli pieni di gioia e forza di vita pastorale. Dunque è una realtà per noi molto dolorosa, come lo è per le famiglie che hanno pianto i loro cari tanto amati e che ora vivono in difficoltà economiche grandissime. Il magistero del Papa in questo ci è di guida: è la guida più autorevole e ascoltata. Dunque pandemia per noi è stato dolore, ma anche una spinta a camminare cercando la luce nell'oscurità Un tempo di creatività educativa, è stato tempo di vicinanza ai più colpiti. Solidarietà e carità sono state messe in atto in modo tangibile. Ci siamo detti infatti sin dall'inizio: come possiamo rispondere al Covid in modo salesiano? E allora abbiamo condiviso tante esperienze e servizi per chi ha meno e ne sono nate cose bellissime. In particolare da tutto il mondo siamo riusciti a raccogliere 9 milioni di euro da distribuire in 63 nazioni con 143 piccoli progetti di sostegno a realtà locali. Ecco, questo è stato un modo semplice per dire: non pensiamo solo a noi stessi ed alla nostra salute, ma, come faceva Don Bosco quando scendeva in strada a cercare i ragazzi da soccorrere, rispondiamo con la stessa forza. E allora creatività e coraggio! Questo è oggi il nostro contributo.

 

Vatican News

 

INSEGNAVA CON AUTOREVOLEZZA


 + Dal Vangelo secondo Marco   Mc 1,21-28

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

 Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 31 Gennaio 2021.

 La gente si stupiva del suo insegnamento, come quando nel deserto del sempre uguale ci si imbatte nell’inaudito. Si stupiva, e l’ascolto si faceva disarmato. E il motivo: perché insegnava con autorità. Gesù è autorevole perché credibile, in lui messaggio e messaggero coincidono: dice ciò che è, ed è ciò che dice. Non recita un ruolo. Autorevole, alla lettera significa “che fa crescere”. Lui è accrescimento di vita, respiro grande, libero orizzonte. Non insegnava come gli scribi…Gli scribi sono intelligenti, hanno studiato, conoscono bene le Scritture, ma le ascoltano solo con la testa, in una lettura che non muove il cuore, non lo accende, non diventa pane e gesto.

Molte volte anche noi siamo come degli scribi con noi stessi, ci basta accostare il Vangelo con la ragione, ci pare anche di averlo capito, spesso ci piace, ma l’esistenza non cambia. La fede non è sapere delle cose, ma farle diventare sangue e vita.

Gesù insegnava come chi ha autorità. Il mondo ha un disperato bisogno di maestri autorevoli. Ma noi chi ascoltiamo? Scegliamoli con cura i nostri maestri e con umiltà, camminando al passo di chi è andato più avanti. Da chi imparare? Da chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia, cioè nella capacità di stupore infinito. Dobbiamo scegliere chi dona ali. I maestri veri non sono quelli che metteranno ulteriori lacci alla mia vita o nuovi pa-letti, ma quelli che mi daranno ulteriori ali, che mi permetteranno di trasformarle, le pettineranno, le allungheranno, le faranno forti. Mi daranno la capacità di volare (A. Potente). […]  Gesù è venuto a rovinare la fede del demone che sente Dio come un predatore della mia libertà, che lo immagina come colui che toglie, non come colui che dona. C’è nella sinagoga un uomo prigioniero di qualcosa che è più forte di lui. Gesù interviene, e non pronuncia discorsi su Dio o sul male, ma si immerge nella vita ferita e, come Dio, combatte contro ciò che imprigiona ogni persona.

Cosa vuoi da me? So che Cristo vuole le mie mani, i miei occhi, i miei sentimenti, il mio andare e venire. Ma io tentenno, non voglio brecce aperte sulle mura del mio mondo. Una fede senza sapore di pane, di vino buono, di lavoro, di carezze, di scelte concrete.

Fede di sole parole.

Gesù parlava e si stupivano del suo insegnamento. Ecco lo stupore da difendere sempre, perché la nostra capacità di gioire è proporzionale alla capacità di incantarci ogni volta che incontriamo parole di sapienza, nate dal silenzio, dal dolore, dal profondo, dalla vicinanza al Roveto di fuoco. L’autorità di Gesù stava nelle  parole di chi è credibile, di chi dice ciò che è ed è ciò che dice. Se messaggio e messaggero coincidono, ciò non significa “dire” il Vangelo, ma diventare tutt’uno con l’annuncio.

