DI
PAPA FRANCESCO
- di Ernesto Diaco
- Direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della CEI
Pur non
essendo fra i temi che i principali commentatori hanno individuato nel proporre
una sintesi del pontificato di papa Francesco, in realtà l’educazione è stata
al centro della sua vita e della sua azione pastorale, sia da gesuita che da
arcivescovo di Buenos Aires e infine da vescovo di Roma. È infatti possibile
riconoscere in lui uno specifico magistero sull’educazione, ricavabile da
numerosi interventi indirizzati ai suoi protagonisti e sfociato nella proposta
di un “Patto educativo globale” che coinvolga le religioni, le istituzioni
politiche e formative, i diversi mondi vitali della società. Ma si può anche
individuare una dimensione educativa trasversale alle diverse scelte e
direzioni da lui indicate, compresi i documenti e i Sinodi che hanno caratterizzato
i suoi dodici anni sulla cattedra di Pietro. Si può dire che l’esperienza e la
visione educativa di papa Francesco abbiano modellato anche il suo modo di
essere pontefice della Chiesa universale.
In un
discorso del novembre 2015, papa Francesco rispondeva così a una domanda che
gli era stata posta sul significato dell’educazione: “Significa rischiare. Un
educatore che non sa rischiare, non serve per educare. Un papà e una mamma che
non sanno rischiare, non educano bene il figlio. Rischiare in modo ragionevole.
Cosa significa questo? Insegnare a camminare. Quando tu insegni a un bambino a
camminare, gli insegni che una gamba deve essere ferma, sul pavimento che
conosce; e con l’altra, cercare di andare avanti. Così se scivola può
difendersi. Educare è questo. Tu sei sicuro in questo punto, ma questo non è
definitivo. Devi fare un altro passo. Forse scivoli, ma ti alzi, e avanti… Il
vero educatore dev’essere un maestro di rischio, ma di rischio ragionevole, si
capisce”. Questo invito a non restare fermi, ma a protendersi in avanti pur
mantenendosi fermi sull’essenziale, non è in nulla diverso dalla proposta di
Chiesa “in uscita” che è stata al cuore dell’intera azione pastorale di
Francesco. Una Chiesa “accidentata e ferita” per essere uscita per le strade,
piuttosto che “malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie
sicurezze”.
L’educazione
“offre un senso, una narrativa a ogni elemento della vita dell’essere umano.
Non si esaurisce nel condividere conoscenze o nello sviluppare abilità, ma
aiuta a lucidare il diamante che il Signore ha posto in ognuno. L’educazione
contribuisce a far sì che tale diamante lasci passare la Luce, che è Cristo
(cfr. Gv 8, 12) e che così brilli in mezzo al mondo” (Papa Francesco, 30 settembre 2022)
Cercare
è rischiare
“Cercare
e rischiare” è anche l’invito che papa Bergoglio ha continuamente indirizzato
ai giovani, valorizzando l’inquietudine come risorsa e motore dell’educazione.
Educare, infatti, è l’esatto contrario di addomesticare o tranquillizzare.
Significa piuttosto accendere il desiderio, risvegliare l’interiorità e
preparare alla responsabilità. È tensione verso il senso, spinge alla ricerca
della verità ed è spazio di libertà contro ogni conformismo.
Strettamente
connesso a questo atteggiamento è la disposizione al cambiamento, che è una
condizione della vita contemporanea, ma anche una sfida educativa e culturale:
“Ogni cambiamento ha bisogno di un cammino educativo che coinvolga tutti”,
ripeteva spesso papa Bergoglio e agli studenti spiegava che “sarebbe uno spreco
pensare a un’università impegnata a formare le nuove generazioni solo per
perpetuare l’attuale sistema elitario e diseguale del mondo, in cui
l’istruzione superiore resta un privilegio per pochi. Se la conoscenza non
viene accolta come responsabilità, diventa sterile”. 2
Anche il
tema della cultura è fortemente presente nel magistero di Francesco. Resta
scolpita fra le sue affermazioni più significative l’espressione di Evangelii
Gaudium: “La grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella
cultura di chi lo riceve” (n. 115). Emerge con chiarezza in lui un’idea di
cultura profondamente antropologica e non intellettualistica, come forma di
espressione dell’umano nella sua integralità: ragione, affetti, spiritualità,
corpo, relazioni. La cultura è una realtà viva, in continuo divenire, che,
senza rinnegarle, non è chiusa nelle istituzioni educative e accademiche, ma
nasce “dal basso” e vive nei gesti quotidiani, nelle periferie, nei contesti
marginalizzati. Da qui la forte denuncia della cosiddetta “cultura dello
scarto”, che produce esclusione e disumanizzazione, e l’invito a proporre una
“cultura dell’incontro”, che si costruisce attraverso relazioni e non solo
attraverso concetti. Non si contano le volte in cui Francesco ha invocato una
coraggiosa “rivoluzione culturale”, soprattutto – ma non solo – davanti
all’esperienza della pandemia che ha tagliato in due anche il suo pontificato.
Cultura ed educazione non sono mai neutre né puramente tecniche, ma sono sempre
connesse con la giustizia, la pace e la dignità umana. E con la trascendenza.
La fede, infatti, “non limita mai l’ambito della ragione, ma lo apre a una
visione integrale dell’uomo e della realtà, preservando dal pericolo di ridurre
la persona a ‘materiale umano’” (all’Università Roma Tre, 17 febbraio
2017).
Ma la
parola che meglio racchiude in sé la visione educativa di papa Francesco è
speranza. La scuola e l’università sono per lui “laboratori di speranza”, che
si genera costruendo ponti tra generazioni, culture e fedi. Sono luoghi di
incontro dove si può immaginare un mondo nuovo. “Educare è un atto di speranza
che rompe i determinismi e i fatalismi, e genera una cultura della vicinanza”
(messaggio per il lancio del patto educativo globale, 12 settembre 2019). Nei
giorni immediatamente successivi alla morte di Francesco, mi hanno toccato le
parole di un giovane riportate in uno degli innumerevoli articoli di giornale.
Questo ragazzo riconosceva al Papa soprattutto un merito: “Ci ha trasmesso la
certezza che questo mondo si può cambiare”. Ecco cosa significa educare: dare
fiducia e incoraggiare a seguire i propri sogni e progetti di bene. Davvero,
come Francesco ha ripetuto tante volte, “l’educazione è lo strumento più
potente che si possa usare per cambiare il mondo”.
Un
Dossier per dire grazie e andare avanti
In tale
contesto si collocano queste pagine, nate all’interno della Consulta
dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della CEI. Il
primo intento è quello di fare memoria ed esprimere riconoscenza per un
magistero così ricco di orientamenti educativi e di attenzione al vasto e
articolato mondo delle istituzioni formative, a cui si aggiunge la volontà di
discernere insieme quanto ricevuto da papa Francesco e impegnarsi a far sì che
porti ancora frutto nell’opera che quotidianamente – nelle scuole e nelle
università, nei centri di formazione professionale e nelle varie aggregazioni –
insieme conduciamo, certi che nessuno potrà rubarci l’amore per l’educazione.
EREDITA’
EDUCATIVA DI PAPA FRANCESCO
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