Adriana Masotti e Roberto
Artigiani – Città del Vaticano
La più grande foresta del
pianeta, quella della Regione amazzonica, brucia a ritmi preoccupanti e i
vescovi dell'America Latina sentono il dovere di alzare la voce per richiamare
l'attenzione su questo dramma. “Consapevoli dei terribili incendi che consumano
grandi porzioni di flora e fauna, in Alaska, Groenlandia, Siberia, Isole
Canarie, e in particolare in Amazzonia, noi vescovi dell'America Latina e dei
Caraibi desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per la gravità di questa
tragedia", si legge in un comunicato a firma della presidenza del Celam,
il Consiglio dei vescovi latinoamericani. La speranza dettata dal Sinodo
sull'Amazzonia ormai vicino, continuano i presuli, sembra ora offuscata dal
dolore per questa tragedia naturale. Esprimono quindi alle popolazioni indigene
del territorio amazzonico la loro vicinanza, mentre uniscono la propria voce
alla loro per chiedere al mondo solidarietà e pronta attenzione "per
fermare questa devastazione”.
La denuncia contenuta nello Strumento di lavoro del Sinodo
Lo Strumento di lavoro del
Sinodo sull’Amazzonia, si legge ancora nel comunicato, avverte profeticamente
che in questa foresta di vitale importanza per il pianeta, è stata innescata
una profonda crisi a causa di un prolungato intervento dell'uomo in cui
predominano la 'cultura della scarto' e una mentalità che mette al centro l’attività
produttiva. “Esortiamo i governi dei Paesi amazzonici, in particolare del
Brasile e della Bolivia, le Nazioni Unite e la comunità internazionale ad agire
seriamente per salvare il polmone del mondo”, scrivono i vescovi, ricordando
che ciò che succede in Amazzonia ha una portata planetaria. “Se l'Amazzonia
soffre – concludono - soffre il mondo”.
Roghi alimentati dal clima politico
I dati sugli incendi forniti
dall'Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali brasiliano fotografano una realtà
allarmante. Stefano Raimondi dell’ufficio Aree Protette di
Legambiente commenta: “La situazione è decisamente peggiorata nel corso
dell’ultimo anno. Le fonti che abbiamo riportano un incremento degli incendi in
tutto il Brasile di oltre l’83% nella prima parte dell’anno rispetto allo
stesso periodo del 2018. Altre fonti sono anche più allarmistiche, ma
sicuramente possiamo dire che a grandi linee gli incendi sono più che
raddoppiati. È una situazione preoccupante visto che si tratta di roghi di
origine dolosa, alimentati da un clima politico che nega la questione
nonostante ci possano essere conseguenze a livello mondiale”.
Una pesante eredità per le
prossime generazioni
Riguardo alle conseguenze
degli incendi, Raimondi afferma che “da un lato c’è l’effetto immediato dell’emissione
nell’atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica che alimenta l’effetto
serra; dall’altro c’è il fatto che in prospettiva queste foreste non
contribuiranno per decenni all’assorbimento dei gas che concorrono ad alterare
il clima. Stiamo perdendo foreste di dimensioni pari a interi Stati europei.
Questi enormi danni li pagheranno le prossime generazioni".
Situazione politica favorevole al disboscamento
Sulla questione dei roghi il
presidente del Brasile, Bolsonaro ha chiamato in causa le Ong. Le sue
dichiarazioni sono state definite “completamente irresponsabili” dall’Istituto
Brasiliano di Protezione Ambientale. Secondo Raimondi “Bolsonaro accusa gli
ambientalisti di appiccare gli incendi quando evidentemente la responsabilità è
da ricercare altrove" E prosegue: "In Amazzonia i disboscamenti con
il fuoco sono sempre avvenuti da parte di allevatori e contadini per ottenere
territorio da coltivare o da mettere a disposizione di allevamenti. L’accelerazione
degli ultimi mesi si nutre anche dell'attuale clima politico: la scarsa
attenzione nei confronti delle tematiche ambientali ha portato molti
agricoltori e allevatori, purtroppo anche piccoli, ad accelerare il
disboscamento non sapendo quanto durerà questa situazione così favorevole alla
sottrazione del territorio amazzonico per scopi meramente produttivi”.
Vatican News
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