Così per noi, se non vogliamo essere scribi inascoltati. Coltiviamo il coraggio del seme silente che nasce senza che tu sappia come! Spesso i testimoni silenziosi sono i più efficaci. “Sono sempre i pensieri che avanzano con passo di colomba quelli che cambiano il mondo” (Albert Camus). L’autorevole Gesù è Dio che si oppone al laccio, e i demoni se ne accorgono: che c’è fra noi e te? Sei qui per rovinarci?

L’uomo di Cafarnao frequenta il luogo sacro, recita le benedizioni e lo Shemà Israel, eppure in lui vive un demone che vuole la fede del sabato, quella limitata al sacro e alle devozioni. Il Dio vero, no! Lui spazia come libera brezza nella vita, nella polvere di casa e della strada.
Sì, Gesù è venuto a rovinare la fede del demone che sente Dio come un predatore della mia libertà, che lo immagina come colui che toglie, non come colui che dona; un Moloch avido e rovente cui sono tenuto a immolare la parte migliore di me stesso. E’ venuto per demolire ogni prigione che divora le nostre ali; è qui con il fuoco per bruciare ciò che inganna, per rovinare il regno di chi si genuflette davanti a idoli  bugiardi: potere, denaro, successo, paure, depressioni, egoismi.

È a questi desideri che Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui! Tace e se ne va questo mondo illuso, dal cuore sbagliato. Va in rovina, come aveva sognato Isaia. E le spade diventano falci, si spezzano conchiglie ed ecco le perle. Nel conflitto eterno tra il mio cuore d’ombra e luce, Cristo entra come lievito che solleva l’inerzia, colpo d’ala, respiro che dilata, vento che sospinge, tarlo o bruco che rode la mia falsa pace, e fa volare la farfalla sul mondo. Perla della creazione è l’uomo libero, uomo dalla vita grande. Lo sarò anch’io, se il Vangelo diventerà mio patimento e mio parto, mio incanto e mia dolcezza.

 Cercoiltuovolto


SOCIAL E CADUTA DEI VALORI


 «Il problema dei social è la caduta dei valori che noi adulti trasmettiamo ai giovani»

 «Non possiamo pensare a un’educazione basata soltanto sulla spontaneità e sul piacere», dice il vescovo Erio Castellucci

      La solitudine di un cellulare, un sito, una sfida estrema dettata da un social: così è andata incontro alla morte una ragazzina di dieci anni trovata senza vita nel bagno di casa. Davanti a questi fatti occorre innanzitutto fare una riflessione che ha profonde implicazioni economiche, visti i numeri e il giro d’affari sempre più consistente che ruota intorno ai social network. Inoltre come afferma Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime e Garante per la tutela delle vittime di reato «come mai una bambina di dieci anni ha un profilo o accesso ad un social che, in base alle sue regole, consente l’iscrizione a partire dai 13 anni? ». Le regole non sono soggette a controlli particolari, e così basta “mentire” sull’età e ci si iscrive. I social non sono giocattoli per bambini, ma mondi virtuali in cui, spesso, senza i dovuti controlli, vengono caricati video e immagini assolutamente non idonei a menti acerbe che non possono capire né i contenuti né le conseguenze cui vanno incontro partecipando a certe assurde sfide. L’Agesc, da sempre attenta ai problemi dei più indifesi si è interrogata a lungo su questo fatto drammatico.

Parlando con monsignor Erio Castellucci presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede. «Credo che il problema sia legato agli adulti – dice il vescovo – però ho l’impressione che ci sia un retroterra di “caduta di valori” che trasmettiamo noi adulti ai ragazzi. In questi giorni, anche a seguito di questo fatto che non è isolato purtroppo, si moltiplicano gli appelli alle famiglie, agli educatori (insegnanti, catechisti…) perché vigilino sull’uso dei social. La vigilanza e la repressione sono importanti perché non possiamo pensare ad un’educazione basata solo sulla spontaneità: l’autoeducazione. Se vogliamo andare alle cause queste si trovano nel mondo degli adulti che vuole rendere tutto lecito. Oramai è molto difficile discutere di ciò che è buono e semplice e di ciò che è cattivo e malvagio.

