CHE SIA CIVICA PER DAVVERO
di DANILO PAOLINI
In programma ci sono lo studio della Costituzione, delle istituzioni
nazionali e dell’Unione Europea, la storia del Tricolore e del Canto degli
Italiani, o Inno di Mameli. Ma anche l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile,
di cui finora, oltre ai lettori di Avvenire, in pochi purtroppo
avranno sentito parlare con qualche continuità e profondità. E ancora tante
altre tematiche fondamentali: da come diventare 'cittadini digitali' fino al
rispetto dell’ambiente e all'educazione alla legalità.
Suona come un autentico 'libro dei sogni', la legge sulla
reintroduzione dell’Educazione civica nelle scuole, approvata ieri in via
definitiva dal Senato.
E lasciamo stare il fatto che, secondo i critici, non lo
sia affatto, visto che «mancano i fondi» (chi l’avrebbe mai detto) e che non ci
sarà un insegnante dedicato, quindi la trasversalità rischia di disperdere e
polverizzare i contenuti. Accantoniamo per un po’ queste osservazioni, che pure
appaiono in tutto o in parte fondate, limitandoci all'auspicio che quel che c’è
da migliorare venga migliorato. L’approvazione della legge resta infatti una
buona notizia in sé. Non soltanto perché questo giornale sostiene da anni,
accompagnando la battaglia disarmata di quel gran pedagogista che si chiama
Luciano Corradini, la necessità di prevedere una seria Educazione civica nei
programmi scolastici. Ma, in primo luogo, perché l’educazione civica, intesa
come esercizio quotidiano, è una delle virtù di cui l’Italia ha bisogno e che
tanti italiani sembrano aver perso per la strada in questi anni difficili.
L’allarme rosso emerso dagli ultimi test Invalsi sul dilagare
dell’analfabetismo funzionale tra i nostri studenti medi (non parliamo degli
adulti, non per mancanza di dati statistici, ma per carità di Patria) va a
braccetto con un analfabetismo civico, un deficit di cittadinanza, che è sotto
gli occhi di tutti. E il disprezzo delle regole e delle norme, il bullismo
(cyber e no), il sessismo, le discriminazioni di ogni genere, l’odio distillato
goccia a goccia e assimilato quotidianamente, le fake news, sono figli dell’analfabetismo civico assai più che della non
padronanza della nostra lingua.
Lo scopo dell’Educazione civica, come di altre discipline fondamentali
(pensiamo alla Storia, alla Geografia) che in alcune scuole superiori vengono
ormai incredibilmente trattate da materie 'minori', non è quello di sfornare
adoratori acritici dello Stato, ma di formare – e Aldo Moro questo aveva in
mente quando l’inventò nel 1958 – cittadini liberi, consapevoli dei propri
diritti e doveri, rispettosi dei diritti degli altri e delle leggi. In grado,
perciò, anche di contestarle o di cercare di cambiarle in maniera civile e
democratica, le leggi, qualora non le ritengano giuste. «Conoscere per
deliberare», è una celebre frase del presidente Luigi Einaudi che andrebbe
recuperata e valorizzata, in un tempo in cui spesso delibera chi meno conosce.
Ma il voto di ieri al Senato è una buona notizia anche per come è
arrivato: 193 voti favorevoli, 38 astenuti, nessuno contrario.
Alla Camera, in maggio, furono 451 i 'sì', 3 gli astenuti e zero i
'no'. Questo a dimostrazione che la politica può anche non essere il 'derby'
permanente al quale ci hanno abituato la cosiddetta Seconda Repubblica e
questa, sedicente, Terza. A dimostrazione, soprattutto, che il Parlamento conserva
la sua centralità in quella che, fino a prova contraria, rimane appunto una
Repubblica parlamentare.
Una bella lezione di Educazione civica, si direbbe, per i tanti (di
ogni fazione) che da anni provano a smontare, neutralizzare o svilire tale
istituzione, le sue funzioni, la rappresentanza del voto di tutti i cittadini
(anche di quelli, per dirla con un gergo in voga, che hanno 'perso' le
elezioni), l’autonomia dei singoli parlamentari «senza vincolo di mandato»,
come recita la Costituzione. Anche questo, speriamo, studieranno i nostri
ragazzi. Il resto è una sfida che spetta alla scuola italiana. Una sfida
decisiva, che non ci si può permettere di perdere: troppa è la strada da
recuperare, troppi i cattivi esempi, troppi i pezzi da rimettere insieme.
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