sabato 2 agosto 2025

SEI IN CONDOTTA

 

 


IL SIMBOLO 
DELLA CONFUSIONE EDUCATIVA 
DEGLI ADULTI 




Il voto in condotta diventa indispensabile per l’ammissione alla classe successiva nella scuola secondaria. I pareri di Valentina Chinnici, presidente di Cidi, e del pedagogista Daniele Novara

di Rossana Certini

«Diamo così un segnale forte e chiaro: nella scuola italiana il rispetto per la persona e per le istituzioni è imprescindibile». Con queste parole il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha annunciato l’approvazione definitiva, lo scorso 30 luglio, dei regolamenti attuativi della legge 150 del 1° ottobre 2024, la norma che ha riformato in profondità il voto di condotta nella scuola italiana.

Da settembre, dunque, il voto in condotta diventa fondamentale per l’ammissione alla classe successiva della scuola secondaria. Sarà necessario aver ottenuto, in sede di scrutinio finale una valutazione pari almeno a 7 decimi. Qualora la condotta sia valutata con 6, non sarà concessa l’ammissione automatica: il giudizio verrà sospeso e sarà richiesto agli studenti di presentare un elaborato legato alla cittadinanza attiva, collegato ai motivi che hanno determinato il voto ottenuto.

Più efficaci i crediti di fiducia

«Ho insegnato per vent’anni nelle scuole delle periferie di Palermo e posso dire con assoluta certezza che tutto ciò che riguarda voti in condotta e sanzioni disciplinari, quando è applicato a ragazzi cosiddetti “difficili” o “a rischio” ovvero giovani che manifestano comportamenti trasgressivi, talvolta persino ai margini della devianza, non funziona». A dirlo è Valentina Chinnici, presidente del Centro di iniziativa democratica degli insegnanti-Cidi, un’associazione che, dal 1972, riunisce insegnanti di tutti gli ordini di scuola e di tutte le discipline, con l’obiettivo di contribuire alla creazione di una scuola democratica, culturalmente più attrezzata e più vicina agli interessi di ragazze e ragazzi.

«Queste misure non producono miglioramenti, anzi: inaspriscono il conflitto, irrigidiscono i comportamenti e cristallizzano la devianza», sottolinea Chinnici che aggiunge: «Se l’obiettivo della legge è rafforzare l’autorevolezza dei docenti o ridurre la violenza e l’aggressività a scuola, mi sento di dire, per esperienza diretta, che non è questa la strada giusta». Secondo la presidente Cidi i ragazzi più oppositivi «rispondono molto meglio ai “crediti di fiducia”. Questo vuol dire che quando sentono che l’insegnante crede in loro, cambiano atteggiamento. Ma se si sentono sfidati sul piano della punizione, dell’autorità imposta dall’alto, non reagiscono come si spera. Anzi, non riconoscono quella forma di autorevolezza. Questi ragazzi sono spesso convinti di non farcela. E così, per difesa, fanno saltare il banco o lanciano il quaderno».

Se l’obiettivo della legge è rafforzare l’autorevolezza dei docenti o ridurre la violenza e l’aggressività a scuola mi sento di dire, per esperienza diretta, che non è questa la strada giusta. I ragazzi rispondono molto meglio ai “crediti di fiducia”

Il rischio di un maggiore abbandono scolastico

Secondo il pedagogista Daniele Novara tra i rischi delle nuove misure c’è quello di un aumento dell’abbandono scolastico, in particolare tra gli studenti maschi, già oggi più esposti alla dispersione. Secondo i dati Istat 2023, infatti, la quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione è pari al 10,5%. Il fenomeno dell’abbandono scolastico è più frequente tra i ragazzi (13,1%) rispetto alle ragazze (7,6%). Novara ricorda che «siamo tra i Paesi europei con meno laureati, insieme alla Romania. Il sistema scuola attuale non riesce a trattenere soprattutto i ragazzi. Le studentesse sono oggi due su tre fra i laureati, è un dato che nasconde una frattura di genere importante».

Inoltre, aggiunge, «la scienza, dalle neuroscienze alla psicologia sociale, ci dice chiaramente che i metodi basati sulla “mortificazione” non sono efficaci. Pensando all’ipotesi di bocciatura è importante comprendere che escludere un ragazzo dal suo gruppo classe come “pena” per un cattivo comportamento non genera apprendimento, ma solo rifiuto».