Ciascuno vorrebbe che i propri atteggiamenti e le proprie decisioni fossero messe sempre nel campo del “legittimo” (mi piace, lo voglio, l’ho deciso), credo che questo sia un modello che mostra parecchie crepe. Risponde ad una precisa linea pedagogica che era già suggerita nel ’700 da Rousseau: l’essere umano è buono e va lasciato esprimere. Poi sappiamo che alcune scuole di pensiero si sono sviluppate su questo arrivando al “vietato vietare” caro al sessantotto. Dobbiamo ripensare non a dei modelli autoritari, bensì a modelli autorevoli. Noi pensiamo che abbiamo inventato recentemente la “categoria dei giovani” perché ne abbiamo fatto l’oggetto di studio degli ultimi decenni e ci chiediamo anche il perché. Semplicemente perché l’abbiamo mitizzata ed aggredita noi adulti che facciamo di tutto per sembrare e rimanere giovani mentre i giovani, che avevano gli adulti come punto di riferimento, sapevano che dovevano diventare grandi, prendersi delle responsabilità, e persino invecchiare, oggi non hanno più una zona dove poter crescere (esagerando i toni). A me sembra che il fenomeno vada cercato in questa direzione, non basta “stracciarci le vesti” condividendo questi fatti, ma dobbiamo pensare alle cause facendo anche un “mea culpa” per non essere farisaici».

 Intanto, mercoledì si è “celebrata” la giornata della memoria. L’anno scorso l’Agesc era presente assieme a scolaresche, a visitare in Polonia i luoghi dell’orrore. Non dobbiamo trattare la pandemia come se fosse l’unico problema, perché quest’ultima svela e non solo causa dei mali presenti. Uno di questi mali - come afferma Castellucci - «è proprio l’odio fratricida presente già ai tempi di Caino. La Shoah è considerata la tragedia più grande della storia non solo per il numero dei morti (oltre sei milioni) ma proprio per l’odio e la violenza la barbarie che si sono convogliate in quegli anni. Noi siamo in una crisi sanitaria, ma dobbiamo ricordare che ci sono state crisi anche più tragiche e presenti in un certo senso anche già nel terzo millennio. 2001: scoppio del terrorismo, 2008: crisi economica, 2011: primavere arabe che hanno determinato il quintuplicarsi dei profughi e dei rifugiati, 2015: presa di conoscenza del problema ecologico, 2020: la pandemia. Dobbiamo imparare “ad abitare le crisi” non assuefarci perché sono tutte connesse».

 www.avvenire.it



 

 



 

venerdì 29 gennaio 2021

IL DECLINO DEI MAESTRI .....


 ....E L'ASCESA DEGLI INFLUENCER


-         Giuseppe Savagnone*

Il lato oscuro di un fenomeno

La denuncia per “istigazione al suicidio” dell’influencer di Siracusa che, su TikTok, ha lanciato una serie di “sfide estreme” – l’ultima, coprendosi il viso con un nastro adesivo trasparente, col rischio di soffocamento –, arriva dopo la tragica morte di due bambini, una di dieci anni, uno di nove, vittime di analoghi “giochi”, e porta alla luce ciò che di ambiguo è presente nel fenomeno di questi “persuasori” che, con il potente mezzo della rete, condizionano sempre più il nostro modo di pensare, di sentire e di vivere. Riscuotendo un seguito impressionante: la potenziale “istigatrice al suicidio” aveva 731.000 followers! E, soprattutto, un’adesione cieca. Un messaggio rinvenuto sul suo profilo diceva: «Ciao, se mi saluti giuro mi lancio dalla finestra».

Luci ed ombre

Per fortuna non tutti gli influencer sono così. Molti in realtà esercitano la propria influenza in forme assolutamente lecite, dando consigli riguardanti l’abbigliamento, proponendo ricette di cucina, offrendo una conversazione piacevole e spiritosa… Occasionalmente, promuovono anche iniziative filantropiche: Chiara Ferragni, per esempio, ha usato il suo fascino mediatico per raccogliere soldi in favore di ospedali e per l’emergenza Covid. Ce ne sono anche alcuni che lanciano messaggi più profondi e costruttivi, ricchi di spunti culturali e esistenziali, trovando anche a questo livello una risposta significativa (pur se, in termini numerici, meno vasta).

