lunedì 28 settembre 2020

DIDATTICA DIGITALE E COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

Alla pari, 

ma non accanto 

Scuola e «didattica virtuale»

Ora che l’acronimo «Dad» ci risulta familiare, possiamo avere uno sguardo più pacato e coglierne i vantaggi Un aspetto negativo è rappresentato dal perdurante divario digitale, e la carenza antropologica di questa tecnologia

Nelle lezioni a distanza si stabilisce una parità tra insegnanti e studenti, ma viene meno l’affiancamento. Bene il legame fiduciario, ma c’è il rischio di non essere capiti,

 AMOS BERTOLACCI *

 L’emergenza Covid-19 dei mesi scorsi ha ristretto i nostri spazi, allungando tuttavia i tempi della nostra vita: durante il lockdown abbiamo sperimentato un ritmo temporale diverso, più lento e meno frenetico, sebbene talvolta drammaticamente vuota di relazioni, di lavoro e di affetti. In questa dilatazione del tempo abbiamo vissuto in anteprima una porzione di futuro, che ci è inaspettatamente corso incontro veloce. Questa sorta di irruzione del futuro nel presente può essere vista come un’esperienza “profetica”, quasi che il 2020, nonostante la tragedia dei suoi primi mesi, sia stato un anno “di grazia”, se questa espressione non stridesse con i sacrifici di vite umane e con i costi economici che il virus ha prodotto. In questo periodo, tra le altre cose, abbiamo toccato con mano come sarà la didattica del futuro, se non quella emergenziale dei prossimi mesi nel caso di una nuova ondata di contagi, certamente quella progressiva degli anni a venire, a pandemia finita. È un fatto la perdita di unicità o, per dirla con Walter Benjamin, di “aura”, della lezione universitaria che si tiene da remoto per via telematica, con le conseguenze positive e negative che ne derivano. In sintesi, se in questo modo la lezione aumenta la propria diffusione nello spazio e nel tempo, essa perde un ingrediente indispensabile della relazione educativa, cioè un pieno contatto interpersonale. Adesso vorrei soffermarmi sulle caratteristiche del luogo virtuale in cui questo tipo di didattica, universitaria e non, avviene e sul loro impatto educativo. La didattica da remoto, pur non situandosi in alcun luogo reale, accade tuttavia in un ambiente che ha le sue dimensioni e le sue specificità e che, tramite queste, influenza chi lo frequenta. Anche le presenti riflessioni nascono dall’esperienza di docente di chi scrive, pur potendosi applicare anche agli altri ambiti cui la comunicazione telematica si presta, e intendono soppesare vantaggi e svantaggi, mantenendo equanime il giudizio.

U n risvolto positivo è che nel luogo virtuale della lezione a distanza nessuno si trova più in alto di altri. Il docente si abbassa al livello dello studente, o que- st’ultimo sale al suo, e tutti stanno alla pari; chi tiene la lezione perde la sua posizione di superiorità, la sua

