e i ragazzi
pagano il conto”
Massimo Recalcati (che sarà ospite al Festival
Internazionale dell'Economia, ma che è anche promotore del Moby Dick Festival
di Noli) dedica parte della propria esperienza e della propria attività
psicanalitica proprio a sbrogliare le matasse generazionali. A comprendere il
disagio e a ipotizzarne cause e soluzioni.
Cos'è,
oggi, il disagio giovanile? «Ci sono due forme prevalenti. La prima si
manifesta nella sregolazione pulsionale, nella spinta a raggiungere un
godimento immediato, in una libertà che vorrebbe escludere ogni esperienza del
limite. Questo disagio si manifesta emblematicamente nelle dipendenze
patologiche: alcolismo, tossicomania, bulimia, Internet addiction, per esempio,
e nei comportamenti platealmente trasgressivi, quali sono il ricorso alla
violenza, i comportamenti illegali, eccetera. La seconda assume le
caratteristiche del ritiro sociale, dell'isolamento, del rifiuto del legame.
Sono i ragazzi e le ragazze che abbandonano la scuola, abbandonano il lavoro e
si rintanano nelle loro abitazioni che diventano dei rifugi dalla vita. La
spinta competitiva, l'essere perennemente in gara, conduce molti giovani a
rifiutare di far parte di questo mondo».
È
un'autodifesa? «Diciamo che implica la messa in atto di una pulsione
securitaria che spinge a far prevalere la sicurezza, la difesa dei propri
confini, la tutela di sé, di fronte al rischio che il carattere ingovernabile
della vita comporta. Tendenza che si è accentuata negli ultimi anni come
effetto di una più generale destabilizzazione dell'ordine della realtà. Si
pensi al Covid, alla crisi economica e alle guerre. La compromissione del
futuro favorisce sempre l'incentivarsi della pulsione securitaria. Si tratta di
una forma di sovranismo psichico».
Controllo
di sé, in pratica? «Sviluppato all'eccesso, sì».
Ha
a che fare con la maggiore consapevolezza di genere? «È indubbio che la
vita sessuale non è più oppressa dai tabù della morale. Questo permette
maggiore libertà e consapevolezza dei propri diritti. Ma proprio questa
legittima libertà rischia di alimentare confusione e disorientamento».
Fluidità
La
fluidità può confondere? «Non in sé stessa, ma non so quanto la cosiddetta
fluidità dell'identità sessuale sia un guadagno o la manifestazione di un
disagio. Se un tempo veniva rivendicata la libertà sessuale contro la
repressione della morale, oggi si rivendica la libertà di decidere l'identità
del proprio sesso. È una seconda grande rivoluzione sessuale. Per la
psicoanalisi l'identità sessuale è però sempre il frutto di una scelta
inconscia. Occorrerebbe non perdere di vista questo elemento centrale».
Le
rivoluzioni spesso derivano da oppressioni precedenti. «Questa, che si
manifesta anche attraverso la prima declinazione del disagio, cioè la ricerca
compulsiva dell'appagamento immediato, deriva dal fatto che viviamo nel tempo
del dominio incontrastato di quello che Lacan chiamava "discorso del capitalista".
Questo discorso sostiene l'illusione che la salvezza sia data al consumo
dell'oggetto. Per questo mette a disposizione illimitatamente qualunque tipo di
oggetto per colmare la nostra mancanza. In realtà, l'astuzia di questo discorso
consiste nel fare in modo che gli oggetti creino sempre nuove pseudo-mancanze.
Una mia paziente diceva: «Vado al supermercato per vedere quello che mi manca».
In questo caso l'oggetto non colma la mancanza ma la elettrizza, la riduce alla
dimensione convulsa di una domanda continua di nuovi oggetti. Pasolini vide per
primo gli effetti catastrofici di questa "mutazione
antropologica"».
Cioè? «Il
piegamento della società verso il mondo omologante del consumismo. Lo
schiavismo confuso con l'illusione di essere padroni. Era il 1974 e fa
impressione, se pensiamo al futuro».
Futuro
Le
nuove generazioni lo vedono, il futuro? «Ne percepiscono la drammatica
incertezza. Che cosa abbiamo lasciato a loro in eredità? Mancanza di lavoro, di
prospettiva, un pianeta saccheggiato e ridotto al collasso, guerre crudeli,
lotte di religione, miti fasulli legati al successo individuale e al profitto.
Non siamo stati in grado di trasmettere loro un'eredità viva. Gli abbiamo
lasciato un corpo morto da trascinare. Hanno tutte le ragioni di sentirsi
spaesati. Il disagio delle nuove generazioni non può mai essere scorporato dal
fallimento delle vecchie».
La
psicanalisi può aiutare? «Il denominatore comune del disagio giovanile
contemporaneo è la fatica di desiderare, la perdita del nesso profondo che
unisce il desiderio alla vocazione. Sebbene i giovani vivano in un tempo
inedito di libertà di massa, in molti di loro la vita non sembra essere animata
dalla forza del desiderio. È quello che io definisco come la cifra
neomelanconica del disagio contemporaneo. Nella festinazione perpetua, nella
girandola spettacolare dei miti del consumo e dell'immagine, la fatica di
desiderare mostra il vero volto del discorso del capitalista. Sotto l'obbligo
del divertimento senza freni, dell'accumulo dei like, della coltivazione
narcisistica del proprio profilo, nell'apatia frivola del godimento, si
nasconde il volto triste di un soggetto melanconico, separato dal suo
desiderio».
Quindi? «Quindi
sì, ma va ritrovato lo slancio verso l'aspirazione».
Nessun commento:
Posta un commento