Un successo senza eguali

Al di là degli esiti, siamo comunque davanti a una figura nuova, che merita la nostra attenzione per il ruolo che ormai ha assunto nella nostra società. Come scrive Monica Monnis sulla rivista «Elle» del 21 dicembre 2020, «sono famosi, hanno milioni di seguaci che pendono dalle loro labbra, ogni loro singola parola vale oro (…), con un semplice post sono in grado di indirizzare l’opinione pubblica, fare scalpore e/o polemica, conquistare titoli di giornali ed eclissare notizie almeno sulla carta più importanti (una pandemia, così per dirne una)».

Forse il ritratto qui tracciato pecca di eccessiva enfasi. Ma qualcosa di vero esso sicuramente contiene. Lo dicono le proporzioni del seguito che questi influencer ottengono. La già citata Chiara Ferragni, ha 22 milioni e duecentomila followers e 55 milioni e mezzo di interazioni, cioè di like, commenti e condivisioni su Facebook, Instagram, Twitter e YouTube! Ed è solo la prima di una lista di uomini e donne che, sia pure in misura minore, riscuotono un’attenzione che nessun rappresentante del mondo della cultura “ufficiale” – docenti, giornalisti, scienziati – può sognarsi.

Un’adesione senza riserve critiche

A preoccupare, però, è lo stile del rapporto che lega la maggior parte degli influencer ai loro followers. C’è qualcosa che accomuna il frequentatore di TikTok che si diceva disposto a lanciarsi dalla finestra, per un saluto da parte dell’influencer siracusana, e i milioni di persone – molti sono giovani – che «pendono dalle labbra» dei suoi più noti e per fortuna assai più innocui colleghi. Siamo davanti a una ammirazione e a un’adesione che spesso tendono a non passare attraverso una reale verifica critica, anche perché rafforzate dalla logica delle mode della società neocapitalista di massa, che già di suo favorisce i meccanismi di passiva imitazione e di omologazione.

Il pericolo del vuoto

È vero, qui, non c’è il rischio della violenza che in altri casi una simile adesione può suscitare, come nel caso dei fondamentalismi religiosi plasmi la mente i cuori con verità unilaterali e aggressive. Perché questi “nuovi maestri”, alla cui scuola crescono i nostri ragazzi, non vogliono trasmettere nessuna verità, anzi, nella maggior parte dei casi, le relativizzano tutte in nome dei gusti e delle preferenze. E tuttavia, bisogna chiedersi se non siano pericolosi in qualche misura anche loro, nella misura in cui risultano funzionali al mantenimento di un vuoto intellettuale e spirituale che essi non creano, ma almeno alimentano, soprattutto nei più giovani, e i cui effetti sono riscontrabili in tutte le manifestazioni della nostra vita privata e pubblica. In questo vuoto si possono verificare episodi estremi e devastanti – come quelli dei suicidi infantili che hanno impressionato l’opinione pubblica –, oppure, più semplicemente, la quotidiana celebrazione dei riti consumistici, sullo sfondo di una rinunzia a prendere sul serio i “grandi problemi” che dovrebbero determinare il senso della vita.

Le dimissioni dei “maestri”

Quel che è certo è che il crescente influsso degli influencer corrisponde – al tempo stesso come effetto e come causa – al tramonto dei “maestri”, di quelli veri, che insegnavano a porseli, questi problemi, e ad affrontarli con spirito critico, senza «pendere dalle labbra» di nessuno, proponendo non consigli sull’abbigliamento o sulle ricette di cucina, ma le domande di fondo decisive per le scelte pubbliche e private. E non si parla qui solo dei grandi intellettuali che un tempo orientavano la cultura della nostra società. Il processo che ha portato gli adulti a dare le dimissioni dal loro compito, di educatori ha colpito, prima di tutto, genitori e insegnanti. Sia nelle famiglie – sempre meno in grado di trasmettere ai loro figli un patrimonio convincente di valori –, sia nella scuola, sempre più concentrata (quando va bene) sulla mera “trasmissione dei saperi” – la capacità dei “maestri” di proporre ai giovani messaggi significativi è oggi immensamente inferiore a quella di qualunque influencer.

