EFFICIENZA CIOÈ FIDUCIA
di ROBERTO CARNERO
Del fatto che le scuole debbano riaprire a settembre, i primi a essere
convinti sono gli insegnanti. E da insegnante da sempre iscritto a un sindacato
– la Cisl –, ho provato un un certo stupore nel sentire la ministra
dell’Istruzione Luciana Azzolina denunciare nei sindacati, dunque nella
rappresentanza ufficiale degli insegnanti, una volontà di «sabotaggio» della
riapertura. Mi sembra, anzi, che sia proprio il contrario: come testimoniava,
su queste stesse colonne il 20 agosto, l’appassionato intervento di Annamaria
Furlan, che della Cisl è segretaria generale, al sindacato sta a cuore una
vera, efficace ripartenza. Che sin dall’inizio della pandemia il corpo docente
abbia mostrato senso di responsabilità e, direi, generosità è sotto gli occhi
di tutti. La didattica a distanza nei mesi del lockdown non era un 'obbligo di
servizio' (non essendo prevista da alcuna norma contrattuale), ma quasi nessuno
si è sottratto. Più che un ragionamento burocratico (qualcuno potrebbe dire
'sindacale') sui diritti e sui doveri, è prevalso il senso civico, la volontà
di non interrompere un servizio pubblico essenziale come l’istruzione, nella consapevolezza
della sua importanza sul piano sociale, educativo, psicologico per i ragazzi.
Anche gli insegnanti meno esperti nelle nuove tecnologie si sono attrezzati
molto in fretta, mettendosi alla prova in un’esperienza inedita. E, entrando
virtualmente per la prima volta nelle case dei loro alunni, sono stati visti
all’opera dai genitori, nonni e parenti di questi ultimi. Così le famiglie
hanno potuto apprezzare da vicino, come non era mai capitato prima, il lavoro
degli insegnanti.
Tuttavia, credo che in pochi ritengano davvero che la
didattica a distanza possa essere la nuova frontiera
dell’insegnamento. Abbiamo provato tutti la mancanza del
contatto diretto e di quanto di insostituibile in esso c’è. Per
questo è importante tornare fisicamente a scuola. Ma come? I
sindacati mettono in luce una questione che non può essere elusa: la
sicurezza. Non solo quella – mi si passi il termine – della 'utenza' (cioè
degli studenti), ma anche quella del 'personale' (chi a scuola lavora: docenti,
collaboratori scolastici, amministrativi).
L’avvio nei giorni scorsi dei test sierologici per il personale
scolastico è un primo, importante punto di partenza. Ma il discorso non può
fermarsi qui. Sappiamo che l’età media dei docenti italiani – che si aggira
attorno ai 50 anni – è tra le più alte dei Paesi europei. E sappiamo anche che
con l’aumentare dell’età aumenta il rischio di un decorso severo della sindrome
da Covid-19. Il primo problema è quello degli spazi. Anche ammesso che si
riescano a distanziare gli studenti di un metro l’uno dall’altro, in edifici
vetusti quali sono la maggior parte dei plessi scolastici italiani manca
qualsiasi impianto di ricambio dell’aria. In un’aula in cui non c’è ricambio
d’aria (salvo lasciando aperte le finestre, cosa che si può fare però finché le
temperature esterne lo consentono), «il distanziamento di un metro non serve a
nulla»: così, con efficace chiarezza, il professor Andrea Crisanti, il virologo
dell’Università di Padova che in questi mesi abbiamo imparato a conoscere come
uno degli esperti più autorevoli.
Perciò, con le finestre chiuse, l’uso della mascherina (che tante
polemiche sta suscitando nei partiti d’opposizione) sembra davvero il minimo.
Proprio per l’impossibilità di reperire, nonostante gli sforzi, spazi adeguati,
in molte scuole verrà proposta una forma di didattica mista: in parte in
presenza, in parte a distanza. Ebbene, laddove si dovesse fare lezione a
distanza, dovrebbe essere consentito ai docenti di attivare i collegamenti
dalle proprie abitazioni, così evitando loro i rischi connessi agli spostamenti
con i mezzi pubblici, che anche in virtù della ripresa della scuola saranno più
affollati.
Invece alcuni dirigenti premono affinché
queste lezioni si svolgano da scuola, con nessuna altra ragione
se non quella di mettere in atto una forma di 'controllo
a vista' dei dipendenti, che tradisce una concezione vecchia e
obsoleta del ruolo dirigenziale. Inoltre, sempre a garanzia della salute
del personale, questa forma di smart working andrebbe
valorizzata per le cosiddette «attività funzionali
all’insegnamento» (collegi docenti, consigli di classe ecc.),
attraverso riunioni telematiche che possono
agevolmente sostituire quelle in presenza. È quanto avviene, per
impegni analoghi, negli altri comparti della Pubblica
Amministrazione e in molte aziende del settore privato: non si comprende
perché ciò non possa avvenire per la scuola. Efficienza vuol dire anche fiducia
in chi dà anima alla scuola. Che il sindacato si preoccupi di questo tipo di
questioni, allo scopo di proteggere la salute dei lavoratori, non sembra
affatto scandaloso. È anzi doveroso: è proprio il 'minimo sindacale'.
Roberto Carnero
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