È un po’ come se trattassimo l’ambiente scuola come quello sportivo, trasformandolo in una gara dove o si vince o si perde. Invece secondo Novara è importante che «la scuola sia una comunità di apprendimento in cui anche i ragazzi più in difficoltà devono poter essere inclusi. I ragazzi, soprattutto in adolescenza, sviluppano una reazione di rigetto verso un’istituzione che li rifiuta. La scuola rischia così di perdere il suo ruolo educativo e trasformarsi in un luogo punitivo».

I ragazzi, soprattutto in adolescenza, sviluppano una reazione di rigetto verso un’istituzione che li rifiuta. La scuola rischia così di perdere il suo ruolo educativo e trasformarsi in un luogo punitivo

Ripensare l’autorità educativa

Anche se oggi sembra esserci un ampio consenso, almeno a livello emotivo, verso soluzioni di tipo repressivo, si tratta di risposte che parlano più alla pancia dell’opinione pubblica che alla sua parte razionale. Del resto, è molto più semplice sollecitare istinti punitivi che costruire una visione educativa realmente condivisa.

Però Novara precisa: «Attenzione, non bisogna rinunciare all’autorità: bisogna ripensarla. I ragazzi di oggi crescono in un contesto completamente diverso da quello in cui sono cresciuti i loro genitori e insegnanti, dominato da dispositivi digitali, social network, carenze di sonno e isolamento sociale. È evidente che poi fanno fatica a concentrarsi. In questo scenario, non possiamo imporre un modello educativo del Novecento a ragazzi del XXI secolo. Occorre una comunità educativa che accompagni, orienti, ma anche ponga paletti chiari e condivisi. Mettere dei limiti non significa punire, ma dare una cornice chiara in cui crescere».

Attenzione: non bisogna rinunciare all’autorità: bisogna ripensarla. Mettere dei limiti non significa punire, ma dare una cornice chiara in cui crescere

Scuola-famiglia

Serve una connessione forte tra scuola e famiglia perché, spiega Novara, «se un ragazzo dorme solo cinque o sei ore a notte, magari per via dei videogiochi, è logico che a scuola sarà distratto. I genitori devono essere supportati per capire come gestire il sonno, l’uso dei dispositivi, la socialità dei figli. Non si può pensare che la scuola compensi da sola tutte le carenze educative, né che si trasformi in un “presidio militare” del rigore».

Quindi la scuola deve essere un luogo di collaborazione, attività di gruppo, apprendimento condiviso, «non solo lezioni frontali, studio e interrogazioni» perché questo tipo di approccio è «arcaico e inefficace, dice Novara. Che spiega: «Quando aumentiamo il lavoro cooperativo, la socialità e il confronto tra pari anche i ragazzi più in difficoltà trovano motivazione e appartenenza. È così che si previene non attraverso il ricatto della bocciatura. I genitori, da parte loro, devono assumersi la responsabilità educativa, devono presidiare la crescita dei figli finché sono minorenni, con regole, tempo condiviso e coinvolgimento».

Aggressioni al personale scolastico: serve un percorso educativo condiviso

Infine, vale la pena ricordare un dato emerso lo scorso 12 dicembre, in occasione della presentazione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico quando il ministro Valditara ha incontrato una rappresentanza di dirigenti scolastici, docenti e personale Ata. Lì è emerso che nell’anno scolastico 2023-2024 si sono registrati 68 casi di aggressione al personale scolastico. Di questi: 33 sono stati compiuti da familiari di studenti, 31 dagli stessi studenti, 4 da persone estranee e in un caso l’autore è rimasto ignoto.

I dati mostrano quanto sia necessario avviare una riflessione profonda e coerente sul modo in cui noi adulti possiamo migliorare il nostro ruolo di guida e supporto: la disciplina non può limitarsi a una semplice sanzione, ma deve far parte di un percorso educativo condiviso, che tenga conto delle difficoltà e dei cambiamenti del contesto in cui i giovani crescono e soprattutto in cui noi adulti siamo esempio da seguire prima che adulti che sanzionano.

 Vita

Immagine





 

Nessun commento:

Posta un commento