Il dialogo assente…

Proprio la pandemia ci sta mettendo di fronte alle conseguenze di questa crisi educativa, esasperando le tensioni di rapporti in cui il grande assente era, già da tempo, il dialogo, condizione imprescindibile per educare. Impossibile in un rapporto frettoloso di convivenza, come quello che spesso caratterizzava la vita familiare prima del Covid; superfluo a scuola per un mera trasmissione di conoscenze, il dialogo, in questa emergenza, si è rivelato indispensabile proprio nell’esasperazione della sua assenza.

Senza dialogo, il rapporto genitori-figli si liofilizza in un repertorio di frasi fatte e i ragazzi, sequestrati in casa e lasciati soli, cercano sullo smartphone o nel computer i possibili interlocutori, col rischio di trovarvi quelli sbagliati. Così come, senza dialogo, diventa problematico un rapporto scolastico puramente virtuale, che dovrebbe avere la sua linfa in una comunicazione umana e che invece continua a fondarsi su lezioni frontali ispirate al vecchio schema unidirezionale.

…E l’occasione per riscoprirlo, prima di tutto nell’ascolto

Eppure, proprio questo emergere con maggior evidenza di un disagio covato già da tempo, può costringere genitori e insegnanti a ripensare il loro ruolo educativo e a rendersi conto, una buona volta, che proprio loro – non gli influencer! – devono essere i “maestri” dei loro figli e dei loro alunni, instaurando con essi una comunicazione degna di questo nome. Compito impegnativo, perché il dialogo richiede l’ascolto e l’ascolto, a sua volta, disponibilità di tempo e di attenzione. Se vogliamo che le nuove generazioni non siano allevate dagli influencer nella “fiera delle vanità” della società massificata, bisogna che noi adulti riscopriamo il volto dei singoli e impariamo di nuovo ad ascoltare i loro problemi, le loro angosce, i loro desideri. Che usciamo dalla logica perversa del negoziato sui “sì” e sui “no”, a cui spesso si è ridotto il rapporto in famiglia, o dei programmi e delle interrogazioni, a scuola, e ritroviamo il gusto di parlare davvero.

Il clima concentrazionario creatosi in certe case, o l’aridità estenuante della Dat in certe classi, potrebbero essere sconfitti da genitori e insegnanti che si sforzino di capire di più i problemi dei loro figli e dei loro alunni, le loro angosce, i loro desideri e imparino, attraverso questo ascolto, ad essere più creativi e attrattivi degli influencer.

Un nuovo rapporto con i mezzi tecnici

Ciò comporterebbe un nuovo rapporto con gli strumenti di comunicazione. Invece di “posteggiare” il figlio, fin da piccolo, davanti al tablet, per “farlo stare buono”, i genitori dovrebbero giocare con lui. Invece di regalargli lo smartphone quando ha undici anni (o forse meno), dovrebbero dedicargli del tempo per ascoltarlo. E poi dovrebbero stargli accanto e seguirlo, non con un controllo fiscale, ma puntando su una partecipazione alle sue esperienze che suppone la condivisione dei suoi interessi. Aiutandolo a decodificare e a selezionare i messaggi che da ogni parte ormai ci inondano sulla rete. Così anche la scuola non può illudersi che la digitalizzazione risolva da sé i problemi. È l’uso che le persone fanno di questi mezzi a renderli umani oppure no. E i mezzi più perfezionati possono favorire, non sostituire il clima di ascolto reciproco che permette alla relazione educativa di instaurarsi e di svilupparsi.

Per cambiare le strutture, cominciamo dalle persone

Probabilmente la pandemia, purtroppo, avrà ancora tempi lunghi. Sufficienti a raccogliere la sua sfida, se si vorrà farlo. O a generare altre catastrofi, se non lo si vorrà. Certo, il cambiamento della società non può dipendere solo dall’impegno dei singoli. C’è un quadro politico, sociale, economico, in cui l’attuale crisi educativa si inserisce e in cui va collocato anche il fenomeno degli influencer. Ma, alla fine, anche le condizioni strutturali possono essere cambiate solo se le persone saranno diverse. Perciò vale la pena di cominciare da loro.

