III Domenica di Pasqua C
Gv 21,1-19
-Commento del Card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme
Primo particolare è il versetto iniziale del brano (Gv 21,1),
dove l’evangelista scrive che Gesù si manifestò di nuovo ai suoi
discepoli (“Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli
sul mare di Tiberìade”).
I termini che troviamo qui ci riportano al capitolo 2 del
Vangelo, dove Gesù compie il primo dei suoi segni (Gv 2,1-11).
Anche lì siamo in Galilea, precisamente a Cana, e anche lì il
contesto è quello di un banchetto, proprio come quello che vediamo svolgersi
sulle rive del Lago. Anche lì, a Cana, manca il vino, come qui, sulle rive del
lago, manca il cibo. Là i servi obbediscono alla parola di uno sconosciuto che
chiede di riempire le giare d’acqua, qui i discepoli obbediscono alla parola di
uno sconosciuto che chiede di gettare le reti dal lato destro. Là nessuno sa da
dove viene il vino, qui nessuno sa da dove viene il pane. Anche lì Gesù
manifesta la sua gloria, proprio come qui Gesù si manifesta di nuovo. A Cana si
era al terzo giorno, qui è la terza manifestazione.
C’è un evidente legame tra i due brani.
A Cana Gesù aveva iniziato a manifestare la sua gloria. Non
la sua potenza, ma la sua gloria, ovvero la forza del suo amore capace di
vincere il male. Si era presentato come lo Sposo messianico, che offriva ai
partecipanti al banchetto il vino nuovo della nuova alleanza, dando così inizio
alla sua ora, che però doveva ancora compiersi, in modo misterioso, più avanti.
Ebbene, tutto questo si è compiuto in modo definitivo dopo la
Pasqua. Il tempo della nuova alleanza ora è veramente giunto e il Signore,
tornato vittorioso dalla sua battaglia con la morte, offre ai suoi il banchetto
della vittoria.
E c’è un segnale, in questo brano di oggi, che conferma che
la nuova alleanza è veramente compiuta: Gesù chiede per tre volte a Pietro se
lo ama (Gv 21,15.16.17).
Ebbene, tante sono le possibili interpretazioni di questa
triplice domanda. Ma nella mentalità del tempo, se per tre volte compi lo
stesso gesto, questo diventa una consuetudine, e se per tre volte rispondi di
sì alla stessa domanda, questo diventa un contratto, qualcosa di definitivo da
cui non si torna indietro. Diventa un’alleanza.
Pietro, lui che ha rinnegato, lui che è fuggito, è chiamato a
dire sì tre volte, a dire che ci crede a questa possibilità nuova di essere,
insieme ai suoi fratelli, una comunità che rinasce dalla morte.
È una comunità piccola, ferita, che da sola non può
nulla (“ma quella notte non presero nulla” - Gv 21,3), che
attraversa il buio della notte. Ma è anche una comunità che, quando obbedisce
alla Parola del Signore, diventa forte: le reti non si rompono (Gv 21,11),
perché è solida questa nuova comunità che si fonda sul dono del Signore
(“Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di
centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si
squarciò.”(Gv 21,11)
E che il dono sia del Signore, è evidente: i discepoli
tornano a riva dopo aver pescato una gran quantità di pesci, ma è Gesù che
offre il pesce e il pane (Gv 21,9), e questo rimanda all’offerta di sé che Gesù
ha fatto sulla croce: questa è la vera forza della nuova comunità dei
discepoli.
Inoltre, hanno gettato la rete dalla parte destra della
barca (“Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”
- Gv 21,6): anche qui i significati possono essere tanti, ma certo è
che la destra è la parte di Dio, del suo braccio potente, la parte della forza,
della benedizione, della gioia.
I discepoli sono chiamati a vivere lì, in questo luogo dove
Dio manifesta la sua forza, che è sempre la forza dell’amore, mai del potere.
Quello che loro hanno preso, lo portano al Signore, che lo
unisce a ciò che già è pronto sul fuoco (Gv 21,10). Il Signore ha già fatto
tutto, e ora, quello che manca, è di unirci a Lui, facendo nostra la sua logica
di vita, la sua fiducia incondizionata al Padre, la sua obbedienza filiale.
Da lì rinasce la vita e da lì rinasce la Chiesa.
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