Educazione civica solo nel 2020
La mancata pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale
fa slittare tutta la materia di un anno.
di PAOLO FERRARIO
L’educazione civica, la prima vittima della crisi di governo.
In
questo agosto ad alta tensione, tra una dichiarazione e una smentita, un
comizio e un’intervista, nei corridori del Parlamento si è persa la legge 1264
“Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”, approvata
in via definitiva dal Senato lo scorso 1° agosto, ma non ancora pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale. E proprio qui sta il problema.
Secondo il primo comma
dell’articolo 2 della legge in questione, «l’insegnamento trasversale
dell’educazione civica» è introdotto «a decorrere dal 1° settembre del primo
anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge».
Prevista quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Che,
per far sì che la materia fosse introdotta già dall’anno scolastico 2019-2020 -
come annunciato dallo stesso ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che un
minuto dopo l’approvazione parlava di «giornata storica per la scuola italiana»
- doveva avvenire entro il 16 agosto. In questo modo, l’entrata in vigore
sarebbe caduta entro il 31 agosto, giorno di chiusura dell’anno scolastico
2018-2019. E, quindi, l’anno scolastico successivo sarebbe stato il 2019-2020,
che avrà inizio il 1° settembre. La mancata pubblicazione entro il termine di
metà agosto, invece, farà giocoforza slittare l’entrata in vigore (quando
sarà), dopo il 1° settembre e, quindi, già nel nuovo anno scolastico. Di
conseguenza, l’anno scolastico successivo all’entrata in vigore della legge,
sarà il 2020-2021.
Un bel pasticcio, insomma, per una riforma, presentata come
la cura del malessere che, da troppo tempo, si respira nella scuola - sfociato
anche in bullismo e aggressioni ad insegnanti - rimasta, invece, impantanata in
Parlamento.
«Comunque vada a finire, siamo di fronte all’ennesima
occasione persa», commenta, amaramente, la segretaria generale della Cisl
Scuola, Maddalena Gissi. Che, all’indomani dell’approvazione della legge, ne
aveva già segnalato le criticità. Come, per esempio, la mancata attribuzione di
un monte ore aggiuntivo per realizzare le 33 ore annue di educazione civica
previste dalla norma, «da svolgersi – recita, in proposito, il comma 3
dell’articolo 2 – nell’ambito del monte orario obbligatorio previsto dagli
ordinamenti vigenti ». In altri termini, sottolineava Gissi, si «pone
inevitabilmente a carico delle istituzioni scolastiche il compito di far
quadrare i conti nella programmazione annuale dell’attività».
Il limbo in cui è finita la legge, a giudizio della leader
sindacale, potrebbe allora essere utilmente impiegato per porre mano a questa e
altre criticità della riforma. Come, per esempio, la mancata indicazione di un
docente specifico per insegnare la nuova materia, affidata «in contitolarità »
a più professori, che fanno riferimento a un non meglio specificato collega
«con compiti di coordinamento». Il tutto, altro punto dolente segnalato dal
sindacato, senza «incrementi o modifiche dell’organico, né ore di insegnamento
eccedenti rispetto all’orario» e senza la previsione di «compensi, indennità,
rimborsi di spese o altri emolumenti ». Insomma, una riforma a costo zero, che
lascia «molto perplessa» la segretaria Gissi. «Anche questa vicenda – conclude
– dimostra che in tanti si cimentano con la scuola, ma senza avere la
necessaria conoscenza della complessità delle questioni».
Tutte problematiche su cui il Ministero dell’Istruzione,
sollecitato da Avvenire, non ha voluto prendere posizione. A partire dalla
domanda principale: perché la legge non è stata pubblicata entro i termini
previsti? «Non mi stupirei se si trattasse di distrazione o incuria», dice,
laconicamente, Cristina Giachi, vicesindaca di Firenze e presidente della
Commissione istruzione, politiche educative ed edilizia scolastica dell’Anci.
L’Associazione dei Comuni italiani si era fatta promotrice di una proposta di
legge di iniziativa popolare sull’educazione alla cittadinanza, sottoscritta da
più di centomila cittadini, che aveva dato avvio all’iter parlamentare arrivato
a conclusione il 1° agosto.
«La nostra proposta era più articolata e, alla fine, si è
arrivati a questo compromesso – ricorda Giachi –. Questo slittamento potrebbe
anche essere l’occasione per rimetterci mano, anche se non sono fiduciosa che
ciò possa avvenire. Per il governo è stata soltanto una battaglia di bandiera
senza la minima attenzione ai contenuti. E anche questo scivolone finale
dimostra la scarsa cura che ha caratterizzato l’intera vicenda. L’ennesima
occasione persa».
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