icona non appare più grande o più visibile di quella degli altri, ed egli o ella scende simbolicamente dalla cattedra. Ciò apre a docenti e studenti maggiori possibilità di confronto franco e diretto e di dinamiche di co-protagonismo all’interno di una didattica che si mantenga a viso aperto e resti egualitaria. D’altro canto, tramite lo schermo di un computer si può solo stare di fronte, mai accanto a qualcuno. La lezione a distanza non può sottrarsi a questo vincolo visuale ed è costretta a rimanere “frontale” in ogni suo momento: il docente e lo studente sono obbligati ad un vis-à-vis continuo, senza che nessuno dei due possa mutare posizione e collocarsi a fianco dell’altro. Ed invece lo studente ha spesso bisogno di qualcuno che gli si affianchi, che lo sostenga e che talvolta anche lo spinga: lo sanno bene gli insegnanti delle scuole elementari, ma lo sperimenta anche chiunque altro insegni, se non in aula, certamente durante il tutoraggio, la supervisione di elaborati e così via. In questa situazione i protagonisti della lezione rischiano di irrigidire il loro fronteggiarsi, trasformandosi gradualmente in interlocutori antagonisti, incapaci di orientarsi assieme verso un obiettivo comune. Assieme alla possibilità di stare accanto, si perde anche l’assiduità, cioè il rimanere seduti in prossimità di un altro, quasi che la didattica a distanza fosse simbolicamente segnata da intermittenza e incostanza. U n secondo punto rilevante è che il luogo della didattica a distanza ha dimensioni variabili e talvolta riduce drasticamente la propria ampiezza. Quando lo studente spegne il video del suo computer per meglio seguire la lezione o risparmiare connessione, il docente non sa più dove lo studente si trovi e perde con lui contatto visivo e possibilità di riscontro immediato. In questa situazione, egli può solo affidarsi alla persona che sta dietro al nome che legge sullo schermo, confidando nella sua attenzione e ricettività e, più in generale, nella sua buona volontà e senso di responsabilità. In altri termini, la didattica a distanza – soprattutto in questo momento di transizione tecnologica in cui una rete affidabile non è ancora diffusa in tutto il nostro paese e in cui la velocità di connessione è variabile da zona a zona – è spesso costretta ad essere fiduciaria da parte del docente e responsabile da parte dello studente, con un maggior coinvolgimento etico di entrambi. Ma quanto impatta negativamente sulla lezione l’assenza di contatto percettivo? In aula, chi insegna riesce sempre in qualche modo a verificare se ciò che propone è efficace e a cogliere il grado di attenzione dei presenti, capendo quando è il momento di ripetere un punto o di divagare per un attimo, in attesa di un cenno di assenso o di uno sguardo che ritorni vigile. Quando invece gli audio e i video degli studenti sono spenti, il docente da remoto corre per lunghi tratti il rischio concreto di non venire capito, se non addirittura di parlare nel vuoto. nfine, occorre notare che la ridotta lo-Icalizzazione della didattica a distanza

comporta il potenziamento del suo aspetto verbale. Una volta che l’aula viene smaterializzata ed i corpi del docente e degli studenti relegati ad immagine solo parzialmente visibile o del tutto assente, ciò che risalta è quello che il docente e gli studenti si dicono e su cui interagiscono a parole. Con la lezione trasferita in un nonluogo e, se registrata, in un non-tempo, e con il linguaggio del corpo decurtato, il discorso, pronunciato e scritto, assurge a elemento didattico centrale, in controtendenza rispetto ai socials in cui esso funge invece da mera didascalia dell’immagine. Forse la didattica del futuro, in un momento ancora da definire, saprà meglio ricordarci che, se fin dai tempi di Aristotele l’uomo è animale razionale ( zoon logistikon), lo è precisamente perché dotato di parola, e che, in tutte le cose veramente umane, al principio ed alla fine si situa sempre, in forma orale o scritta, il logos. Per il momento, tuttavia, la didattica a distanza si presta troppo apertamente ad essere solo educazione della mente, prescindendo dal corpo e dal resto della persona, con il rischio di veicolare un logos disincarnato ed educativamente “eretico”. A desso che la prima fase dell’emergenza Covid-19 è finita e la didattica a distanza ha cessato di essere una costrizione imposta dalle circostanze, adesso che l’acronimo DaD ci risulta familiare e la cosa che esso designa ci è nota per esperienza diretta, possiamo forse iniziare a rivolgerle uno sguardo più pacato e ad intravederne le potenzialità positive, in attesa del futuro riassetto dell’insegnamento che la tecnologia, bruscamente o gradatamente, di sicuro produrrà. Ma nel frattempo non dobbiamo dimenticare i suoi limiti oggettivi, difficilmente eludibili in questa fase di perdurante digital divide, e la sua insuperabile carenza antropologica.

*Scuola IMT Alti Studi Lucca

www.avvenire.it

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