 *Pastorale Cultura Diocesi Palermo

 

www.tuttavia.eu



 

MINORI E INTERNET: . COME EVITARE PERICOLI PER I RAGAZZI


Navigazione 

sicura e consapevole 

dei minori su internet

 La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha partecipato alla stesura del Codice di autoregolamentazione “Internet e Minori”, in collaborazione con il Ministero delle Comunicazioni, dell’Innovazione e le Tecnologie e le Associazioni degli Internet Service Providers. ll Codice nasce per aiutare adulti, minori e famiglie nell’uso corretto e consapevole di Internet, fornendo consigli e suggerimenti.

Consigli per i genitori

·         Insegnate ai bambini più piccoli l’importanza di non rivelare in Rete la loro identità. Spiegategli che è importante per la loro sicurezza e per quella di tutta la famiglia non fornire dati personali (nome, cognome, età, indirizzo, numero di telefono, nome e orari della scuola, nome degli amici).

·         Spiegate ai vostri figli come navigare sicuri anche se sapete che vostro figlio non sembra interessato a Internet. A scuola, a casa dell´amico del cuore, in un internet cafè potrebbe comunque avere voglia di navigare sulla Rete ed è bene che sia al corrente di quali semplici e importanti regole deve seguire per essere sicuro e protetto mentre si diverte.

·         Controllate i più piccoli affiancandoli nella navigazione in modo da capire quali sono i loro interessi e dando consigli sui siti da evitare e su quelli da visitare.

·         Collocate il computer in una stanza centrale della casa piuttosto che nella camera dei ragazzi. Vi consentirà di dare anche solo una fugace occhiata ai siti visitati senza che vostro figlio si senta “sotto controllo”.

·         Impostate la “cronologia” in modo che mantenga traccia per qualche giorno dei siti visitati. Controllate periodicamente il contenuto dell´hard disk del computer.

·         Insegnate ai vostri figli preadolescenti e adolescenti a non accettare mai di incontrarsi personalmente, magari di nascosto, con chi hanno conosciuto in Rete. Spiegate come un computer collegato a Internet sia per alcune persone male intenzionate il modo migliore per nascondere propositi criminali dietro bugie e false identità, a volte molto attraenti.

·         Spiegate ai vostri figli, soprattutto in età preadolescenziale, che la propria intimità sessuale non va condivisa sulla rete in nessun modo, in quanto la pubblicazione di foto e video a contenuto esplicitamente sessuale sul web crea soltanto disagio fino ad arrivare alle conseguenze più gravi con risvolti penali.  La trasformazione del proprio corpo va vissuta in maniera serena senza strumentalizzazioni di alcun tipo, cercando di estrinsecare i propri dubbi in tal senso con fiducia e con riflessione agli adulti di riferimento".

·         Leggete le e-mail con i bambini più piccoli controllando ogni allegato al messaggio. Se non conoscete il mittente non aprite l´e-mail, né eventuali allegati: possono contenere virus, troiani o spyware in grado di alterare il funzionamento del vostro computer. Date le stesse indicazioni ai ragazzi più grandi.

·         Tenete aggiornato un buon antivirus e un firewall che proteggano continuamente il vostro pc e chi lo utilizza.

·         Dite ai bambini di non rispondere quando ricevono messaggi di posta elettronica di tipo volgare, offensivo e, allo stesso tempo, invitarli a non usare un linguaggio scurrile o inappropriato e a comportarsi correttamente in rete.

·         Spiegate ai bambini che può essere pericoloso compilare moduli on line e dite loro di farlo solo dopo avervi consultato.

·         Cercate di stare vicino ai bambini quando creano profili legati ad un nickname per usare programmi di chat.

·         Non lasciate troppe ore i bambini e i ragazzi da soli in Rete. Stabilite quanto tempo possono passare navigando su Internet: limitare il tempo che possono trascorrere on-line significa limitare di fatto l´esposizione ai rischi della Rete.

·         Usate software "filtri" con un elenco predefinito di siti da evitare. É opportuno però verificare periodicamente che funzionino in modo corretto e tenere segreta la parola chiave

Stabilite quanto tempo possono passare navigando su Internet.

La migliore garanzia di tutela per i minori, in generale, è non lasciarli soli in un ambiente popolato da adulti come la Rete.

Come equipaggiare il proprio computer e usarlo in sicurezza

·         Garantitevi una preparazione informatica quantomeno analoga a quella dei vostri figli per rispondere alle loro domande e predisporre le opportune misure di protezione del computer.

