Leone XIV ai giovani:
aspirate a cose grandi.
Contagiate tutti con la testimonianza di fede
Il Pontefice celebra a
Tor Vergata, nella periferia di Roma, la Messa del Giubileo dei giovani ed
incoraggia a non accontentarsi. La pienezza dell’esistenza non dipende da ciò
che si accumula, dice nell'omelia, ma risiede in quello che “con gioia sappiamo
accogliere e condividere”, l’amore di Dio che si manifesta in Cristo. È lui che
disseta la sete del cuore e la risposta alle inquietudini
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Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Aspirate
a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora
vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo”
Arriva presto Papa Leone
a Tor Vergata, come a voler stare vicino ai giovani il più possibile. Non sono
nemmeno le 8 del mattino quando con la sua jeep bianca attraversa la spianata,
ma le migliaia di ragazzi e ragazze che hanno trascorso la notte in sacchi a
pelo e giacigli improvvisati non sonnecchiano, lo accolgono con una gioia
incontenibile, alzando le braccia, urlando il suo nome, sventolando bandiere,
striscioni, cappellini e qualunque altra cosa a portata di mano possa far
notare la propria presenza. Oltre un milione, secondo le autorità, le persone
riunite nella periferia di Roma - fra cui 20 cardinali, circa 450 presuli, tra
vescovi e arcivescovi, e quasi 7 mila sacerdoti - per la Messa del Giubileo dei
giovani per il quale si sono accreditati 850 operatori dell’informazione, tra
giornalisti, fotografi, cameramen e videomaker.
LEGGI L'OMELIA DI PAPA LEONE XIV DELLA MESSA DEL GIUBILEO DEI
GIOVANI
Il buongiorno ai ragazzi
Giunto sul palco, prima
di prepararsi per la liturgia, il Pontefice, saluta: “Buongiorno a tutti! Buona domenica! Good morning! Buenos dias! E
bonjour, guten morgen! Spero che tutti voi
possiate riposare un po'”. Poi invoca su tutti la benedizione di Dio e auspica
che “la grande celebrazione in cui Cristo ci ha lasciato la Sua presenza
nell'Eucaristia” sia “un'occasione davvero memorabile per ognuno di noi”,
concludendo: “Quando siamo insieme come Chiesa di Cristo, seguiamo, camminiamo
insieme, viviamo Gesù Cristo”.
Guardare in alto
Dopo aver risposto ieri
sera alle domande di tre ragazzi, che si sono fatti portavoce delle
inquietudini, delle incertezze e dei dubbi delle nuove generazioni, nella sua
omelia, pronunciata in italiano e in parte in spagnolo e inglese, il Papa
inverte per un attimo i ruoli e pone lui tre interrogativi. “Cos'è veramente la
felicità? Qual è il vero gusto della vita? Cosa ci libera dagli stagni del non
senso, della noia, della mediocrità?”, chiede. E risponde riassumendo le “molte
belle esperienze” fatte da tutti nelle scorse giornate giubilari: “Vi siete
incontrati tra coetanei provenienti da varie parti del mondo, appartenenti a
diverse culture. Vi siete scambiati conoscenze, avete condiviso aspettative,
avete dialogato con la città attraverso l'arte, la musica, l'informatica, lo
sport. Al Circo Massimo, poi, accostandovi al Sacramento della Penitenza, avete
ricevuto il perdono di Dio e avete chiesto il suo aiuto per una vita buona”.
La risposta è da cogliere
in tutte queste cose: “la pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò
che accumuliamo”, dice Leone XIV, e nemmeno “da ciò che possediamo”, è, invece
in “ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere”, è nell'amore di
Cristo.
Comprare, ammassare,
consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto,
alle “cose di lassù”, per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del
mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli nella carità,
facendo crescere in noi “sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di
mansuetudine, di magnanimità”, di perdono, di pace, come quelli di Cristo. E in
questo orizzonte comprenderemo sempre meglio cosa significhi che “la speranza
non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Carissimi
giovani, la nostra speranza è Gesù.
Gesù cambia le nostre
vite
È “l'incontro” con Cristo
Risorto a cambiare “la nostra esistenza, che illumina i nostri affetti,
desideri, pensieri”, spiega il Pontefice, che prende spunto dalla prima
Lettura, tratta dal Libro del Qoelet, la quale avverte che “tutto è
vanità” e che ogni uomo dovrà lasciare quanto ha accumulato, per ricordare la
“finitezza delle cose che passano”. Come fa anche il Salmo 90, che “ci propone
l'immagine dell’erba che germoglia; al mattino fiorisce” e poi “alla sera è
falciata e secca”. “Due richiami forti, forse un po' scioccanti, che però
non devono spaventarci”, incoraggia Leone, perché “la fragilità di cui ci
parlano” è in pratica “parte della meraviglia che siamo”.
L’esistenza dell’uomo si
rigenera costantemente nell’amore
E ricorre ancora alla
natura il Papa per chiarire che la nostra vita è una rigenerazione d’amore.
Come un prato che, “fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti a seccarsi,
piegarsi, spezzarsi”, si rigenera con nuovi steli per i quali “generosamente i
primi si fanno nutrimento e concime, con il loro consumarsi sul terreno”, e si
rinnova “anche durante i mesi gelidi dell'inverno, quando tutto sembra tacere”,
perché “si prepara ad esplodere, a primavera, in mille colori”.
Siamo fatti per questo.
Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un'esistenza che si
rigenera costantemente nel dono, nell'amore. E così aspiriamo continuamente a
un "di più" che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete
grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può
estinguere. Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di
spegnerla con surrogati inefficaci! Ascoltiamola, piuttosto!
Dio che disseta la sete del cuore
La sete del cuore è
dissetata da Dio, è la sintesi del Pontefice, e Sant’Agostino lo fa capire
chiarisce che “l'oggetto della nostra speranza” non è la “terra”, né “qualcosa
che deriva dalla terra, come l'oro, l'argento, l'albero, la messe, l'acqua”,
cose che “piacciono, sono belle”, “buone”, ma non sono la speranza. “Ricerca
chi le ha fatte, egli è la tua speranza”, diceva il vescovo di Ippona, che
nelle Confessioni riconosce, rivolgendosi a Dio, “Tu eri dentro di me e io
fuori. Lì ti cercavo”. Riflessioni che riportano all’invito fatto da Papa
Francesco durante
la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, esattamente due anni
fa. Leone la ripete in spagnolo quell’esortazione “a confrontarsi con grandi
domande” compiendo “un viaggio”, superando sé stessi, andando “oltre”. La
risposta è in Cristo, che “come diceva San Giovanni Paolo II, alla veglia
di preghiera della XV Giornata Mondiale della Gioventù, quella del 2000,
suscita il desiderio di fare della propria vita qualcosa di grande, per
migliorare sé stessi “e la società, rendendola più umana e più fraterna”.
Coltivare l’amicizia con Cristo
Da qui l’invito di Leone
a tenersi “uniti” a Cristo, a rimanere “nella sua amicizia, sempre,
coltivandola con la preghiera, l’adorazione, la Comunione eucaristica, la
Confessione frequente, la carità generosa, come ci hanno insegnato i beati
Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis”, e l’ultima importante raccomandazione ai
giovani ad aspirare "a cose grandi", "alla santità", e a
non accontentarsi "di meno". A ragazzi e ragazze che ora
si preparano a fare ritorno nei loro Paesi, infine, l’incoraggiamento a
continuare “a camminare con gioia sulle orme del Salvatore” e
Contagiate chiunque
incontrate col vostro entusiasmo e con la testimonianza della vostra fede! Buon
cammino!
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