·         Fate regolari backup dei dati più importanti.

·         Collocate il computer in una stanza centrale della casa piuttosto che nella camera dei ragazzi. Vi consentirà di dare anche solo una fugace occhiata ai siti visitati senza che vostro figlio si senta “sotto controllo”.

·         Installate un buon antivirus. Aggiornate e scaricate le nuove versioni dei programmi per rendere permanente la protezione del computer.

·         Usate un firewall come “gatekeeper” tra il vostro computer e Internet.

·         I Firewall sono essenziali per chi ha una connessione ADSL o via cavo, ma sono preziosi anche per chi utilizza la connessione telefonica.

·         Impostate la “cronologia” di navigazione in modo che mantenga traccia per qualche giorno dei siti visitati da vostro figlio.

·         Controllare periodicamente il contenuto dell’hard disk del computer.

·         Usare software “filtri” con un elenco predefinito di siti da evitare.

·         Verificate periodicamente che funzionino in modo corretto e tenete segreta la parola chiave.

·         Leggere le e-mail con i bambini più piccoli controllando ogni allegato al messaggio. Se non conoscete il mittente non aprite l’e-mail, né eventuali allegati: possono contenere virus o spyware in grado di alterare il funzionamento del computer. Date le stesse indicazioni ai ragazzi più grandi.

·         Non tenete il computer allacciato alla Rete quando non lo usate: È consigliato piuttosto disconnettere il computer, se necessario, anche fisicamente.

·         Non aprite gli allegati delle e-mail provenienti da sconosciuti e verificate prima il nome dei mittenti e l’oggetto.

·         Siate sospettosi anche di allegati inaspettati ricevuti da chi conoscete perché possono essere spediti da una macchina infettata senza che l’utilizzatore ne sia a conoscenza.

·         Scaricate regolarmente le “security patches” (modifiche per incrementare la sicurezza dei software) dal vostro fornitore di software.

I comportamenti allarme

Potrebbe essere tutt’altra l’origine del turbamento di vostro figlio, alcuni comportamenti non vanno sempre ascritti a situazioni di abuso o molestie, soprattutto se sta attraversando un momento evolutivo particolare (preadolescenza, adolescenza, separazioni o cambiamenti familiari). Tuttavia, se questi comportamenti riguardano l’uso del computer o del telefonino, vale la pena cercare di comprendere cosa sta realmente accadendo.

Ecco i casi in cui prestare attenzione:

se tuo figlio modifica improvvisamente l’uso del telefonino o del computer e passa molto tempo a scrivere sms, a effettuare o ricevere chiamate, anche in tarda serata, e rimane connesso per molte ore al PC;

·         quando si allontana e si apparta ogni volta che riceve o effettua una chiamata con il telefonino o si connette a Internet;

·         se mostra ansia o rifiuta categoricamente di farti vedere il suo telefonino o lo schermo del computer mentre naviga o è connesso;

·         se consuma molto velocemente il credito telefonico e non ti dà spiegazioni circa i suoi consumi;

·         se mostra ansia e preoccupazione quando squilla il telefonino o mentre è connesso senza spiegarne spontaneamente il perché;

·         quando modifica i ritmi sonno-veglia (dorme troppo, dorme poco, ha incubi) o il comportamento alimentare e il rendimento scolastico.

 

Polizia postale

LA QUESTIONE EDUCATIVA E' LA SFIDA PRIORITARIA


 Il messaggio dei Vescovi  a conclusione dei lavori 

del Consiglio permanente CEI

 

" ..... La questione educativa s’impone come sfida cruciale che va affrontata insieme alle varie parti sociali, attivandosi per costruire sui territori alleanze educative, secondo la proposta di Papa Francesco ad operare per un “Global compact on education”. Lo sguardo attento sulle varie fratture invoca una presenza di speranza della comunità ecclesiale: non è il momento di chiudersi nell’autoreferenzialità, ma di tracciare cammini di comunione e di corresponsabilità…….. 

Per i Vescovi, occorre moltiplicare gli sforzi per continuare, nonostante le gravi difficoltà nelle quali le famiglie, gli insegnanti e i catechisti si trovano a operare, l’impegno educativo nei confronti delle nuove generazioni e per ricostruire al più presto condizioni e contesti che permettano esperienze formative integrali. Le nuove tecnologie sono di grande aiuto per tenere i contatti e per svolgere attività, ma non possono sostituire la ricchezza dell’incontro personale, della presenza.

Aumentano le difficoltà dei bambini e soprattutto degli adolescenti, a cui va riconosciuto di avere vissuto, nella maggioranza dei casi, questi mesi con grande responsabilità e senso civico. Non si può tuttavia nascondere - hanno osservato i vescovi - che sembrano crescere l’insofferenza dei giovani e la preoccupazione delle famiglie. I bambini, i ragazzi, i giovani e l’intera comunità hanno bisogno che le scuole, i centri educativi, le parrocchie, gli oratori possano tornare il prima possibile a svolgere la loro funzione di contesti di crescita. Non ci potrà essere un ritorno improvviso alle condizioni di prima, ma fin d’ora tutti, comunità civili ed ecclesiali, sono sollecitati a fare la propria parte, partendo da quello che questo tempo sta mettendo in evidenza. Sta maturando la consapevolezza che i processi educativi sono significativi per le persone quando si basano sulla comunicazione dell’attenzione e della cura, anche quando si è costretti a interagire a distanza.

È chiaro ormai che le realtà educative, a partire dalle scuole, hanno bisogno di essere sostenute dalla collaborazione di tutti. In questa direzione, è fondamentale - hanno affermato i vescovi - attivarsi per costruire sui territori alleanze educative, secondo la proposta di papa Francesco ad operare per un 'Global compact on education'. ...... "

 Dal comunicato finale del Consiglio Permanente della CEI



martedì 26 gennaio 2021

MORIN: FORZA, CORAGGIO, FRATERNITA'


Alla vigilia del mio centesimo compleanno

 Sono stato sorpreso dalla pandemia, ma nella mia vita sono abituato all'inaspettato. L'arrivo di Hitler fu inaspettato per tutti. Il patto tedesco-sovietico fu inaspettato e incredibile. L'inizio della guerra d'Algeria fu inaspettato... Ho vissuto solo per l'imprevisto e l'abitudine alle crisi. In questo senso, sto vivendo una nuova, enorme crisi, ma che ha tutte le caratteristiche di una crisi. Cioè, da un lato suscita l'immaginazione creativa e provoca paure e regressioni mentali. Tutti cerchiamo la salvezza provvidenziale, ma non sappiamo come.

Dobbiamo imparare che nella storia l'inaspettato accade e accadrà ancora. Pensavamo di vivere con certezze, statistiche, previsioni, e l'idea che tutto fosse stabile, quando tutto cominciava già ad entrare in crisi. Non ce ne siamo resi conto. Dobbiamo imparare a vivere con l'incertezza, ad avere il coraggio di affrontare, ad essere pronti a resistere alle forze negative.

La crisi ci rende più pazzi e più saggi. Una cosa e un'altra. Molte persone perdono la testa e altre diventano più lucide. La crisi favorisce le forze più opposte. Desidero che queste siano le forze creative, le forze lucide e quelle che cercano un nuovo cammino, quelle che si impongono, anche se sono ancora molto disperse e deboli. Possiamo giustamente indignarci, ma non dobbiamo chiuderci nell'indignazione.

C'è qualcosa che dimentichiamo: vent'anni fa è iniziato nel mondo un processo di degradazione. La crisi della democrazia non è solo in America Latina, ma anche nei paesi europei. La padronanza del profitto illimitato che controlla tutto è in tutti i paesi. Lo stesso vale per la crisi ecologica. La mente deve affrontare le crisi per poterle dominare e superare. Altrimenti siamo le sue vittime.

Oggi vediamo elementi del totalitarismo insediarsi. Non ha niente a che vedere con quello del secolo scorso. Ma abbiamo tutti i mezzi per monitorare le persone: i droni, i telefoni cellulari, il riconoscimento facciale. Abbiamo tutti i mezzi per realizzare una sorveglianza totalitaria. Il problema è impedire che questi elementi si uniscano per creare una società totalitaria insopportabile per noi.

Alla vigilia del mio centesimo compleanno, cosa posso desiderare? Auguro forza, coraggio e lucidità. Abbiamo bisogno di vivere in piccole oasi di vita e fratellanza".